[RSF] Clamori dalla Colombia

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Autor: Associazione nazionale Nuova Colombia
Data:  
Para: forumroma
Assunto: [RSF] Clamori dalla Colombia


27/07 - FORNI CREMATORI PER FAR SCOMPARIRE I CORPI DELLE VITTIME DEL
PARAMILITARISMO
Gli impressionanti numeri degli omicidi compiuti, gonfiavano le
statistiche a tal punto che per diminuirne l'impatto è stato
introdotto l'uso di forni crematori per industrializzare lo
smaltimento dei cadaveri e far scomparire in parte le tracce della
mattanza che si è scatenata contro il popolo colombiano. Tale
carneficina si è incrementata durante il periodo di Uribe, con la
cosiddetta sicurezza democratica”, versione colombiana della già
tristemente nota “sicurezza nazionale”.

Il paramilitare Iván Laverde Zapata ha confessato davanti ai
magistrati che oltre ad istallare i forni crematori, nel dipartimento
di Antioquia, quando Uribe ne era governatore, le vittime venivano
gettate nel fiume Cauca. Oltre al dipartimento di Antioquia, la
testimonianza fa riferimento a quanto accaduto nella aree rurali del
dipartimento di Santander. L'altra tecnica per far scomparire i corpi
del “nemico” è stata quella di farli a pezzi e gettarli in fosse
comuni, di cui si è avuta una mostruosa evidenza pochi giorni fa,
con la certificazione dell'esistenza della fossa della Macarena, nel
dipartimento sudorientale del Meta, contenente i resti oltre 2000
vittime.

L'esistenza dei forni crematori, di cui si aveva notizia anche se
mancavano testimonianze dirette e confessioni, è un'ulteriore prova
del carattere sistematico e pianificato che il terrore
statale-paramilitare ha assunto negli anni in Colombia.

Riportiamo parte dell'allucinante testimonianza del paramilitare:
“ci sono molti morti che non sono stati ritrovati perché qui nelle
vicinanze di Medellín, ad un'ora, si trovavano dei forni crematori.
Molta gente è stata bruciata. Io ho assistito a questi fatti […].
Tra il 1995 ed il 1997 le vittime venivano buttate nel Cauca, dopo
aver aperto i corpi e averli riempiti di pietre […], avendo
l'ordine di far scomparire le vittime, è sorta l'idea dei forni
crematori […]. Dell'istallazione del forno si è occupato Daniel
Mejía, era delle Auc e della “oficina de envigado”. Il forno lo
faceva funzionare un tale detto “funeraria”, credo si chiamasse
Ricardo, mentre due signori si occupavano della manutenzione delle
griglie e delle ciminiere, perché si ostruivano col grasso umano
[…]. Portavamo al forno tra le 10 e le 20 vittime a settimana, vive
o morte, e vi era tutto un procedimento da seguire: quando arrivavamo
bisognava suonare e ci dicevano “questa spazzatura portatela
giù”, allora andavamo dentro e le portavamo in sacchi di plastica
per non sporcare di sangue. Dopo aver dissanguato il cadavere, ci
chiedevano: “chi lo manda questo?”. Avevano una cartella in cui
annotavano tutto. Noi entravamo e dovevamo aspettare le ceneri... poi
si mostravano a Daniel e si buttavano al fiume o dove ci dicevano. Il
forno fu inaugurato gettandovi dentro una persona viva, perché aveva
rubato dei soldi ”.

Purtroppo c'è ancora chi non vuol capire, nemmeno di fronte a queste
cose, che la formazione e lo sviluppo dell’insorgenza è
essenzialmente una risposta popolare di resistenza di fronte alla
barbarie statale-paramilitare e la strategia contro insorgente
adottata si appoggia sull'idea di perpetrare ogni tipo di atrocità
contro il popolo colombiano, per sottrarre fisicamente alla
guerriglia la propria base di sostentamento.

Un eventuale processo di pace in Colombia, non può costruirsi senza
il riconoscimento internazionale delle FARC.EP come parte
belligerante di un conflitto interno e senza il conseguente
ristabilimento della verità storica.

