[NuovoLab] Il parco dell'Acquasola ovvero: dove sta il dirit…

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Szerző: brunoa01
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Tárgy: [NuovoLab] Il parco dell'Acquasola ovvero: dove sta il diritto
secolo xix

Il parco dell'Acquasola ovvero: dove sta il diritto
michele marchesiello
Alcune storie dipingono Genova in modo impareggiabile, rendendo superflua qualunque analisi sociologica. L'Ami, le strisce gialle, il Nuovo Lido, la gronda , l'Acquasola e - come si dice - chi più ne ha più ne metta.
Sono storie che presentano alcune costanti: tutte con una vocazione alla durata, al tormentone, al botta e risposta tra i protagonisti (quasi sempre gli stessi ), all'immancabile corollario giudiziario, che le ricopre di un misterioso, fantasmagorico spolverio di leggi, codici, procedure. Tutte mettono in chiaro il disagio della città e dei suoi abitanti, continuamente sollecitati ad eccitarsi per tornare poi ai soliti mugugni. La terapia è sempre quella: provocare ondate di indignazione e sfruttare la depressione che segue immancabile, per lasciare ogni cosa come prima, se non peggio.
La vicenda dell'Acquasola è? tra le tante - esemplare.
I genovesi, riconosciamolo, sono rimasti per anni indifferenti alla sorte del loro storico parco (come chiunque abbia avuto dei figli piccoli, ha potuto constatare: l'Acquasola era diventata a un certo punto il luogo abituale di ritrovo di barboni e sbandati di ogni genere, andando incontro alla stessa sorte della povera Villetta di Negro, nella quale nessuno osa più inoltrarsi, nonostante la prestigiosa meta del museo Chiossone). Deserto il laghetto delle anatre, espropriato il campo sportivo da squadrette di teppisti, riservato un viale alle cacche dei cani, ci erano rimasti l'impavido baretto, la vecchia giostra con i carri armati e le astronavi , il noleggiatore di tricicli e bici scassate .
All'ombra di questa indifferenza e di questo manifesto squallore è nato a suo tempo il disegno contro il quale oggi si levano le proteste delle organizzazioni guidate dal provvidenziale Andrea Agostini. Quel disegno non era - sospetto - il frutto di perversi speculatori indifferenti più del solito al bene comune, ma la conseguenza naturale di un degrado al quale la città aveva assistito indifferente.
Virtù della speculazione! Là dove appare il suo fantasma, ecco ridestarsi dal torpore i sentimenti collettivi del decoro, del rispetto del patrimonio storico-artistico, della tutela ambientale. Oggi, di fronte al pericolo (quasi una certezza) di vedersi privati della possibilità di mettere a tacere la propria cattiva coscienza , i genovesi insorgono. Ma lo fanno - come è loro tradizione - con l'intima convinzione che la loro protesta non servirà a nulla e tutto andrà come doveva andare.
Ora, si tratta di smentire questa convinzione e condurre la storia (come le tante altre che ci vedono involontari , ma un po' masochistici protagonisti ) a una conclusione positiva, invece di lasciarla marcire sino a quando tutti , ad eccezione forse di Andrea Agostini, si saranno stufati di questo infinito stop and go di eccitazione e delusione.
Occorre lasciare da parte recriminazioni, alibi, speculazioni e ambizioni, tenendosi fermi a un punto certo: oggi i genovesi, la stragrande maggioranza di loro, vogliono tenersi l'Acquasola, non come è, ma come la ricordano o la immaginano. Non come l'hanno lasciata per decenni, ma come oggi essi stessi pretendono che il parco debba tornare a essere. Salvare l'Acquasola è una parola d'ordine che non significa niente se non comporta questo impegno, degli amministratori, certo, ma anche - soprattutto - di noi cittadini.
All'impegno dei genovesi, deve rispondere quello degli amministratori, i quali non possono continuare a nascondersi dietro lo spauracchio delle penali , rivolgendosi a Roma perché tolga loro le castagne dal fuoco (cosa che, se non vediamo male, difficilmente "quella" Roma accetterà di fare).
Deve esistere una exit strategy per una questione che sembra rivoltarsi su se stessa. Anzi, ne esiste più d'una.
La via amministrativa sta dispiegando tutto il proprio gusto barocco e perverso per l'artificio e il senso esasperato delle forme, indifferenti alla durata ma - alla fine - anche all'interesse pubblico. In che misura un vizio (eventuale) di nascita, o il sopravvenire di un mutamento significativo e imprevedibile, possono influire sulla vita di un rapporto giuridico? Questione irrisolta e forse irrisolvibile una volta per tutte.
La via del risarcimento è forse meno impervia, ma rischiosa per le finanze di un Comune che su quel fronte è sempre sull'orlo di una Caporetto.
La vera forza del Comune, in questo caso, è costituita dal poter contare ormai su un chiaro orientamento della cittadinanza, espresso da importanti gruppi di opinione e dai loro determinati, combattivi esponenti. Per una volta - fatto estremamente "non-genovese" - non sembra esserci divisione tra gli interessati. La controparte è consapevole di questa situazione, che la vede in una posizione di forza solo apparente. C'è da chiedersi - infatti - quanto potrà costare, per la concessionaria, fare valere con la sola forza legale di un atto una posizione che così clamorosamente contrasta con la coscienza e l'interesse collettivi, maturati a favore del verde e dell'ambiente.
Non si tratta di opporre il diritto al torto, ma di contrapporre due diritti dal peso diverso, non più compatibili tra loro: quello privato e quello pubblico. Il tempo e il cambiare dei valori in gioco alterano inesorabilmente l'equilibrio tra i due interessi. Quello "fotografato" da un contratto, dopo qualche anno può non corrispondere più alla situazione reale. E di questo anche il diritto ha imparato a tener conto.
La terza exit strategy , a questo punto, è quella della negoziazione, paziente e dura, ma leale , tra le parti. Il confronto degli interessi in gioco può e deve portare a una soluzione che, riconoscendo il sopravvenire e il prevalere di un interesse collettivo, trovi giuste forme di compensazione e soddisfazione per gli interessi privati che devono piegarvisi: in nome del diritto e non contro di esso. Anche la Legge, a volte, sa essere giusta.
Solo così, forse, potremo tornare ad accompagnare all'Acquasola i nostri figli. O i figli dei nostri figli.
michele marchesiello è magistrato.

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