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L’orgoglio della Rifondazione
di Antonio Perillo (Coordinatore Giovani Comunisti/e Napoli)

“Queste manifestazioni borghesi non dovrebbero rientrare negli
obiettivi dei comunisti. Smettiamola di sostenere le contraddizioni
della società borghese e capitalista e indichiamo le vere risoluzioni
per la liberazione del genere umano dallo sfruttamento e dalla
discriminazione: il socialismo per esempio.”

Queste frasi venivano inviate in risposta al mio invito alle compagne
e ai compagni alla partecipazione al Pride nazionale 2010, che si è
tenuto a Napoli il 26 giugno. E’ raro oggi leggere o ascoltare da viva
voce con tanta chiarezza questo tipo di posizioni. Ma la sensazione
sgradevole è che esse serpeggino ancora sottotraccia, con accenti
diversi, all’interno del nostro partito e in tutto il corpo della
sinistra. Più semplice constatare, invece, come un’adesione formale
quanto vuota alle rivendicazioni e alle manifestazioni del movimento
lgbtqi celi in realtà la convinzione che si tratti di un tema di
interesse secondario, da assecondare quando se ne presenta occasione
per salvare la coscienza e le apparenze, in vista di un pronto ritorno
alle questioni “serie” della nostra agenda politica.
La replica più chiara ad un simile atteggiamento, l’hanno fornita gli
stessi napoletani. Avevamo anche noi qualche timore che un corteo
tanto vistoso, rumoroso, perché no eccessivo (da quando in qua un
corteo non dev’essere eccessivo? Non siamo mica i “silenziosi”
quarantamila…), potesse generare nelle zone popolari, popolane, che ha
attraversato, freddezza se non ostilità se non addirittura qualche
provocazione. Invece è venuto fuori il lato migliore dei miei
concittadini, soprattutto divertiti da tanta musica, tanto colore,
tanta umanità. In alcuni tratti c’erano 3 file di pubblico ai lati del
corteo, sembrava di essere al Giro d’Italia e non al corteo dei
“ricchioni”. Sarà che forse le persone percepiscono la forza e la
genuinità di chi lotta per i propri diritti, contro le discriminazioni
che soffre sulla propria pelle, e sarà che invece fa molta più fatica
ad ascoltare noi parlare di socialismo e di “vere” rivoluzioni dal
chiuso di qualche stanza. La lunghissima parata di carri e decine di
migliaia di persone ha paralizzato per un intero pomeriggio il centro
della città e sarà ricordata a lungo.
E noi giovani comuniste/i eravamo presenti con convinzione, con un
nostro spezzone, con i nostri portavoce nazionali. Quelle di
Rifondazione e della Federazione erano le sole bandiere di partito
presenti nel corteoIo ritengo che questo atteggiamento di chiusura e
scarsa comprensione sia uno dei maggiori problemi da affrontare e
superare definitivamente per la sinistra italiana, e che costituisca
soprattutto, per noi, un arretramento netto rispetto alla migliore
elaborazione politica della rifondazione comunista, che dovremmo
invece difendere e rilanciare.
Innanzitutto, il rapporto con il movimento. Da Genova 2001 in poi
Rifondazione Comunista e le/i giovani comuniste/i hanno lavorato per
essere parte integrante dei movimenti, partecipandovi come uno dei
soggetti costitutivi, con pari dignità rispetto a tutti gli altri.
Abbandonando antiche pretese di direzione e di avanguardia, mai
rinunciando a portare il proprio punto di vista e le proprie posizioni
nella discussione collettiva. Quindi, la nostra discussione non
dovrebbe limitarsi alla adesione a questo o quel corteo, al giudizio
su questa o quella mossa del movimento o alla solidarietà portata a
chi subisce atti di omofobia. Noi dovremmo, letteralmente, costruire
il movimento, non percepirci come “altro”. Chiediamoci, ad esempio,
per quanto riguarda il movimento lgbtqi, quanto il nostro partito e la
nostra organizzazione giovanile siano luoghi accoglienti per chi vive