26/07 - VENEZUELA ROMPE LE RELAZIONI DIPLOMATICHE COL GOVERNO URIBE
Dopo che il già questionato per corruzione ambasciatore colombiano
presso la OEA (Organizzazione degli Stati Americani) Hoyos ha
presentato una rissosa quanto inconsistente relazione in merito alla
presunta esistenza di accampamenti delle FARC in Venezuela, ha
chiesto che una commissione con rappresentanti di tutti gli Stati
entri nel paese per verificare la situazione nella zona di frontiera,
dal lato venezuelano. L'ambasciatore venezuelano ha risposto che il
problema della guerra civile in Colombia non è stato risolto dal
governo Uribe, il quale cerca scuse al proprio fallimento, lanciando
provocazioni, nemmeno nuove, nei confronti del proprio vicino.
Riguardo alle ispezioni internazionali, ha affermato che sarebbe
molto interessante ispezionare le basi nordamericane in Colombia, la
cui presenza è la ragione del congelamento delle relazioni
bilaterali in atto da circa un anno, ed è un peccato che la OEA si
presti a show mediatici come quello inscenato dai colombiani, che non
aiutano in nulla la ricerca di una soluzione civile e dialogata del
lungo conflitto sociale ed armato colombiano.

Di fronte all'ennesima provocazione uribista, il presidente Chávez
ha dichiarato che non resta altra opzione che “rompere
completamente le relazioni con un governo mafioso come quello di
Uribe”, il quale è capace di qualsiasi cosa, ed ha disposto la
massima allerta per l'esercito venezuelano nella zona di frontiera,
di fronte a possibili ulteriori provocazioni.

Nell'ottica di costruire un processo di pace con giustizia sociale in
Colombia, che è di massima importanza, non solo per il popolo
colombiano ma per la stabilità di tutta la regione, il principale
ostacolo è rappresentato dal governo oligarchico e guerrafondaio
colombiano, che esegue come una marionetta gli interessi imperialisti
nordamericani, i quali hanno convertito la Colombia in un proprio
spazio di manovra contro i processi democratici in atto nei paesi
limitrofi, occupandone militarmente il territorio con sette basi.

Sarebbe della massima importanza al fine di costringere il governo
colombiano a sedersi al tavolo dei dialoghi con la guerriglia, che i
paesi della regione riconoscessero definitivamente il carattere di
forza belligerante della stessa, insistendo nell'applicazione per il
conflitto colombiano delle disposizioni previste nel secondo
protocollo aggiuntivo delle convenzioni di Ginevra.

25/07 - COLPO DI CODA DEL MORIBONDO GOVERNO URIBE CONTRO LA PACE IN
COLOMBIA
La senatrice colombiana Piedad Cordoba, di fronte allo show mediatico
orchestrato negli ultimi giorni dal governo della Colombia intorno
alla supposta presenza di accampamenti delle FARC-EP in territorio
venezuelano, ha affermato che si tratta di una provocazione di Uribe.
Secondo la Cordoba si tratta di una manovra per accrescere la tensione
tra i due paesi ed ha considerato che una posizione più seria avrebbe
dovuto esprimersi attraverso contatti bilaterali diplomatici e non
mediante uno spettacolo televisivo.

Inoltre è da notare che in tale trasmissione non è stata fornita
alcuna prova di quanto affermato dal ministro della guerra Silva. In
seguito all' annuncio da parte del ministro colombiano,
l'ambasciatore presso la OEA Hoyos ha presentato tali inesistenti
"prove" davanti all'Organizzazione degli Stati Americani. La
situazione ricorda molto un episodio avvenuto nel 2005, quando il
governo colombiano, in preda all'isteria dovuta ai deludenti
risultati sul terreno militare che la sua politica stava producendo,
disse che le FARC si erano rifugiate in Venezuela, fornendo in tale
occasione le presunte coordinate dei luoghi in cui la guerriglia
avrebbe installato alcuni accampamenti in territorio venezuelano.
Tali informazioni si rivelarono totalmente false alla prima verifica.

