[Lecce-sf] Fw: Aggiornamenti su Avni Er

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Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)
CP 380, 80133 Napoli Italia
sito web: www.solidarietaproletaria.org
e-mail: info@???





7.05.2010



Comunichiamo a tutti coloro che stanno seguendo con grande partecipazione la vicenda di Avni Er, che l'udienza con cui il Tribunale di Bari, il 6 maggio 2010, si sarebbe dovuto pronunciare sulla richiesta di asilo politico avanzata da Avni Er, è stata rinviata al 18 maggio prossimo per assenza degli avvocati della difesa.

Un presidio, colorato e vivace si è comunque tenuto ieri nel piazzale antistante al Tribunale.

Oltre quaranta compagni giunti da varie parti d'Italia, in rappresentanza di vari organismi, associazioni e Partiti hanno testimoniato con la loro presenza la grande solidarietà che circonda Avni e il grande impegno che attorno a questa battaglia in difesa dei diritti umani, del diritto alla contestazione sociale, alla libera informazione, sta unendo forze molto diverse tra loro.

L'Arci, Sinistra Ecologia e Libertà, il PDAC, il PRC, il Partito dei CARC, gli SLL, l'ASP, il Comitato Iqbal Masih di Lecce, i compagni antifascisti di Corato, il Collettivo Baruda di Napoli, gli immigrati, e chiediamo scusa se dimentichiamo qualcuno, hanno con le loro bandiere, i loro striscioni, i loro discorsi e tante canzoni, attirato l'attenzione dei passanti che hanno dimostrato grande sensibilità verso la vicenda particolare di Avni, come anche verso la denuncia delle responsabilità della banda di criminali e di razzisti che ci governa nella crisi attuale che sta portando le masse popolari italiane ed immigrate verso condizioni di vita sempre peggiori e meno dignitose.

Grande interesse è stato dimostrato anche dai numerosi avvocati e frequentatori del Tribunale che all'ingresso si sono fermati a prendere i nostri volantini, segno evidente anche dell'insofferenza che la parte più democratica di questa categoria sviluppa verso le continue ingerenze e i continui attacchi dell'Esecutivo nei confronti della Magistratura.



Rinnovando l'invito ad estendere e a tener viva la mobilitazione diamo sin da ora appuntamento a tutti al presidio che si terrà:



Il 18 maggio 2010
davanti al Tribunale civile di Bari,

in Piazza Enrico De Nicola 1
dalle h. 8.30 fino alle h.16
per il diritto d'asilo

contro l'espulsione in Turchia di Avni Er!



In allegato il volantino distribuito ieri dai compagni di Resistenza Universitaria (collettivo politico de La Sapienza di Roma), un comunicato di solidarietà giunto e la storia di Avni raccontata da Linkredulo.



Presto diffonderemo altro materiale sulla giornata di ieri.



Per maggiori info: www.avni-zeynep.net





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Il Coordinamento per la Legalità e La Giustizia di Bari, comprendente un gruppo di credenti a vario titolo impegnati in associazioni e movimenti di ispirazione cristiana, esprime solidarietà al giornalista turco Avri Er, chiede che nei suoi confronti venga al più presto riconosciuto il diritto di asilo e comunque che per motivi umanitari venga in tutti modi impedito il suo rientro in Turchia dove troverebbe di sicuro la morte.





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Forza Avni, noi siamo con te.



Giovedì 06 Maggio



di Enrico Consoli

Oggi il Tribunale di Bari dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta di asilo politico di Avni Er, giornalista turco e dissidente politico che ha scontato sei anni in Italia per associazione sovversiva e che ora rischia l'estradizione in Turchia: attualmente Avni si trova nel Cara di Bari. Ieri pomeriggio Avni ha accettato di raccontare la sua storia a Linkredulo.

Incontro Avni Er nella sede dell'Arci di Largo Ciaia in un pomeriggio che sembra un anticipo di estate: è la vigilia dell'udienza che potrebbe decidere il suo destino, fra la speranza dell'accoglimento della sua domanda di asilo politico e l'incubo di un respingimento forzato in Turchia, dove lo aspetterebbero le violenze e le vessazioni delle carceri turche.

Non è difficile sciogliere il ghiaccio e dopo le presentazioni di rito Avni mi racconta subito la sua incredibile storia, fatta di carcere e persecuzioni, ma anche di un impegno costante volto a denunciare l'oscenità del Potere.

«Manco dal mio paese da 16 anni - esordisce - e ho scontato sei anni qui in Italia per associazione sovversiva: la mia "colpa" sarebbe quella di aver diffuso notizie sulle violazioni dei diritti umani in Turchia, sui soprusi del Governo, sulla tortura, ma ho fatto solo il mio dovere di giornalista al servizio del popolo. Io ho sempre inteso il giornalismo come denuncia del lato oscuro del Potere e per questo dormo ogni notte tranquillo, senza scrupoli di coscienza; tanti altri miei colleghi credo non possano fare lo stesso».

