[Sexyshock] Concerto di Sizzla a Bologna - Lettera aperta al…

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Author: nuovaeva
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To: sexyshock
Subject: [Sexyshock] Concerto di Sizzla a Bologna - Lettera aperta al Sottotetto, ai centri sociali e alla scena raggae italiana
Lettera aperta al Sottotetto, ai centri sociali e alla scena reggae italiana

“Da noi è un dibattito teorico, in Giamaica ci si gioca la vita"
Maria Carla Gullotta
Amnesty International Giamaica

Il 12 novembre 2009 torna in Italia Sizzla, star
del panorama reggae giamaicano, al Sottotetto di Bologna.

Sono almeno 5 anni che assistiamo e partecipiamo
al dibattito sui testi omofobici e sessisti di
alcuni pezzi reggae. Per chi ancora non lo
sapesse, e ci rivolgiamo soprattutto ai reggae
boyz italiani, probabilmente avremo spesso
ballato senza saperlo su liriche che urlano di
sparare ai gay o di picchiare chi pratica la
sodomia o il sesso orale. Buju Banton, Capleton,
Sizzla, Beenie Man, il movimento dei Bobo Dread e
in generale parte della musica che ruota intorno
alle dance-hall e al ragamuffin, hanno veicolato
a partire dagli anni ’90 messaggi di odio verso
gli omosessuali, le lesbiche e in generale verso
la libertà sessuale, che sarebbe, secondo loro,
una sorta di corruzione determinata dalla società
occidentale, al pari dell’inquinamento e del capitalismo.

Questa reazione alla libertà sessuale, più che
farci venire in mente i padri del reggae, il
rastafarianesimo e le positive vibrations, ci
sembra molto simile a quello che pensa Ratzinger,
insieme alla maggioranza del parlamento italiano
e a buona parte dei suoi cittadini, che vengono
ogni giorno imboccati dalla televisione e temono
qualsiasi cosa o persona presenti delle
differenze rispetto alla loro presunta normalità:
rumeni, musulmani, burqa, famiglie moderne e
allargate, droghe leggere o pesanti. E ovviamente
lesbiche, gay, trans, bi, tri o polisessuali, e
in generale chiunque cerchi di vivere fuori dai
modelli patriarcali di famiglia, mascolinità e femminilità.

Questo assalto volgare e violento alla nostra
libertà sessuale non può che farci pensare agli
immigrati deportati nei centri di detenzione,
alle leggi in difesa di tutti gli orientamenti
sessuali che non passano in parlamento, alle
prostitute trans inseguite e picchiate da
“normali” maschi romani e alle telecamere del tg1
alle loro spalle. Alla legge Fini sulle droghe,
alla legge Bossi-Fini sull’immigrazione e a
quelle in difesa esclusivamente del matrimonio
cattolico eterosessuale. Ci fa pensare al
razzismo, al fascismo, al sessismo, che sempre di
più si manifestano per quello che sono e cioè
come diverse facce di una stessa medaglia.

Cosa c’entra tutto questo con l’amore universale?
Il reggae in passato è stato principalmente
veicolo di messaggi di liberazione dal razzismo e
dal proibizionismo, di rispetto e di amore verso
tutto l’esistente, e in questo è riuscito a fare
breccia in tutto il mondo e ha dato voce alla
cultura giamaicana. Forse qualcuno è escluso
dalla “sana ed olistica esistenza nel mondo” che
a parole Sizzla afferma? Che strano tipo di
olismo e di amore universale ha in mente!

Noi pensiamo che ogni cultura e ogni società
debbano innanzitutto fare i conti con se stesse.
La Giamaica negli ultimi anni è stata
attraversata da molti problemi, non da ultimo le
violenze dei ghetti che coinvolgono polizia,
ragazzi di strada, gangster sanguinari e in
generale il suo tessuto sociale. Spesso i
bersagli di questa violenza sono state le donne, i bambini, gli omosessuali.
Una parte del reggae, in particolare gli autori
citati ma non solo, si è prestata a veicolare
questa cultura di violenza, facendosi forte del
fatto che la cultura reggae e quella giamaicana
non hanno ancora sviluppato gli anticorpi verso le intolleranze sessuali.
Ma probabilmente questi anticorpi stanno nascendo
ora: anche il governo giamaicano ha preso le
distanze dalle liriche omofobiche, e ad esempio
il grande poeta-cantante dub Linton Kwesi
Johnson, per citarne uno, ha descritto questi
cantanti come “qualche cretino che accarezza nel
senso del pelo i bassi istinti del pubblico”.

Secondo noi il problema è un altro. Il problema è
capire perché un locale come il Sottotetto e
tanti altri e altre in Italia, così come molti
ragazzi e ragazze che frequentano gli spazi
sociali, e tante altre persone che noi riteniamo
nostri “vicini”, non abbiano voglia o interesse a
prendere le distanze definitivamente dal sessismo
e dall’omofobia. Forse il Sottotetto e i suoi
clienti sotto sotto pensano davvero che
l’omosessualità sia innaturale, oppure che l’uomo
sia superiore alla donna e che risolvere le
discussioni con la forza sia un virile punto
d’onore? Anche noi siamo clienti del Sottotetto e
più volte ce lo siamo chiesto.
I locali e gli organizzatori dei concerti si
trincerano dietro dichiarazioni di facciata come
il REGGAE COMPASSIONATE ACT, una velleitaria
paginetta scritta nel 2007, in cui Sizzla,
Capleton e Beenie Man si impegnano a “non
offendere nessuno” e a non cantare più i testi
contro i gay, come se fosse una specie di
confessione che ti libera dai peccati. E
ovviamente i peccati li puoi rifare, e ti puoi
confessare di nuovo, tant’è vero che qualche
giorno dopo lo stesso Sizzla si prendeva gioco di
questo documento risuonando quelle canzoni in
Germania e in Italia e lasciando cantare le frasi
incriminate ai suoi fan (italiani, che
probabilmente non conoscevano neanche il significato di quello che cantavano).

Ci chiediamo, preoccupate e preoccupati, se i
virus dell’intolleranza religiosa, del machismo
patriarcale, del sessismo misogino e della paura
delle differenze non siano tornati tra di noi,
magari inconsapevolmente. Ci rifiutiamo di
credere che i gestori del Sottotetto senza Sizzla
o Capleton non possano andare avanti
economicamente: ci viene da pensare più che altro
che non abbiano voglia di fare altri conti. Personali, non economici.

Noi chiediamo al Sottotetto, alle e agli amanti
del reggae, ai centri sociali italiani, di
decidere di fare i conti con la libertà sessuale
di ognuna e ognuno di noi. E per questo chiediamo
di rinunciare al concerto di Sizzla.

Vorremmo evitare di ricorrere ancora una volta al
boicottaggio, facendo finta che il nostro
problema sia un cantante del Centro America e non
la cultura intollerante che abbiamo ancora dentro
noi italiani, bianchi, occidentali.

Bologna, 29 ottobre 2009

Laboratorio Smaschieramenti
Collettivo Figliefemmine
Antagonismogay
Collettivo Clitoristrix femministe e lesbiche
Facciamo Breccia
Fuoricampo Lesbian Group
MIT - Movimento identità transessuale – Bologna
Associazione Comunicattive
QueeRing - Frangette Estreme

per info, contatti, critiche, suggerimenti: infosmaschieramenti@???