[Forumlucca] FW: intervista ad agnese borsellino:"nella guer…

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Autor: laura picchi
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A: forumlucca
Assumpte: [Forumlucca] FW: intervista ad agnese borsellino:"nella guerra tra stato e antistato ha vinto la ragion di stato"(la storia di tutti noi)



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Subject: intervista ad agnese borsellino:"nella guerra tra stato e antistato ha vinto la ragion di stato"(la storia di tutti noi)
Date: Sun, 11 Oct 2009 14:17:44 +0200








''Senza la verita' non sara' mai un Paese libero''                                    

                            
                
                    
            
                            
                    
                        
                
                            
                
                    
            
                        
            
            
        
                
            
                




di Sandra Amurri - 11 ottobre 2009

Agnese Borsellino, vedova di Paolo, oggi assomiglia ad un’isola privata
del suo mare che non ha perduto la speranza che le onde tornino a
bagnarla.













Parla di “Verità nascoste”, la puntata di Annozero. Delinea con la sua consueta signorilità il ritratto di chi ha perduto
definitivamente la memoria e di chi la memoria la sta riconquistando
pian piano. “Santoro e Ruotolo hanno fatto quello che i magistrati non
sono riusciti a fare per 17 anni - dice - sulla bilancia sono stati
messi i fatti e la bilancia ha smesso di pendere. Fatti che raccontano
una storia molto pericolosa ancora da scrivere che sono stati
affrontati con grande rigore etico. Credo che ora ognuno di noi abbia
maggiori strumenti per accrescere la propria coscienza civica. Giovedì,
a dimostrazione di quanto bisogno vi sia di un’informazione libera
capace di spezzare la catena che protegge il muro di silenzio, sono
saltati alcuni anelli”.



Per questo Liofredi, direttore di Raidue, voleva che quelle “Verità” restassero “nascoste”?

Ne sono rimasta colpita ma non meravigliata. Tuttavia preferisco non
fare commenti e lasciare a chi legge e ascolta di trarre le
considerazioni che vanno tratte.




Alcune memorie continuano a ad essere fuori uso. Altre, lentamente, iniziano a funzionare. Perché?

Perché i tempi sono cambiati. Forse ci si sente meno soli, nel senso
di isolati, anche grazie al ruolo dell’informazione, almeno di una
certa informazione onesta. Le parole smuovono le coscienze, agitano gli
animi. Oggi la magistratura indaga in quella direzione. C’è una
coscienza collettiva che sta prendendo consapevolezza e ricordare
diventa più facile . Talvolta in questo Paese gli uomini tacciono
perché la loro vita scorre ancora tutta dentro le maglie di un potere
senza il quale sarebbero nudi. Le loro coscienze sono troppo, troppo
pesanti. E per volare nel cielo limpido della legalità bisogna essere
leggeri dentro. Provo una certa tenerezza, sa, per loro. Mi appaiono
bambini che balbettano parole appena imparate e muovono incerti i primi
passi. Solo che, a differenza dei bambini, hanno perduto il piacere
della scoperta, la freschezza della curiosità, il gusto di vivere in un
Paese pulito”



Si è mai trovata faccia a faccia con qualche “smemorato”?

Sì. E’ accaduto. Hanno farfugliato qualche parola di giustificazione
non richiesta che ho lasciato cadere. A cosa serve dire loro ciò che
già sanno? Il coraggio della verità, se lo si vuole, lo si può conquistare nel tempo, ma non lo si può inventare lì per lì.



C’è da dire che all’ombra degli eroi antimafia sono fiorite brillanti carriere.

Non voglio sentir parlare di mafia e antimafia. Chiacchiere da tempo
perso. Tutte vittime, tutti eroi, come se fossimo accomunati dalla
stessa storia. Non è così. Io non mi sento una vittima della mafia, non
sono una vedova di mafia ma piuttosto una vedova di guerra. Sono una
donna che ha perduto suo marito in guerra. Dunque, se mio marito è un
eroe, è un eroe di guerra, perché quella che si è consumata è una
guerra tra Antistato e Stato in cui ha vinto la ragion di Stato e…




E?

E ragioni, interessi diversi. Mio marito ha continuato a lavorare di
fronte ad una morte annunciata che lo rincorreva come una persona
colpita dal cancro che sa di avere ancora poco tempo a disposizione. La
morte non l’ha sorpreso eppure non è fuggito. Ricordo bene quando disse
in tv che il tritolo per lui era già arrivato.



Diversamente da Di Pietro, avvisato e mandato all’estero, a suo marito nessuno disse nulla.

Lui lo aveva appreso dalle indagini che stava conducendo. Ripeto: lo
disse in tv. Ma non accadde nulla. Ha combattuto con il valore della
sola arma che possedeva: il senso dello Stato, di cui si sentiva un
umile servitore. Un soldato che in quel momento si stava sacrificando
sopra ogni forza per restituire giustizia alla morte del suo compagno
di battaglia, Giovanni Falcone. Ne è seguito un attacco preventivo.
Ucciderlo voleva dire eliminare un ostacolo che impediva il
raggiungimento del fine.



Una guerra terminata con la strage di via D’Amelio?

No. Non è finita. Si è trasformata in guerra fredda che finirà quando
sarà scritta la verità. Come può esserci pace in un Paese popolato
ancora da ricattatori e ricattati? La mia fiducia è tutta dentro quel
viso pulito, fiero di Cecilia, la ragazza di 14 anni intervenuta ad Annozero.
Sapere
che la morte di Paolo ha un senso anche per chi non era ancora nato è
una gioia immensa che spero possa provare presto anche chi ancora tace.



“Vi chiedo in ginocchio di parlare” ha scritto nella lettera inviata ad Annozero. Un appello disperato.

Vi prego di non dimenticare che non si è mai lontani abbastanza dalla
verità per poterla trovare. Vuol dire che non c’è più tempo per
fuggire e forza per resistere: è giunto il tempo della verità.




Come riesce a gestire quel conflitto tra emotività e ragione?

Con l’aiuto della fede, la sola capace di quietare il dolore, facendo
prevalere la logica per non smarrire la lucidità dell’analisi. Paolo
non mi ha mai detto nulla e non ha lasciato documenti in casa
volutamente per evitare di metterci in pericolo. Ma Paolo era mio
marito, lo conoscevo bene, ci conoscevamo bene. Sapevo interpretare i
suoi silenzi, i suoi umori, cogliere quella sua irrefrenabile voglia di
vivere con una sola preoccupazione: fare la differenza. Lo ripeteva
spesso, i miei figli sono intrisi delle sue parole: non è il ruolo che
fa grandi gli uomini, è la grandezza degli uomini che fa grande il
ruolo. Ho rimesso assieme frammenti di ricordi: parole ascoltate da una
telefonata, sguardi rubati tra porte socchiuse, silenzi improvvisi e
immotivati, gioie spezzate dall’angoscia”.



L’eredità di Paolo Borsellino è una scuola di pazienza, come lo è il
mare che insegna a mostrare mani che si sporcano su cui puoi contare,
gesti che dicono da che parte sta il tuo cuore, respiri che regalano la
sapienza del riconoscere l’anima di chi si incontra al di là delle
vesti che indossa e le maschere che calza per essere altro da sé o per
paura di non sapere volare.



Tratto da: il Fatto Quotidiano

                      
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