Mafia, Dell'Utri condannato a 7 anni
La sentenza all'aula bunker del
carcere Pagliarelli di Palermo dopo cinque giorni di camera di consiglio
di SALVO PALAZZOLO
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Questo il verdetto della corte d'appello presieduta da
Claudio Dall'Acqua (a latere Salvatore Barresi e Sergio La Commare). In
primo grado il senatore del Pdl era stato condannato a 9 anni per
concorso esterno in associazione mafiosa. Ora in appello gli sono stati
inflitti sette anni di carcere. Il senatore del Pdl è stato assolto "per
le vicende successive al 1992 perché il fatto non sussiste". Dopo
cinque giorni di camera di consiglio, i giudici della corte d'appello di
Palermo riscrivono ciosì la sentenza inflitta al senatore Marcello
Dell'Utri in primo grado. Riscrivono una parte sostanziona della
sentenza emessa dal tribunale di Palermo nel 2004. La corte d'appello
ritiene che Dell'Utri intrattenne stretto rappoorti con lavechcia mafia
di Stefano Bontadne ma anche con gli uomini di Totò Rioina e Brenardo
Provenzano, almeno fino alla stagione delle stragi di Falconme e
Borsellino.Ecco quali sono le vicende che sencondo la corte
d'appello sono provate. Innanzitutto, l'assunzione del boss palermitano
Vittorio Mangano per fare da stalliere nella villa di Arcore di Silvio
Berlusconi. "Attraverso la mediazione di Dell'Utri e del mafioso Gaetano
Cinà - aveva ribadito il procuratore generale Nino Gatto poco prima che
i giudici entrassero in camera di consiglio - Mangano assicurò
protezione contro l'escalation dei sequestri a Milano". Nell'autunno
1974, l'arrivo di Mangano sarebbe stato sancito da un incontro fra
Dell'Utri, Berlusconi e i capimafia palermitani Stefano Bontade e Mimmo
Teresi, nella sede della Edilnord. I giudici della corte d'appello hanno
evidentemente creduto al pentito Francesco Di Carlo, che ha svelato di
essere stato presente a quell'incontro.La sentenza di primo
grado sosteneva pure che prima del 1980 Dell'Utri aveva fatto da tramite
per gli investimenti a Milano di Stefano Bontade, all'epoca uno dei
padrini più influenti di Cosa nostra palermitana, che era alla ricerca
di aziende pulite del Nord Italia in grado di riciclare i miliardi di
lire provenienti dal traffico internazionale di droga.Il
senatore Dell'Utri non è presente nell'aula bunker di Pagliarelli, ha
preferito aspettare la decisione della corte d'appello a Como. Per lui,
il sostituto procuratore generale Nino Gatto aveva chiesto una condanna
anche più alta di quella inflitta in primo grado, 11 anni. E aveva fatto
un appello finale ai giudici: "E' il potere a essere giudicato (...)
Voi potete contribuire alla costruzione di un gradino, salito il quale
forse, e ripeto forse, si potranno percorrere altri scalini che potranno
fare accertare le responsabilità che hanno insanguinato il nostro
Paese. Oppure lo potete distruggere questo gradino".Il
riferimento del procuratore generale è a quelle indagini delle Procure
di Caltanissetta, Palermo e Firenze che di recente hanno ricevuto nuovi
spunti dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza: l'ex killer oggi pentito
ha parlato di "garanzie" che sarebbero state offerte nel 1993 dal
"compaesano" Dell'Utri e da Berlusconi, alla vigilia della nascita di
Forza Italia. L'assoluzione di Dell'Utri per le vicende successive al
1992 suona adesso come una sconfessione di Spatuzza, ma anche su questo
punto bisognerà attendere le motivazioni della sentenza per capire se i
giudici della corte d'appello hanno valutato il pentito del tutto
inattendibile, oppure se si sono limitati a ritenere il suo contributo
non determinante, perché sulla trattativa politica-mafia ha riferito in
fondo solo quanto appreso da uno dei suoi capi, Giuseppe Graviano.Di
certo, però, nel processo Dell'Utri non era solo Spatuzza a parlare di
un accordo politico-mafioso in vista della nascita di Forza Italia.
Nella sentenza di primo grado, che aveva portato alla condanna del
senatore di Forza Italia, una parte rilevante era rappresentata dalle
dichiarazioni di Nino Giuffrè: l'ex fedelissimo del capo di Cosa nostra
Bernardo Provenzano aveva parlato del sostegno elettorale dei boss in
cambio di "garanzie" che sarebbero state offerte da alcuni intermediari.
Adesso, la sentenza di appello sembra mettere in discussione anche
quelli che erano ormai ritenuti i caposaldi delle ultime inchieste sulla
trattativa fra mafia e politica durante la stagione delle stragi del
1993.
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(29 giugno 2010)
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