quella condizione, quale valore aggiunto possiamo fornire noi ai
compagni e alle compagne gay, lesbiche, trans. Mi pare evidente che il
cammino da percorrere in questa direzione è ancora lungo, ma lo
vogliamo percorrere fino in fondo.
Ancora, parliamo di un problema sicuramente culturale, trasversale
alla società di oggi che trasuda razzismo ed omofobia, ma
principalmente, a mio avviso, di un problema di analisi politica.
Considerare secondaria la lotta per i diritti civili e sociali di
milioni di persone e non cogliere gli aspetti più avanzati, ad
esempio, della piattaforma politica del Pride 2010, è banalmente un
errore politico. Chi è gay, lesbica, trans vive oggi tutti i problemi
di compressione dei diritti, di precarietà, di sfruttamento che
viviamo tutti, ma moltiplicati a causa del loro orientamento sessuale.
Dato il 29% di disoccupazione giovanile, un giovane gay fa più fatica
a trovare lavoro rispetto ad un giovane etero; data l’emergenza
abitativa e l’aumento dei fitti, una coppia di lesbiche fa più fatica
a trovare una casa rispetto ad una coppia etero; dato il
sovraffollamento delle carceri e la loro fatiscenza, una trans vive
con maggiore difficoltà la reclusione rispetto ad un detenuto etero.
L’operaio gay della Fiat di Pomigliano d’Arco vive con ancora più
durezza rispetto ai suoi compagni la crisi economica e la durissima
vertenza in corso. I promotori del Pride scrivono queste cose e
solidarizzano con la lotta di Pomigliano. Quante volte invece queste
considerazioni sono assenti dalle nostre rivendicazioni, dai nostri
documenti?
Infine, il recupero della nostra elaborazione sul patriarcato, che a
mio parere può diventare il nostro contributo più importante a questa
lotta. Spesso infatti il dibattito sui diritti civili si sofferma su
un piano rivendicativo, sulla possibile legislazione in merito ad
alcuni punti, certamente sacrosanti, come il matrimonio. Noi sappiamo
tuttavia che questa battaglia va ben oltre i confini del semplice
(seppure purtroppo oggi ancora lontano) riconoscimento giuridico di
diritti fondamentali. Sappiamo che questa lotta va a colpire i
fondamenti dell’organizzazione della società attorno alla famiglia
patriarcale che serve a perpetuare, con le sue gerarchie, la società
proprietaria e autoritaria. Sappiamo che l’ingerenza vaticana sulla
politica italiana e sui costumi sessuali della popolazione è
funzionale al mantenimento di quest’elemento di controllo. Sappiamo
che una legislazione finalmente favorevole ai diritti di omosessuali,
lesbiche, trans, non significherà la fine delle discriminazioni e
dell’omofobia così come storicamente le legislazioni che hanno
riconosciuto i diritti delle donne non hanno segnato la fine della
disparità fra i generi. Sappiamo cioè quanto è necessaria
un’alternativa radicale di società.
Queste poche considerazioni rendono secondo me evidente che la lotta
del movimento lgbtqi per i diritti e contro ogni discriminazione sia
parte della nostra stessa lotta, e come tale andrebbe affrontata.
Inoltre, il Pride di Napoli ci ha mostrato ancora una volta come
questi cortei esprimano una libertà radicale, una gioia di vivere,
un’energia alla quale noi non abbiamo che da attingere.
In molti, anche a sinistra, vorrebbero che noi fossimo un partito
nostalgico, chiuso nelle torri d’avorio, aggrappato ai simboli come a
dei feticci e in ultima analisi stalinista, illiberale ed omofobo.
Magari con i suoi giovani con il torcicollo, che sembrano già anziani.
In molti ci dipingono così perché è più comodo per loro evitare di
confrontarsi con le nostre posizioni bollandoci in questa maniera. Ma
così non è e dobbiamo dimostrarlo ogni giorno, perché la rifondazione
comunista è solo all’inizio, e perché le/giovani comuniste/i sono con
tutti coloro che lottano per cambiare questa società.


ANTONIO PERILLO
Cordinatore GC Napoli