METALMECCANICI Controproposta Fiom per fare fronte alla crisi. Imprese, Fim e Uilm dicono «no»
Verso il contratto separato
Nuovo round il 17. Le tute blu annunciano «adeguate iniziative di lotta»
Francesco Piccioni ROMA
ROMA
La trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici comincia con un sorpresa che spiazza un po' tutti. Ci si attendeva una partenza incentrata sulla differenza tra le due piattafforme sindacali presentate: una, firmata da Fim e Uilm, che disdetta il contratto in vigore e si articola sui tre anni, come previsto dall'accordo di gennaio sulla cosiddetta «riforma del modello contrattuale», con la richiesta di soli 113 euro mensili (nell'arco di 36 mesi, appunto); l'altra, presentata dalla Fiom-Cgil, che tien fermi gli accordi vigenti e quindi prevede il rinnovo del solo biennio economico, con una richiesta di aumento salariale pari a 130 euro mensili. Un rinnovo decisivo, perché i metalmeccanici sono la più numerosa categoria industriale in Italia; e quindi fanno da modello di riferimento per tutte le altre.
La prima ora sembrava confermare le attese, con il direttore generale di Federmeccanica, Roberto Santarelli, che dichiarava «non negoziabile» la piattaforma Fiom. Le previsioni a quel punto sono saltate. Chi si aspettava che la «delegazione trattante» si alzasse dal tavolo (lasciando libera la strada a un veloce accordo separato» tra imprese e sindacati) è rimasto davvero sorpreso nel veder presentare, dal segretario generale Fiom, Gianni Rinaldini, una nuova proposta. Molto asciutta, come si conviene in tempi di grave crisi economica e in presenza di scenari che non consentono a nessuno di giocare con i sottili distinguo. In primo luogo si chiede di «sospendere l'applicazione di regole definite dall'accordo separato», rinviando la definizione di nuove regole condivise alla fine naturale del contratto in essere (ossia al 2011). Soprattutto, si propone «l'apertura immediata di un confronto per il blocco dei licenziamenti», in modo da scongiurare l'annunciato (per novembre) esodo in massa di lavoratori dalle fabbriche per esaurimento della cig.
Sul piano salariale, il terzo punto prevede la «richiesta congiunta al governo per l'estensione degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori». Azione sperabilmente comune che ritorna all'ultimo punto, dove la «soluzione transitoria di accordo economico» - ovvero gli aumenti salariali - dovrebbe «tener conto di tutte le piattaforme presentate», in modo da chiedere insieme al governo la «defiscalizzazione degli aumenti». Va ricordato che attualmente il prelievo fiscale sugli aumenti si aggira intorno al 42%, mentre così scenderebbe al 10, dando un po' più di fiato ai salari senza penalizzare le imprese.
Federmeccanica lì per lì ha reagito definendo questa proposta «un fatto nuovo» (con i giornalisti, poi, l'ha ridotto a «un foglietto con quattro slogan»), cui avrebbe dato risposta tra qualche giorno dopo una consultazione degli organi associativi. Poi però proseguiva con l'esame punto per punto della sola piattaforma di Fim-Uilm. La Fiom ben presto si alzava lasciando come «osservatore» un membro della segreteria, Maurizio Landini. Dopo qualche minuto anche il direttore Santarelli prendeva atto dell'inutilità di quell'esame e la trattativa veniva sospesa, aggiornandola al 17. La Fiom, intanto, riunirà lunedì 14 il proprio Comitato centrale per «decidere adeguate iniziative di lotta». Secondo Guglielmo Epifani il fatto che si tratti solo con Fim e Uilm «è un segnale molto preoccupante; non si sono colte le aperture della Fiom e temo che questo avrà delle conseguenze».
L'intenzione delle imprese di arrivare a un accordo separato è abbastanza evidente. Ma lo è altrettanto la forza del radicamento Fiom nelle fabbriche, nonché la serietà e popolarità di una proposta che fa del blocco dei licenziamenti il punto centrale di confronto in una fase della crisi in cui molti giurano che «è finita», ma preconizzano un imminente bagno di sangue per l'occupazione. Lo dimostra anche la reazione stizzita di Fim e Uilm, che hanno giudicato la proposta Fiom «tardiva» o «estranea al rinnovo del contratto». Come se questo non riguardasse la vita, il posto e il salario dei lavoratori, ma solo il protagonismo negoziale di qualche burocrazia separata.
COMMENTO
Luoghi comuni e nemici comuni
Loris Campetti
Da un lato il ragionevole Epifani che incontra Marcegaglia, alla ricerca di una strada per affrontare i guasti della crisi e, al tempo stesso, tirare fuori la Cgil dall'isolamento seguito alla stagione degli accordi separati. Dall'altro l'estremista Rinaldini che detesta il sindacato collaborativo e passa il tempo a mettere bulloni tra gli ingranaggi del tandem. E' il luogo comune più diffuso, che oggi qualche commentatore riproporrà, dopo la quasi rottura delle trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
E' un modo, questo, per stereotipare due dirigenti sindacali e due pratiche certo diverse, ma non riassumilibili dentro il luogo comune. Il luogo comune, però, è fondamentale per cancellare i contenuti del confronto e dello scontro tra le parti sociali. Non è vero che la Fiom ha rotto l'unità, determinando così la presentazione di due piattaforme contrattuali diverse alla Confindustria. E' vero, al contrario, che Fim e Uilm hanno stracciato con il contratto siglato unitariamente due anni fa, anche la volontà della stragrande maggioranza delle tute blu che avevano approvato un accordo della durata di quattro anni. Hanno stracciato contratto e democrazia per imporre il nuovo sistema di regole deciso senza e contro la Cgil. La Fiom ha proposto una via d'uscita ragionevole: rimandiamo alla scadenza naturale il rinnovo del contratto e concentriamoci, sindacati e Confindustria, sulla drammatica situazione determinata dalla crisi e dalla sua sciagurata gestione. Ragioniamo sugli aumenti salariali, sul blocco dei licenziamenti e sull'estensione degli ammortizzatori sociali a tutti.
Prima ancora di Confindustria, Fim e Uilm hanno gridato niet e tutti e tre hanno iniziato il confronto per arrivare all'ennesimo accordo separato contro la Fiom e i loro stessi iscritti. Epifani, così come Rinaldini, hanno denunciato la gravità di questa scelta. Fino a prova contraria, e per ora, la rottura non è tra Cgil e Fiom ma tra l'intera Cgil e la Confindustria. O no?
Ugo Beiso
Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal