[Intergas] 3 anni di sgomberi e 9 milioni di euro spesi: co…

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Autore: Antonella Fachin
Data:  
To: intergas
Oggetto: [Intergas] 3 anni di sgomberi e 9 milioni di euro spesi: con quali risultati? perchè non iniziare una politica sociale di integrazione?
In zona 3 alcune mamme hanno lanciato la meravigliosa iniziativa del vino
r.o.m., supportata da Intergas.

In consiglio di Zona 3 giovedì 13 maggio u.s., ho presentato, con altri
consiglieri, una interrogazione e una mozione, di cui riporto i testi qui di
seguito.

Cari saluti a tutti/e

Antonella Fachin

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I N T E R R O G A Z I O N E

Presentata dai Consiglieri

ANTONELLA FACHIN (Gruppo Uniti con Dario Fo per Milano)

nella seduta del 13 maggio 2010

OGGETTO: quasi tre anni di sgomberi forzati: denaro pubblico speso e
verifica di efficacia

I sottoscritti

Premesso che

 -         Da notizie sui quotidiani, il comune di Milano ha effettuato
circa 300 sgomberi forzati in quasi tre;


-         Sempre da notizie giornalistiche uno sgombero costa mediamente
20.000 euro ma può costare anche 30.000 euro e più e quindi ad oggi il
Comune di Milano ha speso circa 9 milioni di euro;


-         Le disposizioni delle Nazioni Unite e quelle del Comitato dei
Ministri del Consiglio d'Europa in materia di sgomberi forzati stabiliscono
tra l’altro:


o       le garanzie minime di rispetto dei diritti umani, vietando inutili
accanimenti sulle persone sgomberate (in occasione di ogni sgombero i
servizi sociali del Comune offrono soluzioni che impediscono alle famiglie
di stare unite, ai bimbi di età inferiore ai 7 anni di continuare a stare
insieme a entrambi i genitori e ai bimbi di età superiore ai 7 anni di stare
con la propria madre), nonché 


o       la preventiva predisposizione di adeguate alternative abitative per
i nuclei familiari;


Considerato che

-         Gli sgomberi forzati compiuti nel Comune di Milano non hanno
sinora rispettato le disposizioni delle Nazioni Unite e quelle del Comitato
dei Ministri del Consiglio d'Europa in materia;


-         Le persone allontanate forzatamente si disperdono momentaneamente
sul territorio circostante per poi trovare rifugio nelle innumerevoli aree
private da anni dismesse e abbandonate nelle periferie di Milano;


-         In assenza di progetti individuali e/o per nucleo familiare ai
fini della integrazione lavorativa e abitativa, oltre che della
scolarizzazione dei minori- gli sgomberi forzati non rappresentano una
soluzione, ma costituiscono un vano tentativo di spostare le persone da una
zona periferica a un’altra zona periferica, come fosse una “fatica di
Sisifo” sia per il Comune, sia per le persone coinvolte;


-         Le uniche persone che non vivono più in rifugi precari e in aree
abbandonate, ossia le persone che non vivono più da “abusivi” sono SOLO
quelle che, grazie ai percorsi di integrazione abitativa e lavorativa
realizzati da associazioni di volontariato e da comuni cittadini, oggi
vivono in appartamento, di cui pagano il canone calmierato, in vista di una
totale autonomia lavorativa ed economica;


-         Sono disponibili le prime valutazioni delle politiche di
integrazione e promozione sociale per i gruppi rom e sinti realizzate in
svariate città europee e italiane, le quali dimostrano che:


o       una forte presenza pubblica è elemento centrale per favorire
percorsi duraturi di inserimento sociale di individui fortemente
stigmatizzati ed


o       è possibile perseguire una vera politica sociale nei confronti dei
gruppi romanì e sinti, con buoni esiti in termini di efficacia, e con costi
non eccessivi e che vanno riducendosi nel tempo, gestendo il mandato
pubblico in collaborazione con il terzo settore su progetti e interventi da
attuare.


Tutto ciò premesso,

chiedono

a Sindaco e Vicesindaco di Milano,

all’Assessore alla famiglia, scuola e politiche sociali e

al Prefetto di Milano

-         di sapere quanti sgomberi sono stati effettuati dal 2008 ad oggi e
quanti soldi pubblici sono stati complessivamente spesi, specificando il
numero di mezzi e personale impiegati nei predetti sgomberi e le risorse
economiche spese;


-         di sapere, in merito alle risorse economiche destinate agli
sgomberi, se esse provengono 


o       dal bilancio del Comune e, in questo caso, a quali voci di spesa
sono stati sottratti, o 


o       dal bilancio dello Stato e, in questo caso, con quale precisa
destinazione siano stati assegnati e più precisamente se tali risorse
debbano essere destinate esclusivamente a sgomberi o se possano e/o debbano
essere destinati a processi di integrazione delle minoranze etniche Romanì e
Sinta;


