[Hackmeeting] un pezzo per il manifesto

Borrar esta mensaxe

Responder a esta mensaxe
Autor: dan
Data:  
Para: hackmeeting
Asunto: [Hackmeeting] un pezzo per il manifesto

ho scritto questo pezzo che dovrebbe essere pubblicato su il manifesto
di domani. Si, certo che spero che vi piaccia. ciao!

-e' pieno di friggin' accentate-




Scambio e libera comunicazione: sono le parole utilizzate
nel definire il primo Hack-It nel 98. Il tredicesimo
incontro della comunità acara italiana che si conclude oggi
al Centro Sociale La Torre di Roma ha visto tanto di
entrambe. In una cornice diversa però, uno spazio non
industriale in quanto non cementato, dedicato
all'autogestione e alla formazione, attento alla produzione
del cibo e all'ecologia dello spazio, sapone autoprodotto e
bicchieri da birra in mais. Spazi verdi e fresca bellezza
estiva. Si è parlato come gli altri anni di controllo, di
elettronica, di media, di autoproduzione. Sempre più
seminari trattano della conservazione dell'ambiente, di
riciclo e decrescita, alimentazione dal basso ed
autocostruzione. E ragionare sul -come- sopravvivere alla
catastrofe è un ottimo modo di sperimentare. E' presente al
meeting l'autore di Guida Steampunk all'apocalisse, Margaret
Killjoy il quale presenta il seminario: Steampunk come Etica
di Reality Hacking. Manipolare non solo un computer ma i
pezzi della propria vita, immancabilmente incastrati con
quella degli altri, agire sulla realtà, Intervenire. L'idea
di non essere fruitori passivi delle tecnologie che ci
capitano in mano ma di poterle aprire,
cambiare. Ridistruibuire il modo in cui ciò viene fatto,
tramandato, condiviso. Un hack è una soluzione, solitamente
creativa. Per fare hacking bisogna avere strumenti
aperti. Liberi, di qui la nascita del free software che è
leggibile come una ricetta, tramandabile e
modificabile. Come saper fare il pane, o la pasta, un orto,
un dentifricio, un server, una comunità.
l'Hackmeeting non ha mai pensato che fare hacking volesse
solo dire far funzionare meglio una macchina, l'hacking non
riguarda solo il computer. Gli hacker sono persone curiose,
insofferenti nei confronti dell'autorità e dei sistemi
chiusi, propense alla collaborazione e alla
condivisione. Con tanta voglia di metterci le mani dentro e
alzare un pò il minimo del sistema, economico, ecosociale,
distributivo. Nei primi hackmeeting poteva forse bastare
mettere lì la macchina aspettando che arrivasse un altro a
collegare la sua, visto che l'obiettivo immediato era far
funzionare un sistema operativo diverso. Il percorso negli
anni è un stato un progressivo avvicinarsi alla realtà e di
sperimentazione sui modi per interagici: Reality Hacking.
I partecipanti sembrano sempre più parte della comunità,
poca la gente stranita o perplessa al contatto cogli
smanettoni, tutti oramai conoscono GNU/Linux o almeno ne
hanno sentito parlare, ma sopratutto ne capiscono il valore,
in questo senso il futuro si è avvicinato, l'idea di: hacker
siamo tutti è oggi condivisibile senza pudori. Chiunque
diventa hacker quando usa la sua intelligenza in modo
creativo, e l'hackmeeting come da manifesto non ha
organizzatori ma solo partecipanti. Non per questo sono
mancati seminari tecnici, hardware e software.
Si è parlato di IPv6 e dei protocolli di autenticazione. Ci
sono stati seminari sulla crittografia quantistica e
sull'uso dei sintetizzatori. How-To su come trasmettere
audio video con free software (stream) e su come difendersi
dalla profilazione in rete. Non sono mancati i classici
corsi di introduzione a GNU/Linux e la sessione di
lockpicking.
C'è una cappa che pesa sulla società intera e la comunità
acara italiana sente e protesta in modo vivace: l'aumento
delle politiche del controllo, le limitazioni dettate dalla
paura. Ad esempio la cosiddetta legge Pisanu come misura
antiterrorismo vieta di collegarsi anonimamente ad Internet
e dunque ostacola la diffusione delle reti senza fili. Si è
parlato di come uno spazio di vita totalmente sorvegliato,
tipico delle aree di guerra e di prigionia, porti la
cittadinanza a perdere coscienza del proprio diritto alla
privacy e con esso della propria dignità e dei propri
diritti in generale, e se chi legge possiede degli anticorpi
perché conosce e ricorda una società diversa, rifletta sul
rischio che venga plasmata una futura generazione incapace
di di rivendicare i propri diritti perché non saprà di
averne. In questa direzione di rovesciamento della
prospettiva il progetto Anopticon di mappatura delle
telecamere di sorveglianza sul territorio urbano, il
seminario-panoramica sui metodi di controllo passati e
futuri e la presentazione di un progetto di faceblur, un
software di prevenzione del riconoscimento facciale. Si è
tenuto un corso base di elettronica, propedeutico al corso
DIY sulla progettazione hardware e software di oggetti
elettronici basati su microcontroller. Si è parlato di
tecniche di realizzazione e utilizzo delle mappe geografiche
in rete: mappatura degli orti urbani, cartografia dei
territori in trasformazione della città, come gli edifici
pubblici abbandonati o i luoghi oggetto di speculazione, qui
la mappatura dal basso e condivisa è uno strumento di
partecipazione per quella rete di soggetti impegnati sul
territorio a tutelare i diritti del cittadino. C'è stato un
seminario sul percorso storico della comunità hacker
italiana, si è parlato di programmazione come narrazione e
sono aumentati di numero e importanza rispetto agli scorsi
anni i seminari DIY, Do It Yourself, sul come fare da soli e
meglio. E dunque DIY erboristici, autoproduzione di rimedi
officinali e detergenti, laboratorio di panificazione con
pasta madre e autocostruzione di pale eoliche. Il tutto con
cura, partecipazione e amore. Scambio e libera comunicazione.