La lettura che viene data dal presidente Chavez di questa losca
vicenda, verte sulla disperazione di Uribe alla fine del proprio
mandato e ha ricordato che “l'attuale presidente colombiano è un
mafioso ed in questi ultimi giorni di presidenza è capace di
qualunque cosa”.

In effetti che Uribe sia un mafioso, legato al narcotraffico e
promotore di una politica guerrafondaia filoimperialista, che ha
scatenato il terrorismo di Stato peggiore della storia dell'America
latina, è cosa arcinota a chiunque, ed il tentativo di tirare in
ballo fattori esterni, come scusa per non essere riuscito a vincere
la guerra contro le FARC, appare come un ultimo disperato tentativo
di estendere il conflitto colombiano, che tanti affari ha procurato,
e procura, alla sua cosca narco-paramilitare.

Dimostrando, ancora una volta, di non volere la fine della guerra, e
cercando di impedire che si intraprenda una via verso la costruzione
della pace con giustizia sociale.

Tale percorso passa ovviamente per il dialogo con l'insorgenza, che
è una forza politica e militare da riconoscere come legittima
controparte del conflitto interno, e lo scambio umanitario dei
prigionieri di guerra dovrà esserne il primo passo.

24/07 - GRANDE SUCCESSO DELLA MARCIA PATRIOTTICA, LA VERA COLOMBIA
MOSTRA IL SUO VOLTO
Decine di migliaia di persone, tra cui 17.000 delegati di più di 150
organizzazioni sociali e politiche, hanno sfilato per le vie di
Bogotà in occasione dell'anniversario dell'indipendenza dal
colonialismo spagnolo, ottenuta dalla lotta popolare capeggiata da
Simón Bolívar.

I partecipanti alla marcia, giunti da tutta la Colombia, hanno
innalzato bandiere, striscioni e gridato slogan contro la dominazione
nordamericana, rifiutando in maniera contundente la presenza militare
statunitense nel paese, ed in particolare le sette basi militari
recentemente occupate dagli USA, con grave pregiudizio per la
sovranità colombiana e per la sicurezza di tutto il continente.

Inoltre le parole d'ordine della manifestazione si sono concentrate
sull'approvazione di un accordo umanitario per lo scambio dei
prigionieri di guerra tra il governo colombiano e la guerriglia, come
primo passo verso una pace con giustizia sociale in Colombia.

L'evento della marcia ha rappresentato un passaggio verso il
rafforzamento dell'unità tra movimenti popolari, per far fronte ai
governi di ultradestra che rappresentano solo gli interessi
dell'oligarchia e delle multinazionali operanti nel paese.

Francisco Tolosa e Carlos García Marulanda, portavoce del Comitato
di Coordinamento Nazionale hanno affermato che: “Le marce esprimono
la necessità di articolare le organizzazioni sociali e politiche che
si oppongono all'attuale regime e alle sue politiche neoliberiste,
per costruire un programma unico che esprima le principali
problematiche che affronta il popolo, nella prospettiva di combattere
le misure anti-operaie ed anti-popolari promosse dalla Casa de
Nariño”.

Oltre alla marcia sono stati organizzati una serie di eventi chiamati
“cabildos abiertos” (assemblee popolari pubbliche) a cui sono
state invitate numerose personalità colombiane e straniere, per
dibattere direttamente intorno alla situazione in cui versa il paese
reale, al di fuori degli ambiti istituzionali egemonizzati dal potere
oligarchico.

Con questa iniziativa, oltre ad avanzare sul terreno della
mobilitazione popolare, la società colombiana, occupando Bogotá, si
è vista in uno specchio non deformato e ha mostrato la sua vera
immagine tanto in Colombia quanto all'estero, dove normalmente si
percepisce solo la visione edulcorata del paese, a vantaggio della
mafia terrorista e narcotrafficante che governa. Le immense
contraddizioni sociali ed i conflitti che queste determinano, non
possono continuare ad essere occultati.



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