[cm-Roma] La rabbia e la fatica

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Venerdì alle 1930 a via dei Fori Imperiali ci sarò anch’io. Saremo tanti, lo
so, a questa fiaccola per ricordare Eva e i tanti, tantissimi ciclisti che
ci guardano da lassù, per chi ci crede, e sorridono, mentre nuotiamo
controcorrente ogni giorno contro questo mondo che sempre più assomiglia a
un TAV, un direttissimo verso lo sfacelo.

Se sono le nostre scelte, il nostro coraggio, il nostro altruismo che ci
danno la dignità di persona, allora mi guardo attorno e vedo solo mostri,
non bestie per rispetto agli animali,ma mostri di egoismo, mostri di
pigrizia, mostri di ipocrisia, mostri che ogni giorno, con il loro lavoro
certosino, scelgono questo stato di cose e contribuiscono a renderlo più
simile a loro, una bestemmia senza nome.
Venerdì sarò alla fiaccolata con la mia bici affianco, pronta a portarla in
spalla fino in cima al Campidoglio e sollevarla in segno di visibile
protesta contro un’amministrazione che ci ignora e contro tutti quei
politicanti di destra e di sinistra che pensano davvero che il problema del
traffico a Roma si risolva allargando le sedi stradali o sventrando la città
con i parcheggi sotterranei.
Venerdì sarò alla fiaccolata con la copia della mia denuncia in mano, perché
un anno fa, proprio da quelle parti, dopo che un motociclista mi investì in
quella via enorme che è via di San Gregorio, mi denunciò pretendendo che gli
pagassi i danni. Gente senz’anima che, morta la controparte, sa che può
mentire con più disinvoltura.
Venerdì sarò alla fiaccolata portando la mia rabbia, perché probabilmente
quel tassista non si farà un giorno di galera, non gli verrà tolta la
patente e non perderà il lavoro. Avrà un po’ di rogne burocratiche e
chissenefrega, domani è un altro giorno.
Venerdì sarò alla fiaccolata con una copia del progetto delle future linee
metropolitane, una tangente illimitata per dissacrare i tesori della Roma
nascosta, senza nessuno che protesti per il modo demenziale e assurdo con
cui sono state progettate. Una costosissima stella laddove serviva un
cerchio, un raccordo tra periferia distanti. Forse il problema è che nessuno
si immagina di usarle quelle linee del futuro …
E poi la sanità a pezzi, quanta gente muore perché l’ospedale non è più
dietro l’angolo e anche se c’è, non ha un letto disponibile per tentare di
salvarti.
E poi le carceri piene di immigrati che muoiono senza far rumore …
E … L’elenco non ha fine. Se ci fosse una manifestazione per ognuno di
questi episodi, il mondo si fermerebbe, e forse sarebbe un bene, ma …
Io non ho intenzione di fermarmi, preferisco morire senza troppa sofferenza
in un giorno di primavera, piuttosto che lasciarmi consumare dalla morte
giorno dopo giorno, soffocando dentro un automobile, dietro una porta
blindata, davanti a un telegiornale che è un incubo inutile come la vita che
conduce questa gente che quando uccide non ha neanche più un cuore per
provare dolore.