[NuovoLab] ARMI PER CONFESSARE

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E c'è anche chi lucra sul dolore

Non per tutti la tortura è un'atrocità da punire.
Ovunque nel mondo, Italia compresa, ci sono aziende che della produzione
e commercializzazione di strumenti pensati per provocare sofferenza
hanno fatto un vero business. A denunciarlo, nel marzo scorso, è stata
Amnesty international che in un rapporto intitolato «Dalle parole ai
fatti» ha fatto i nomi di cinque aziende italiane che produrrebbero
strumenti di tortura. Un commercio reso possibile grazie soprattutto a
quelle che l'associazione umanitaria ha definito come vere falle
legislative alle quali da tempo l'Unione europea chiede che si ponga
riparo. Immediata la smentita con relativa minaccia di querela da parte
di due delle tre aziende citate nel dossier, ma resta il fatto che il
nostro Paese non sembra avere proprio la coscienza pulita. Lo dimostra
un'interrogazione al premier Silvio Berlusconi presentata a marzo scorso
dal senatore del Pd Francesco Ferrante proprio per chiedere conto della
denuncia fatta da Amnesty, e che da allora attende ancora una risposta.
Di
certo il catalogo delle atrocità non lascia molto spazio
all'immaginazione. Chi è interessato all'acquisto - purché risieda
all'estero, in Italia la vendita infatti è vietata - può sbizzarrirsi
scegliendo tra manette elettriche in grado di rilasciare scariche fino a
50 mila volt, schiacciapollici, manette per appendere le persone al
muro e «aerosol» per somministrare prodotti chimici al prigioniero.
Commerci che, stando sempre ad Amensty, sono proseguiti anche dopo
l'approvazione, nel 2006 di un bando europeo del commercio
internazionale di attrezzature progettate per la tortura e i
maltrattamenti.
L'Italia non sarebbe però sola in questa poco
lodevole attività. In Europa aziende produttrici di strumenti di tortura
sono presenti anche in Germania, nella Repubblica Ceca, Belgio e
Finlandia. Fuori dall'Europa il mercato poi va che è una meraviglia, al
punto che alcuni anni fa sempre Amnesty arrivò a contare 856 aziende
produttrici di simili strumenti, mentre Cina e Corea del Sud figurano
tra i paesi leder del settore. E non va meglio negli Stati uniti. Nel
2002 (dato sempre di Amnesty), gli Usa hanno esportato nel mondo
strumenti per elettroshock del valore di 14,7 milioni di dollari, più
4,4 milioni di dollari in strumenti per la costrizione tra ceppi per
incatenamento e manette. Il bello, si fa per dire, è che a comprare sono
stati per lo più Paesi denunciati dallo stesso Dipartimento di Stato
per il continuo uso della tortura.
fonte "il manifesto" del 10062010





Ugo Beiso











Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal