Un gruppo di persone, con impegni diversi nella vita sociale e culturale
regionale - all'Università, nel sindacato, nell'informazione, in attività a
tutela dei diritti - ha ritenuto opportuno scrivere una lettera/appello al
Presidente Enrico Rossi in relazione alla intenzione del Ministro Maroni di
aprire un CIE (Centro di Identificazione e di Espulsione) in Toscana.
La questione è stata già discussa in Consiglio regionale ma crediamo che la
lettera/appello mantenga la sua validità anche dopo tale discussione.
Perciò chiediamo a chi ne condivide i contenuti di sottoscriverla, inviando
un e-mail a Moreno Biagioni moreno.biagioni@???
- Al Presidente della Giunta Regionale Enrico Rossi
Per un Regione che rifiuta i CIE ed attua la buona legge sull'immigrazione
che si è data
Registriamo da tempo una pericolosa deriva che porta danni gravissimi alla
vita democratica, alla civiltà giuridica, e non solo giuridica, alla
convivenza civile, ai principi costituzionali di questo Paese.
Ci tornano alla mente altri periodi della travagliata storia italiana in cui
processi del genere - basati sugli stereotipi, sui pregiudizi, su
presupposti "scientifici" che, naturalmente, nulla avevano di scientifico -
sfociarono in atti discriminatori prima, in persecuzioni vere e proprie poi,
della popolazione ebraica e di altre minoranze linguistiche, religiose,
etniche, in nome appunto della superiorità della "razza ariana".
C'è da essere profondamente allarmati quando si dà vita a giurisdizioni
separate per determinate categorie di persone o si definiscono reati non le
azioni compiute da uno o più individui ma la loro condizione (di
immigrata/o, di profuga/o, di persona priva di uno specifico documento
d'identificazione) o si priva della libertà, rinchiudendolo in carceri
chiamate CIE (Centri di Identificazione e di Espulsione), chi non ha un
regolare permesso di soggiorno.
Ricordiamo, senza voler fare accostamenti che potrebbero sembrare azzardati,
che nella Germania hitleriana il primo passo verso i forni crematori fu la
condanna in tribunale di persone il cui unico reato era quello di essere
ebrei (o Rom o omosessuali o testimoni di Geova o comunisti ...).
Le misure attuali, si dice, sono adottate per garantire la sicurezza, come
se la sicurezza fosse messa in pericolo essenzialmente dalle e dai migranti,
considerati potenziali delinquenti, ed, ancor più, come se la sicurezza non
fosse un termine più complesso e complessivo, da declinare insieme
all'aggettivo sociale, senza che la si riduca ad un problema di ordine
pubblico.
Vi sono indubbiamente organizzazioni criminali che speculano sui sogni e sui
progetti di quanti cercano nuove possibilità di vita in Europa. Ma la lotta
a quelle organizzazioni (per cui, sia detto per inciso, risultano
indispensabili proprio quelle intercettazioni telefoniche che la maggioranza
governativa vuole ridurre drasticamente) non può - non deve - trasformarsi
in lotta alle vittime di tali speculazioni criminose.
Come, per altri versi - ed anche questo sta accadendo - non può - non deve -
traformarsi in lotta ai poveri la lotta alla povertà, sacrificata troppo
spesso agli "spiriti naturali" del mercato.
Logica vorrebbe che all'irregolarità delle presenze dei migranti (o, come
viene ormai definita normalmente, alla loro "clandestinità", ma è un termine
che non ci piace, perchè sottintende una propensione ad occultarsi e ad
agire in modo ostile e pericoloso delle persone straniere irregolari) fosse
contrapposta l'apertura di canali possibili di regolarizzazione per chi
studia e lavora sul territorio italiano, tutti collegati ad effettivi
diritti di cittadinanza.
Si sta procedendo invece su una strada opposta, che rende sempre più
difficile il rimanere nella condizione di regolarità anche a chi il permesso
di soggiorno ce l'ha già.
Ebbene, in mezzo ad un simile degrado ed alla decrescita progressiva del
livello di civiltà di questo Paese, era per noi motivo di fiducia (e
speriamo che continui ad essere) il fatto che la nostra Regione fosse al
centro di una prospettiva alternativa, basata sull'accoglienza,
sull'integrazione sociale, sull'inclusione, con la sua recente legge
sull'immigrazione, non a caso contestata dalla compagine governativa.
Anche alcune frasi del candidato Rossi in campagna elettorale, divenute poi
un punto specifico del programma della coalizione di centro-sinistra,
relative alla possibilità di collaborare con il Governo nel caso avesse
progettato di realizzare un CIE in Toscana, non ci avevano preoccupato più
di tanto.
Pensavamo ad un modo originale di interpetrare il no ai CPT - Centri di
Permanenza Temporanea - ed ai CIE, già espresso dal precedente Presidente e
dalla sua maggioranza ed ora tradotto, con spirito toscano beffardo, da
"maledetti toscani" alla Curzio Malaparte, nella formula "collaboreremo se i
CIE si trasformeranno miracolosamente in veri e propri centri di accoglienza
e quindi, ovviamente, non saranno più CIE". Che sarebbe come dire, forzando
un po' la mano "noi saremmo anche per i centri di tortura - alla Abu Graib
ed alla Guantanamo - purchè vi si facessero soltanto massaggi terapeutici,
bagni solari, cure riabilitative".
Adesso che il Ministro Maroni ha manifestato la sua volontà di procedere in
tempi brevi alla realizzazione di un CIE in Toscana, l'indisponibilità della
Regione a collaborare deve essere chiara e netta, essendo più che evidente:
- che permangono seri dubbi sulla costituzionalità di tali centri (e dello
stesso reato di "clandestinità", nel linguaggio del potere, o di
"irregolarità", per dirla alla nostra maniera),
- che le condizioni di non rispetto dei diritti umani in tali luoghi sono la
norma (come è dimostrato dai rapporti di Medici senza frontiere, di Amnesty,
della Commissione De Mistura, dell'ACNUR, nonchè da diverse inchieste
giornalistiche),
- che risulta assurdo stanziare somme non indifferenti per tali strutture in
un momento di gravissima crisi economica come l'attuale,
- che, comunque, la collaborazione con un Governo che sta minando alla base
le possibilità di azione delle Regioni e degli enti locali, e che sta
attaccando quotidianamente la Costituzione, risulta attualmente
improponibile.
Sappiamo bene che non fare un CIE in Toscana non risolve la questione, ma
vorremmo che rimanesse fermo il NO a tale struttura da parte del Governo
regionale quale segnale di un'altra strada possibile per costruire politiche
valide nei confronti dei migranti. Con una Regione, quindi, che rifiuta il
Centro prospettato da Maroni, simbolo della politica razzista del Governo, e
che comincia ad attuare la buona legge sull'immigrazione che si è data.
Cordialmente.
Sergio Bontempelli
Mariella Orsi
Ilaria Possenti
Enzo Mazzi
Sergio Staino
Alfredo Zuppiroli
Moreno Biagioni
Salvatore Tassinari
Alessandro Bruni
Lorenzo Guadagnucci
Eugenio Baronti
Maurizio Brotini
Roberto Passini
Giuseppe Faso
Marina Veronesi
Giuliano Ciampolini
Mirella Bresci
Paolo Gianardi
Rossana Marini
Paolo Mencarelli
Patrizia Meringolo
Luciano Miglietta
Graziella Rumer Mori
Francesco Mori
Franca Ruolo
Luisa Petrucci
10/6/2010
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