Gli articoli che portarono alla condanna di Avni nel 2004 sono stati pubblicati su una rivista chiamata "Ekmek Ve Adalet" (Pane e Giustizia), che sarebbe legata alla formazione di estrema sinistra DHKP-C, inserita nella lista nera delle organizzazioni terroristiche dopo l'11 Settembre: Avni si è sempre dichiarato innocente, sostenendo di essersi solo limitato a denunciare da cronista la tortura e le violazioni dei diritti umani, e devo dire che la dolcezza straordinaria che emana a tutto lo fa assomigliare fuorché ad un "pericoloso sovversivo".

Per un aspirante "cronista indipendente" come me, viene naturale chiedergli un giudizio su una professione delicata come quella del giornalista:

«Il giornalismo oggi è quasi sempre al servizio dei grandi potentati economici - mi dice con un pizzico di amarezza - e serve a mascherare la realtà e persino a cambiarla: i media oggi hanno un potere straordinario, possono far cadere i governi e provocare guerre. In Turchia chi prova a raccontare il conflitto sociale, la condizione dei detenuti nelle carceri, le continue violazioni dello stato di diritto è perseguitato, bollato come sovversivo e incarcerato con pretesti assurdi».

Poi all'improvviso il viso si fa cupo e Avni mi racconta uno degli episodi più vergognosi della storia della Turchia, la strage di detenuti politici del 19 dicembre 2000: «quel giorno morirono 28 detenuti politici che si erano rifiutati di andare nelle famigerate celle d'isolamento F: avevano iniziato un lungo sciopero della fame, decidendo di ribellarsi ai soprusi e per questo furono bruciati vivi con il fosforo bianco. Alcuni giornali turchi il giorno dopo giustificarono l'azione, denominata "Ritorno alla vita", capovolgendo la realtà dei fatti. Poi i morti diventarono 120 e cominciarono i primi scrupoli di coscienza fra i giornalisti. Grazie alla battaglia di un avvocato difensore di alcuni detenuti lo Stato Turco ha poi dovuto ammettere che le celle di tipo F sono luoghi di isolamento e ha permesso ai detenuti di usufruire di dieci ore di socialità alla settimana: ma questo non succede mai, visto che per ottenere la concessione bisogna rinnegare le proprie idee e dichiararsi pentiti».

Se Avni dovesse essere espulso, rischierebbe seriamente di essere torturato e rinchiuso nelle durissime carceri turche: io gli chiedo com'è possibile che un paese che si candida a far parte dell'Unione Europea violi in questo modo ogni sorta di stato di diritto:

«se la Turchia vuole cominciare a rispettare i diritti umani - mi risponde - non deve farlo per "farsi bella" agli occhi dell'Europa: il cambiamento è necessario indipendentemente dall'adesione all'Ue, perché bisogna mettere fine alle violenze nelle carceri, alle ingiustizie sociali, alle sofferenze che infliggiamo agli armeni, ai curdi e ai ciprioti».

Ma in tutta sincerità, se penso alle peripezie di Avni nel nostro paese, mi sento fortunato fino a un certo punto rispetto a chi vive nell'avamposto occidentale in Medioriente: sarò retorico, ma questo ragazzo ha scontato sei anni nelle carceri di Rebibbia, Nuoro, Spoleto, Benevento, per poi finire nel Cie di Bari e tutto questo sembra non bastare, sembra che il suo conto con la giustizia non sia sanabile, in un paese in cui l'impunità dei potenti è spesso un dato di fatto. Per questo non posso fare a meno di confidare nel buon senso dei giudici del Tribunale di Bari.

«Tre anni fa la Turchia ha chiesto la mia estradizione - mi racconta Avni, spiegandomi come mai si trovi a Bari - ma il tribunale di Sassari ha sempre rigettato la richiesta; successivamente ho fatto richiesta di asilo politico e, scontata la pena, sono finito per 42 giorni nel Cie di Bari perché "in attesa di espulsione". Lo scorso 29 marzo la Commissione territoriale competente ha rigettato la mia richiesta di asilo ma fortunatamente il Tribunale di Bari ha disposto la revoca dell'espulsione e della permanenza nel Cie fino al 6 maggio e quindi ora mi trovo nel Cara in attesa della sentenza».

L'udienza di oggi potrebbe essere decisiva: tanta gente parteciperà al sit-in per Avni davanti al Tribunale Civile, sperando in un lieto fine, e continuando a manifestare quell'affetto che tanto è stato importante per lui in questi giorni: «vorrei ringraziare dal profondo del mio cuore tutti quelli che mi hanno dimostrato vicinanza nei momenti più bui con la loro solidarietà disinteressata - conclude Avni - vorrei poterli abbracciare tutti, sono davvero commosso. C'è una spada di damocle che pende su di me, ma non ho perso la speranza proprio perché tanta gente ha dimostrato di saper sentire sulle proprie guance ogni schiaffo inflitto a me e a tutte le persone che si trovano nella mia stessa condizione».

Forza Avni, noi siamo con te.