-         di sapere chi ha provveduto con ruspe, gru, camion ecc. a
smantellare e distruggere i rifugi nei 300 sgomberi effettuati; ossia se
sono operatori esclusivamente pubblici o anche privati e, in questo secondo
caso, di sapere:


o       quanti sono gli operatori privati coinvolti, 


o       come sono stati scelti, se con gara pubblica o per trattativa
privata, 


o       che tipo di contratto/accordo hanno stipulato con il Comune e quanto
è il valore economico complessivamente corrisposto a ciascun operatore
privato nel 2008, nel 2009 e nei primi 4 mesi del 2010;


-         di sapere se il Comune e la Prefettura abbiano effettuato una
disamina dei risultati sinora ottenuti in relazione ai milioni di euro spesi
e se, alla luce dei miseri risultati e degli enormi soldi spesi, non siano
finalmente giunti alla conclusione che il metodo esclusivo degli sgomberi
non è efficace;


-         di sapere se abbiano finalmente concluso che rappresenta uno
SPRECO di denaro pubblico -ancora più grave in un periodo di crisi che
richiederebbe maggiore OCULATEZZA, oltre che LUNGIMIRANZA- il ricorso
esclusivo a sgomberi che sinora hanno distrutto non solo beni materiali,
anche quelli che erano di proprietà dei rom e dei sinti allontanati, ma
anche i processi di scolarizzazione che erano in atto, negando i più
elementari e internazionali diritti dell’infanzia, e le reti di socialità e
solidarietà che faticosamente il privato sociale aveva intessuto e che
continuerà comunque ad offrire;


-         di sapere se, dopo circa tre anni di sgomberi, e in assenza di
risultati significativi dato che vengono allontanati sempre gli stessi
nuclei familiari e gli stessi individui di etnia romanì e sinta,
identificati ad ogni sgombero e perciò ormai ben noti all’amministrazione
comunale, si voglia affrontare la questione in maniera razionale e con buon
senso e non più in maniera ideologica e ottusa;


-         di sapere se si voglia ancora negare l’evidenza da un lato del
fallimento della politica adottata da Milano e dall’altro del successo delle
amministrazioni comunali (sia di destra che di sinistra), quali Mantova,
Vicenza, Venezia, Treviso, Padova, Bergamo, Trento, Bologna, Settimo
Torinese, Modena, Pisa, Buccinasco, che si sono assunte la responsabilità di
offrire percorsi di integrazione e di sostegno e garanzie reputazionali alle
famiglie e persone di etnia romanì e sinta desiderose di avere una
opportunità di vita dignitosa, all’interno della comunità e non ai suoi
margini, come reietti. Tali città, infatti, hanno realizzato politiche di
più seria e incisiva integrazione e hanno così permesso non solo la
dismissione dei campi rom ma, a molto minor costo rispetto a Milano, hanno
risolto la problematica al punto che, come pare, non sono stati necessari
ulteriori nuovi campi (a fronte di alcun nuovo insediamento abusivo); 


-         di sapere se sia vero che in occasione di ogni sgombero, vengano
distrutti e sottratti anche i beni di proprietà delle persone e famiglie
sgomberate in quanto acquistati o ad esse donati dai volontari o da altri
cittadini (v. ad es. coperte, tende, generatori di energia, fornelli,
indumenti ecc.) e, in caso affermativo, se non ritengano che tali azioni
possano costituire atti di abuso di potere e in violazione delle norme del
nostro diritto oltre che del principio costituzionale che “la legge è uguale
per tutti” e, analogamente, anche il diritto di proprietà.



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OGGETTO: politica efficace di integrazione delle minoranze etniche dei Rom
e dei Sinti



Il Consiglio di Zona 3



Premesso che



-         Da notizie sui quotidiani, il comune di Milano ha effettuato circa
300 sgomberi forzati in quasi tre;


-         Sempre da notizie giornalistiche uno sgombero costa mediamente
20.000 euro e può raggiungere anche una spesa di 30.000 euro e quindi ad
oggi il Comune di Milano ha speso circa 9 milioni di euro;


-         Le disposizioni delle Nazioni Unite e quelle del Comitato dei
Ministri del Consiglio d'Europa in materia di sgomberi forzati stabiliscono
tra l’altro:


o       le garanzie minime di rispetto dei diritti umani, vietando inutili
accanimenti sulle persone sgomberate (in occasione di ogni sgomberi i
servizi sociali del Comune offrono soluzioni che impediscono alle famiglie
di stare unite e ai bimbi rom di età inferiore ai 7 anni di continuare a
stare insieme a entrambi i genitori e ai bimbi rom di età superiore ai 7
anni di stare con la propria madre), e 


o       la preventiva predisposizione di adeguate alternative abitative per
i nuclei familiari.


