Ringrazio la compagna Roxszella per la mozione proposta.
Lungi dal denunciare l'eventualità del frazionismo temuto per una simile disamina, apprezzo la volontà materiale di comprendere e dirimere i nodi della contraddizione.
Compagni e compagne, figlie e figli della veloruzione proletaria, siamo ad una svolta. Questa fase storica ci impone una ferma consapevolezza della lotta di ciclasse. La crisi del capitale si manifesta anche trasversalmente al partito dei ciclisti, il PC e del suo modus operandi. Alcuni hanno giudicato facinorose le proposte di rinnovamento attraverso la rilettura dei valori fondanti del movimento centrale, stigmatizzando questa corrente e denominandola PCF. Noi leggiamo, d'altra parte, in modo nuovo un acronimo gravido di potenzialità conflittuali. Saremo pertanto il PCF: partito ciclista fancazzista, dissimulando dietro una presunta denominazione qualunquista la più dura lotta al sistema tecno-capitalistico. Sappiamo che moltissimi sono nostri sostenitori, milioni coloro che non vogliono fare un cazzo
Fin dagli anni settanta attenti osservatori del conflitto pedonale credevano che il post-fordismo fosse più di un superamento di veicoli: all'organizzazione fordista del traffico delle merci opponevamo il post-ford, nel duplice senso di passare oltre la ford, superandola a sinistra, e "non andare più in ford" rinunciando ad un nome-valore ed affiancando all'autorganizzazione la ciclo-organizzazione: un'ala dura di pedalatori subentrava ciclicamente al nucleo originale artefice della massa critica, articolando lo scontro fin nelle file della auto in coda. Ricordiamo i contributi del compagno Occhionero, che teorizzò la "transizione ciclopicnic", valido espediente tattico, rispondente peraltro ai bisogni strettamente materiali di una larga parte del gruppo delle grazielle.
Siamo ora di fronte ad una necessità primaria: riorganizzare, nel pieno della crisi del capitale postmoderno, la lotta rotabile al dominio autosaurico. La classe dei ciclisti è simbolo-chiave di tutte le classi: chiunque salga in sella, pedone, ex-autista o finanche reazionario al soldo delle multinazionali delle automobili, può disvelare un carattere rivoluzionario. Gioca, in questa partita epocale, un ruolo di primo piano la coscienza della massa critica. Sovvertendone il senso è possibile citare Bismarck: "non si può fare una omelette senza rompere qualche uovo". Non è più pensabile rovesciare il fritto misto sociale della padella mercantile-statale contemporanea guardando solo alla mobilità sostenibile: senza sacrificare i meno risoluti alla lotta, o verosimilmente le coscienze meno preparate allo scontro veicolare, non terremo fede alla lettura ortodossa dei padri fondatori del movimento centrale, Friedrich Pedal Engels e Vladimir Ulianovich CicLenin. Questo vorrà dire, ancora una volta, "pedalarne uno per attrarne cento".
E' questo un appello contro la reazione trendy-borghese. Un falso ambientalismo d'aperitivo sta corrodendo i cardini su cui impernia l'azione rivoluzionaria ecomarxiana. L'obiettivo non è dialogare con il potere, ma abbattere le precondizioni del flusso veicolare interrompendo il controllo delle coscienze che si fanno merci nella produzione materiale ed immateriale; impedire la gentrificazione della critical mass; solidarizzare con gli schiacciati che non possono pedalare con noi, i reclusi, quelli privi di una bicicletta; ricordare le strategie del dominio realizzato per mezzo di una urbanistica di classe-mercato; combattere per la libertà dal dogmatismo tecno-economico. La massa è critica in sè, non lo è ancora per sè. Possiamo guardare con invidia alle lusinghe del perbenismo borghese ma nessuna arma del sistema eguaglierà i mezzi della xerocrazia proletaria, del confronto dialettico semaforico e della ciclorganizzazione dell'azione di massa. Ciò che chiamiamo "Riformismo Dialogico Assessoriale" è una falsa scelta. "Tornare sul territorio", "Mai più senza pompa", "Fino all'ultimo pignone". Sapremo dove stiamo andando quando sapremo da dove veniamo e con quale marcia affrontiamo le salite.
Possa questo contributo raggiungere le menti ed i cuori di chi lotta contro ogni oppressione petrolifera.
Uno spettro s'aggira per le città: è lo spettro del ciclonudismo! Ciclisti di tutti gli incroci unitevi!