[Storiaorale] pubblicazioni Archivio Baita

Delete this message

Reply to this message
Autor: Istituto storia Resistenza e società contemporanea province Biella-Vercelli
Data:  
Para: Undisclosed-Recipient:;
Assunto: [Storiaorale] pubblicazioni Archivio Baita
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea
nelle province di Biella e Vercelli "Cino Moscatelli"
Aderente all'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia "Ferruccio Parri"
13019 Varallo - via D'Adda, 6 - tel. 0163-52005; fax 0163-562289
istituto@???
http://www.storia900bivc.it


Si segnalano tre nuove pubblicazioni dell'
Archivio fotografico Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita


Anni50anni: il 1952 (2010, pp. 72, euro 10) si inserisce nella collana che propone, in forma di annuario, immagini scattate negli anni cinquanta, periodo di produzione intensa, a ridosso dell'apertura dell'agenzia. I volumi che la costituiscono (nove, fino ad ora) si offrono ai lettori come strumento privilegiato con cui sondare a livello più profondo l'attività dei "baitini", termine con cui loro stessi amavano definirsi proprio per sancire un'appartenenza che trascendeva il sodalizio professionale e andava piuttosto a collocarsi nel variegato panorama di gruppi formatisi in Italia nel secondo dopoguerra intorno ai diversi modi di intendere la fotografia.
Sono ormai noti i criteri con cui operavano Giachetti e i suoi collaboratori; la loro totale - e per alcuni versi ingenua - fiducia nel documento fotografico; il desiderio di far cultura senza fare arte. Ma sono questi scatti variegati e spesso stridenti, associati unicamente in virtù di una progressione cronologica, a chiarire bene come, proprio nella quotidianità di un mestiere praticato per anni, si sia potuta radicare una particolare e robusta concezione di fotografia intesa quale mezzo con cui registrare - ancor prima che raccontare - la realtà in ogni suo aspetto. Al di là delle esigenze commerciali dell'agenzia vi è infatti la volontà di non precludere nulla allo sguardo, di "assecondare" fotograficamente il nuovo e ciò che si ripete ciclicamente: di far coincidere la propria esistenza di fotografi con l'esistenza del mondo e delle persone circostanti.
Oggi l'Archivio opera per non stravolgere le ragioni che hanno determinato nel complesso il lavoro dei Fotocronisti Baita, pur fornendone un'inevitabile interpretazione critica dovuta principalmente alle scelte operate sui materiali: in linea con Giachetti, che nel corso della sua attività realizzò anche mostre e pubblicazioni, da un lato suggerisce percorsi tematici organizzando sottoinsiemi estrapolati dall'intero corpus di immagini, dall'altro, con Anni50anni, divulga aspetti differenti della sua professione. Se esposizioni e volumi pensati intorno a singoli argomenti permettono di godere in maniera più distesa del valore e della storicità di alcune immagini, questi scatti e microsequenze, in cui ordinario, straordinario, gravità e leggerezza si susseguono senza soluzione di continuità, obbligano a soffermarsi su qualcosa di meno definibile ma certo più viscerale e consustanziale agli aspetti più perturbanti della fotografia o, meglio, della vita stessa.