Considerato che



-         Gli sgomberi forzati compiuti nel Comune di Milano non hanno
sinora rispettato le disposizioni delle Nazioni Unite e quelle del Comitato
dei Ministri del Consiglio d'Europa in materia;


-         Le persone allontanate forzatamente si disperdono momentaneamente
sul territorio circostante per poi trovare rifugio nelle innumerevoli aree
private da anni dismesse e abbandonate nelle periferie di Milano;


-         In assenza di progetti individuali e/o per nucleo familiare ai
fini della integrazione lavorativa e abitativa oltre che della
scolarizzazione dei minori- gli sgomberi forzati -non rappresentano una
soluzione, ma costituiscono un vano tentativo di spostare le persone da una
zona periferica a un’altra zona periferica, come fosse una “fatica di
Sisifo” sia per il Comune, sia per le persone coinvolte;


-         le uniche persone che non vivono più in rifugi precari e in aree
abbandonate, ossia le persone che non vivono più da “abusivi” sono SOLO
quelle che, grazie ai percorsi di integrazione abitativa e lavorativa
realizzati da associazioni di volontariato e da comuni cittadini ,oggi
vivono in appartamento, di cui pagano il canone calmierato, in vista di una
totale autonomia lavorativa ed economica;


-         sono disponibili le prime valutazioni delle politiche di
integrazione e promozione sociale per i gruppi rom e sinti realizzate in
svariate città europee e italiane, le quali dimostrano che:


o       una forte presenza pubblica è elemento centrale per favorire
percorsi duraturi di inserimento sociale di individui fortemente
stigmatizzati ed


o       è possibile perseguire una vera politica sociale nei confronti dei
gruppi rom e sinti, con buoni esiti in termini di efficacia, e con costi non
eccessivi e che vanno riducendosi nel tempo, gestendo il mandato pubblico in
collaborazione con il terzo settore su progetti e interventi da attuare;


-         Compito delle istituzioni pubbliche dovrebbe essere la presa in
carico complessiva delle persone, con la garanzia di un orientamento
individualizzato e di un progetto calibrato sul nucleo familiare. I due
elementi qualificanti e imprescindibili di questa strategia complessiva sono
l’abitazione e il lavoro per i quali risultano necessari un’attività di
accompagnamento nell’inserimento lavorativo, una presenza duratura di
mediazione e facilitazione dei rapporti (anche di vicinato) nell’inserimento
abitativo, un supporto e una consulenza nella gestione del bilancio
domestico e del rapporto con il credito, la garanzia dell’accesso al
servizio sanitario pubblico;


-         L’Assessorato alla famiglia, scuola e politiche sociali ha
istituito un tavolo di confronto con le associazioni e il no profit privato,
tra cui Casa della Carità e Caritas Ambrosiana, per valutare l’eventuale
utilizzo dei 4 milioni di euro residui per interventi sociali e percorsi di
integrazione delle famiglie Rom che abitano nei campi “regolari” di via
Triboniano ecc.


Tutto ciò premesso, il Consiglio di Zona 3

Chiede a

Sindaco e Vicesindaco di Milano e

all’Assessore alla famiglia, scuola e politiche sociali



-         che il Comune adotti le politiche più efficaci e meno dispendiose,
come quelle avviate da altre amministrazioni comunali italiane (sia di
destra che di sinistra), quali Mantova, Vicenza, Venezia, Treviso, Padova,
Bergamo, Trento, Bologna, Settimo Torinese, Modena, Pisa, Buccinasco, che si
sono assunte la responsabilità di offrire percorsi di integrazione e di
accompagnamento lavorativo e abitativo e garanzie reputazionali, con
l’impegno di un orientamento individualizzato e di un progetto calibrato sul
nucleo familiare, nei confronti delle persone e famiglie di etnia romanì e
sinta desiderose di avere una opportunità di vita dignitosa all’interno
della comunità e non ai suoi margini, come reietti. Tali Comuni, infatti,
hanno realizzato politiche di più seria ed incisiva integrazione e hanno
così permesso la dismissione dei campi rom e, a molto minor costo rispetto a
Milano, l’avvio di una soluzione definitiva della “questione rom”; 


-         che il Comune finalmente predisponga i necessari progetti di
integrazione, destinando ad essi i fondi specificamente destinati alle etnie
Rom e Sinti, senza quindi sottrarre risorse alle altre voci di bilancio.
Ciò, conformemente a quanto attuato da tempo negli altri Stati dell’Unione
Europea con grande efficacia e, più recentemente, in numerose città
italiane.




Milano, lì 13 maggio 2010