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Tárgy: [NuovoLab] SENTENZA DIAZSospendere i responsabili, una campagna comune
SENTENZA DIAZ

Sospendere i responsabili, una campagna comune

Luca Casarini

La sentenza di condanna dei vertici della polizia
italiana per il massacro compiuto alla Diaz durante il G8 di Genova
rappresenta qualcosa in più di un semplice, e sacrosanto, aggiustamento
della vergognosa assoluzione del primo grado. Quegli ufficiali, tutti
nel frattempo promossi e oggi dirigenti di ps, antiterrorismo e servizi
segreti, hanno deciso e ordinato quanto è poi accaduto. È lo Stato,
nelle sue articolazioni più importanti, ad avere la piena
responsabilità. Non il singolo. Non si trattò dunque di una
"deviazione", ma di consapevole illegalità e abuso, orchestrata da
tanti, posta in essere in maniera articolata e precisa. Questo prima che
i fatti accadessero, quando cioè si prese quella terribile decisione, e
dopo, quando si organizzarono i depistaggi, le prove false. Tutto in
nome di un "fine superiore", che si pone fuori dalla Costituzione.
Per
la Diaz si è finalmente detto in un tribunale ciò che è vero per
l'intera vicenda di Genova. Importante, certo. A patto di non perderci a
guardare troppo indietro, a stabilire se tre anni o cinque bastino per
chi ha diretto una "macelleria messicana". Se così facessimo resteremmo
tutti smarriti peggio che prima, perché i tribunali sono anche quelli
che hanno condannato a 15 anni di galera alcuni manifestanti per aver
rotto delle vetrine. I conti non tornerebbero mai. La verità su Genova,
storica e politica, la conosciamo già, e chi vuole la può utilizzare o
meno. Assai più interessante è ciò che invece è accaduto dopo la
sentenza d'appello. I capi della polizia condannati non solo sono
rimasti al loro posto, ma gli si è costruito attorno, in termini
bipartisan, un salvagente da eroi. Lo ha fatto il governo, per bocca di
Maroni, e lo hanno fatto molti politici, da una parte e dall'altra. A
questa vicenda viene spontaneo associare quella che vede coinvolto un
altro grande capo, dei carabinieri questa volta, il generale Ganzer. La
pubblica accusa, dopo aver ricostruito attraverso una impressionante
serie di riscontri l'attività illegale di 17 appartenenti ai Ros
capeggiati dal generale, ha chiesto per lui 27 anni di condanna per
traffico internazionale di droga e altri gravi reati. Ora il tribunale
dovrà pronunciarsi, ma nel frattempo Ganzer ha dichiarato: «Continuo a
fare il mio lavoro con serenità». A non essere "sereni" sono tutti
quelli che hanno, loro malgrado, a che fare con lui. È dunque mai
possibile che tutto il gruppo di comando del Raggruppamento più potente
dei carabinieri sia sotto accusa e possa, mentre c'è il processo,
continuare a ricoprire il ruolo di prima, che non è propriamente quello
da impiegati del pubblico impiego, ma di chi ha a disposizione
prerogative che tutti gli altri cittadini non hanno? Dalle
intercettazioni alle armi, dal potere di inquinare le prove a quello di
intimidazione verso i giudici.
Ora, se in un paese l'unica categoria
che rimane sempre al suo posto nonostante sentenze di condanna è quella
che comprende Forze armate, carabinieri e polizia, cosa sta veramente
accadendo? Per i politici inquisiti si chiedono e a volte si ottengono
le dimissioni. I giornalisti rischiano il posto se vengono condannati, i
magistrati anch'essi vengono sospesi o dimessi o cambiano mestiere. Non
parliamo poi dei cittadini normali. Può un paese dirsi anche solo un
po' democratico se gli unici che hanno l'impunità totale per reati
commessi durante le loro funzioni sono coloro che hanno il monopolio
dell'uso della forza?
Credo che se questo accade il rapporto tra
democrazia e autoritarismo sia pericolosamente sbilanciato a favore del
secondo. Giustamente da più parti si denuncia la corruzione fatta
sistema. Grillo e i "viola", Repubblica e Travaglio si battono anche per
una legge che impedisca agli inquisiti e condannati di sedere in
parlamento. E un capo della polizia che ha ordinato un massacro, lo
lasciamo stare al suo posto? A un generale dei carabinieri che ha
organizzato una banda armata continuiamo ad affidare la "sicurezza
nazionale"? È troppo pensare di costruire insieme una battaglia pubblica
per ottenere che gli appartenenti ai corpi armati dello stato vengano
immediatamente sospesi se inquisiti per reati che riguardano l'esercizio
delle loro funzioni, sospesi se condannati in primo grado e
definitivamente dimessi se le condanne vengono confermate? E sarebbe
troppo pensare di mobilitarci tutti per le dimissioni di un ministro
degli Interni che plaude e indica nel comportamento anticostituzionale e
criminale di quei vertici di polizia la maniera giusta di svolgere i
loro compiti e di essere ben visti dal governo, destinati a brillanti
carriere perché depositari di inconfessabili verità?

fonte "il manifesto" 27/05/2010



Ugo Beiso











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