[NuovoLab] Ragazzi, se volete salvarvi non fate quella facci…

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著者: Carlo Ge
日付:  
To: Forumgenova
題目: [NuovoLab] Ragazzi, se volete salvarvi non fate quella faccia

Secolo xix

Ragazzi, se volete salvarvi non fate quella faccia
mauro barberis

Un aggiornamento per i quattro lettori che seguono il caso di Stefano Cucchi: il geometra romano trentunenne ammazzato in carcere a Roma, dopo essere stato arrestato e processato per direttissima per il possesso di venti grammi di marijuana. Non sono più indagati solo i carabinieri e le guardie carcerarie, per omicidio preterintenzionale, ma anche i medici che avrebbero dovuto curarlo, questi per omicidio colposo.
Stranamente, non risulta che i tanti difensori nostrani della vita e del crocifisso - quelli che volevano imporre l'idratazione forzata a Eluana Englaro, in stato vegetativo da diciassette anni - abbiano speso una sola parola per questo autentico Cristo in croce, che avrebbe potuto essere salvato, forse, semplicemente dandogli da bere.
Non so voi, ma dinanzi a tutto questo ho pensato immediatamente ai miei figli (io ne ho due) i quali, nella loro beata ignoranza, credono di vivere in un Paese civile, e pensano di poter andare in giro liberamente, senza prendere precauzioni. Evidentemente, non è così: per fare un solo esempio, il nostro Paese - forse come effetto dell'ormai lontano G8 genovese -è uno dei pochi che non ha mai recepito il reato di tortura, fregandosene delle convenzioni internazionali. Noi ci accontentiamo di molto meno: fingiamo di perseguire l'immigrazione clandestina benché, se lo facessimo davvero, le nostre carceri esploderebbero definitivamente; peggio ancora, autorizziamo le ronde, o meglio le autorizzeremmo se sin qui le richieste pervenute non fossero solo sei.
Comunque sia, come padre e come giurista, credo di dover rivolgere qualche consiglio ai nostri ragazzi: un po' per celia, e un po' per non morire. Primo consiglio, curare maggiormente l'aspetto fisico; smettetela di girare con i capelli lunghi e i vestiti stracciati: qualche naziskin annoiato potrebbe scambiarvi per clochard e metter subito mano alla tanica di benzina. In particolare, sforzarsi di non somigliare a immigrati: pare che Federico Aldrovandi - il diciottenne ferrarese ammazzato nel 2005 da quattro poliziotti, poi condannati in primo grado a tre anni e mezzo di carcere, senza scontare un giorno - avesse la colpa di somigliare a un albanese; lo stesso Cucchi forse sarebbe ancora vivo, se qualcuno si fosse preso la briga di accertare che lavorava e abitava con la famiglia.
L'ideale, dunque, sarebbe girare in giacca e cravatta, come un narcotrafficante colombiano; ma forse basta anche un look strafottente, alla Fabrizio Corona: tutto, purché non sembrare un povero cristo, l'unico soggetto davvero a rischio. Naturalmente, evitate di andare in giro con medicine o polverine, subito scambiate per stupefacenti; se poi uno ha malattie, come il povero Cucchi, e deve girare con farmaci salvavita, allora è meglio che se ne stia a casa.
In ogni caso, guai a uscire senza documenti o, peggio, con carte di identità munite di quelle foto-tessera da macchinetta che conferirebbero un aspetto patibolare anche a Don Bosco; oltretutto, in caso di decesso, i giornali pubblicano subito la fototessera, sicché il malcapitato si gioca anche qualsiasi possibilità di riabilitazione.
Ma soprattutto, benedetti ragazzi, mai uscire di casa senza il numero di telefono di un avvocato di fiducia o, meglio ancora, di un parlamentare amico: l'unico che abbia il diritto di venirvi a trovare in carcere se cadete dalle scale, un'eventualità che fuori è statisticamente inesistente, mentre in galera pare sia abbastanza comune.
Infine, se proprio va tutto storto, e vi beccano senza numeri di telefono o documenti, toglietevi dalla testa di fare gli eroi. Confessate subito tutto ciò che vi chiedono di ammettere, anzi dichiaratevi pentiti e disposti a collaborare; denunciate immediatamente i complici, anche se non li avete mai visti né conosciuti, purché siano abbastanza ricchi e potenti da fare colpo sugli inquirenti. Poi aspettate fiduciosi la scarcerazione: dopotutto, siamo o non siamo uno Stato di diritto?
Mauro Barberis è professore ordinario di filosofia del diritto all'Università di Trieste.


07/11/2009


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Carlo

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