Anni50anni: il 1953 (2010, pp. 72, euro 10), organizzato a partire dal cospicuo fondo di negativi conservato dall'Archivio, si apre con una breve sequenza scattata il giorno dell'Epifania durante la distribuzione dei doni ai figli dei dipendenti Stipel. La celebrazione della Befana organizzata da ditte, istituzioni e società attive su tutto il territorio nazionale era uno degli appuntamenti fissi nella vita di tante famiglie italiane; lo scambio dei regali rendeva felici i più piccoli e sanciva il legame umano, oltre che professionale, tra datore di lavoro e impiegati. Quelle poche immagini permettono al lettore di individuare il filo conduttore che corre lungo tutte le pagine del volume, ovvero la compenetrazione dei diversi piani su cui si snodava la vita di uomini, donne e bambini: così come il lavoro generava il dopolavoro nelle sue più diverse emanazioni, la festa di partito diveniva pretesto per praticare sport e la frequentazione di ambienti religiosi occasione per fare teatro. Scatti che raccontano un capitolo importante - e per certi versi controverso, se se ne ripercorrono le origini - di storia del costume e rivelano quanto nel 1953 si fosse ancora lontani dal formulare la concezione attuale di tempo libero.
Come sottolineato in altre introduzioni alla collana, non sempre è possibile, per la natura stessa del progetto, individuare percorsi all'interno di materiali tanto eterogenei accomunati unicamente dall'anno di realizzazione. Spesso l'interesse di questi volumi risiede proprio nell'estraneità reciproca di immagini accostate per via di una data: una dicotomia capace di illustrare le molteplici applicazioni della fotografia praticate da Luciano Giachetti e dai suoi collaboratori, chiarendo meglio la professione di fotocronista. Altre volte, invece, nel corso della ricerca iconografica, si scorgono dei sottoinsiemi tematici in grado di far luce su aspetti differenti, maggiormente legati alla società e alla mentalità di quegli anni; nello specifico, proprio la reiterazione o la progressiva scomparsa di determinati soggetti permette di accostarsi con ulteriore consapevolezza alla storia locale.
L'auspicio è che, al termine del programma editoriale, i dieci volumi possano configurarsi ed essere fruiti come "opera", ovvero come il risultato concreto e compiuto di una riflessione - termine affine alla fotografia anche nella sua accezione fisica - stratificata e mai ripiegata su se stessa.

Anni 60: il lavoro (catalogo della mostra allestita nel maggio 2010 a Vercelli, pp. 72, euro 10) è il primo volume di una rassegna dedicata agli anni sessanta, costituita da esposizioni e pubblicazioni, che si snoderà nel corso degli anni e presenterà i diversi aspetti della società e del costume di quel periodo servendosi della fotografia, una delle fonti privilegiate per l'analisi della storia del Novecento.
Il lavoro rientra indubbiamente tra i soggetti più visitati dai Fotocronisti Baita: considerata la cospicua quantità delle riprese eseguite, si potrebbe sensatamente ipotizzare che Giachetti e collaboratori - almeno nelle fasi iniziali della loro attività - coltivassero l'intenzione di condurre un vero e proprio censimento delle varie professioni consolidatesi o sviluppatesi dal secondo dopoguerra. Non è infatti un caso che, fra i contenitori originali in cui sono tuttora organizzati i negativi, quelli recanti la denominazione "Mestieri" conservino un numero di scatti maggiore rispetto ad altri; a questi debbono essere affiancate immagini provenienti da raccoglitori diversi, spesso riservati "monograficamente" a ditte o fabbriche, a comuni vari e all'agricoltura. Non solo: se si analizzano i positivi stampati dall'autore per fini espositivi, si rintracciano percorsi pensati intorno a questo argomento e già suddivisi in capitoli dedicati all'artigianato, all'industria o alla progressiva meccanizzazione dell'ambiente rurale; alla consistenza numerica delle immagini si somma dunque una sistematicità nell'approccio a questo genere di riprese, negata invece ad altro tipo di materiali.
Occorre poi accennare al fatto che la fotografia è lavoro essa stessa; Luciano Giachetti ne fece una professione per ben cinquant'anni. Ogni immagine è quindi prodotto che descrive altre produzioni, creando una sorta di costruzione en abyme che ne rende più complessa - ma senza dubbio più affascinante - la lettura.
Nonostante la quantità di immagini realizzate dai professionisti vercellesi conosca il suo picco tra il 1945 e il 1955 per poi andare progressivamente e drasticamente ad assottigliarsi proprio negli anni sessanta, i materiali presentati nelle varie sezioni offrono un buon esempio di fotografia e si attestano tra le fonti privilegiate per lo studio della storia contemporanea, della società e del territorio; il loro valore non diminuisce neppure quando entrano in contraddizione o tradiscono debolezze. Sono e restano una "generosa" opportunità di approfondimento, riflessione e discussione; in sostanza, un ottimo pretesto per fare cultura.