LA SETTIMANA DELLA BIODIVERSITA’
Due settimane or sono è stata celebrata a livello mondiale la settimana in difesa della biodiversità. Le conclusioni sono sconfortanti: nonostante i vari proclami la biodiversità esce perdente.
Colgo l’occasione per fare un appello per la difesa di una delle forme di biodiversità meno considerate, la “biodiversità culturale”, alla cui difesa possiamo contribuire nel nostro piccolo, ciascuno di noi, con una semplice scelta che suggerirò dopo.
Qualcuno su Forumlucca nei giorni scorsi ha provato a suscitare un dibattito sulla cultura, dibattito che avrebbe meritato più argomenti e più reazioni.
Da libraio per hobby (o per speranze di contribuire modestamente alla biodiversità “culturale”) ho potuto assistere nell’arco di 10 anni ad un declino del settore, conseguenza di un declino degli interessi delle persone, originato da molte ragioni: proliferare dei libri spazzatura, costo dei libri legato a politiche incomprensibili, minori disponibilità finanziarie dei lettori (non sempre perché minori a causa della crisi ma anche perchè orientate diversamente etc).
Ragioni non tutte negative, è vero: la crescita di internet come mezzo di informazione e formazione alternativa, quando ben utilizzato, è positiva. Ma comunque declino di uno degli strumenti fondamentali di una vera cultura, personalizzata, approfondita, critica: il libro stampato, uno degli strumenti già principi della formazione culturale.
Ma ho osservato da vicino anche un altro fenomeno, di cui chi continua a comprare e leggere libri non è sempre cosciente: la progressiva scomparsa delle piccole librerie a vantaggio delle grandi catene. E’ nella logica globale, la stessa che accompagna la perdità di biodiversità in natura.
L’Italia è destinata a vedere presto la distribuzione libraria concentrata nelle mani di 2 o 3 imprese che da un lato vendono i libri e dall’altro scelgono quali immettere sul mercato e quali no (vedi la fusione paradigmatica fra PDE, uno dei due grossi distributori di libri alle librerie, e Feltrinelli, ovvero una catena di librerie che acquista potere nel sistema di rifornimento alle altre librerie). Le logiche seguite da queste grandi catene sono quelle dettate dal mercato, per cui i piccoli o medi editori, che a fine anno hanno dato una cifra non adeguata al fatturato, sono un fastidio e devono scomparire. Ma sono i piccoli e medi editori che spesso sono quelli culturalmente più attrezzati, che fanno vivere correnti di pensiero alternative, minoritarie ma necessarie. E con loro gli editori locali, costretti ad acrobazie di vendita spesso per vie informali.
Mi è stata fornita in questi giorni una riprova. Un amico di Milano cui avevo consigliato l’ultimo libro di Bruno Amoroso -professore emerito di economia internazionale a Copenaghen, uno dei pochi economisti fuori dal coro e di indiscusso prestigio- dal titolo Per il bene comune. Dallo stato del benessere all’economia del benessere, pubblicato da un editore non grande ma rispettabilissimo, Diabasis, mi ha scritto di non averlo trovato dopo aver girato alcune grandi librerie.
Per vedere quale è la logica che si sta imponendo anche nelle grandi catene librarie basta vedere quali libri trovate nei supermercati, scontati del 15%, per mettere in difficoltà le librerie anche su questo fronte. Niente Laterza, niente Bollati e Boringhieri e così via. Ma non è difficile immaginare che, quando lo scontro vedrà rimasti in lizza i “2 grandi”, Mondadori e Feltrinelli, alle ragioni strettamente economiche si aggiungano anche motivazioni più generali di “potere” politico che poi è in altre vesti la stessa cosa. Se in Italia non esiste una legge di protezione del libro come esiste negli altri paesi europei, lo si deve da un lato a una classe politica deculturata ma dall’altro allo strapotere della Mondadori.
Lucca sta vivendo questa crisi delle piccole librerie. E’ interesse dei lettori lasciarle scomparire?
Ecco il mio appello. Lettori: non disertate le piccole librerie. Piccoli librai: insistete a fare della vostra “bottega” un luogo privilegiato della cultura! E’ necessaria una forma di alleanza per salvare la “biodiversità culturale”
Aldo Zanchetta