*SPAM* Addio a Oscar Marchisio, da oggi sarà più difficile c…

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Author: brunoa01
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Subject: *SPAM* Addio a Oscar Marchisio, da oggi sarà più difficile capire la realtà che cambia
Morto d'improvviso a 59 anni, per un malore, il sociologo, grande esperto di auto e nuove tecnologie


Valerio Venturi
Sanremo

Il suo blog si intitolava "il provinciale". Ironia della sorte, Oscar Marchisio provinciale non lo era per niente. Sociologo, ricercatore e fondatore della casa editrice "Socialmente", Oscar è morto ieri a 59 anni, alle prime ore della notte a causa di un malore.
Era nato a Genova nel 1950 e viveva tra la Cina, dove lavorava, Bologna e la Liguria.
Collaborava con diversi media nazionali - tra gli altri "Liberazione", facendo i salti mortali per venire incontro alle richieste della redazione, spesso tra un aereo e l'altro, e con pezzi sempre straordinariamente brillanti - e prestigiosie aziende, nonché con la Cgil.
Ma Oscar Marchisio era un mondo.
Oltre che professore universitario, grande appassionato di tecniche di produzione e di nuove tecnologie, era diventato editore - «un fabbricatore di libri», come amava definirsi - pubblicando decine di titoli sui temi dell'organizzazione del lavoro, la Cina, le nuove professioni, l'urbanistica, l'inchiesta sociale. Ultimamente aveva riscoperto il valore del "giardino", della natura, madre capace di farci capire l'essenziale. E' mancato nella piccola cittadina ligure di Carpasio. Entroterra, zona di ulivi e Resistenza.
Un posto caro, il luogo dove tornare dopo il continuo e desiderato girovagare per il mondo.
Una vita all'insegna del fare; all'insegna dell'impegno, dell'apertura mentale, della ricerca - professorale ed individuale.
Non stupisce che siano tante le persone che piangono la sua scomparsa.
Cesare Melloni, attuale segretario della Camera del lavoro di Bologna, parla di una «perdita inaspettata e rilevante; Oscar dimostrò il suo valore non solo nelle riflessioni, ma anche nei gesti. Ha diviso la sua vita tra la Liguria, Bologna e il resto del mondo. Penso a quando assieme ad altri, ha aperto una pizzeria a Pechino per dimostrare, anche, che la dimensione globale, l'irrompere della Cina, non andava guardata solo con timore ma anche come a un'opportunità». Manifestazioni di vicinanza sono arrivate anche dal presidente del Consiglio comunale di Bologna, Maurizio Cevenini, e dal Partito democratico sempre di Bologna, che ha definito il sociologo come «una figura importante della sinistra bolognese».
In Liguria, terra che Marchisio aveva scelto come "campo base", lo ricorda con grande affetto - tra gli altri - Claudio Porchia, che conobbe il professore quando era segretario provinciale della Cgil e ne fa un ricordo sentito: «Abbiamo continuato a collaborare, ci sentivamo quotidianamente. La persona era eclettica: poteva passare da Milano parlando del 2015 come consulente di una grande ditta e poi entrare al Leoncavallo per parlare di marxismo. Un vulcano di idee che sapeva passare da contesti diversi - era geniale per questo aspetto». Docente all'università di Pisa e Urbino, aveva preso della terra a Carpasio per sperimentare la coltivazione degli ulivi come si faceva una volta: un tentativo di ripristinare gli usi del territorio, i gusti originari. «La riflessione intorno al "giardino" era diventata la ricerca più importante per lui, negli ultimi tempi. Pensava che la sfida dell'uomo, la sfida dell'umanità fosse nel giardino, perché nel giardino le contraddizioni del capitalismo sarebbero esplose», spiega ancora Claudio Porchia. «Per questo era partito da Sanremo, seguendo sostanzialmente la cartina del Capitale, per arrivare a Genova, Bologna, Cina, per poi tornare a ragionare sul piccolo, a Carpasio. Sembra quasi un segno del destino che sia mancato nell'Entroterra ligure».
La scommessa è adesso quella di superare lo sconforto, e di riuscire a portare avanti le numerosissime attività che Oscar animava senza sosta. La riflessione sulla riscoperta del territorio, della natura, condivisa con Libereso Guglielmi - giardiniere di Calvino -, l'amore per l'attività editoriale (l'editrice Socialmente era per lui una «rete squilibrata che nel mare delle lingue raccoglie testi e fabbrica libri»). Più difficile trovare qualcuno in grado di proseguire la sua vasta attività di consulenza, e la sua insostituibile "esplorazione" della Cina.
Per dare a chi non l'ha conosciuto un'idea di chi fosse Marchisio, di come concepisse il lavoro e la ricerca culturale, prendiamo in prestito poche parole presenti sul sito della sua "fabbrica di libri". Spiegava: «il libro è un prodotto, articolato e complesso che viene realizzato grazie ad un sistema di competenze, professionalità e creatività collettività. L'editore è quindi un "network imperfetto" che dalle proprie lacune e deficienze trae alimento per digerire i testi, confonderli e metabolizzarli. A volte diventano libri. Ma non è solo questo perché il libro per esistere veramente deve essere letto, se no rimane un libro-aborto. Per essere letto, ci vogliono i lettori, categoria centrale nella fabbricazione completa del libro e per avere i lettori ci vogliono i librai. (…) Un esercizio funambolico al limite della cabala e dei misteri eleusini. Un vero prestigiatore prestato alla politica per cui la produzione completa del libro precede le lingue e da queste ne è prodotto. La genetica di questa spirale è la socialità la cui dimensione storica richiede racconto e di qua all'infinito».
Oscar non c'è più. Ci mancheranno la sua genialità, la sua vivacità, la sua umana ricchezza.


08/08/2009
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Voleva cambiare
la sua vita:
una morte
troppo ingiusta

Ci sono delle morti dolorose ma accettabili. Altre no. Quella di Oscar ci fa bestemmiare. Non solo perché Oscar era un uomo nel pieno degli anni, con tanto da vivere ancora davanti, con sua moglie, i suoi figli, i suoi amici. Non solo perché ha sempre frequentato padroni rimanendo comunista e - un anno fa - dopo il brutale congresso di Chianciano, mi aveva telefonato per dirmi: «Guarda che io ci sono».
Non solo perché quando ci siamo visti pochi giorni fa abbiamo verificato il lavoro fatto e progettato un mucchio di cose da fare nell'autunno.
Non solo perché Oscar faceva parte di una specie assai limitata nel numero, quella dei "comunisti geniali e creativi".
Mi fa rabbia soprattutto perché Oscar stava pensando di modificare la sua vita.
Pochi giorni fa mi aveva detto di aver deciso di smettere di fare il manager e di provare a sperimentare sul serio nella politica tutte le idee maturate in questi anni.
Mi aveva detto: «Per gli anni che il mio apparato biologico continua a vivere voglio provare a costruire insieme agli altri le cose che ho pensato. Voglio socializzare il sapere che ho acquisito».
Scherzando ma non troppo mi aveva proposto di fare un libro di ricette «la forma più diffusa e conosciuta di sapere sociale sottratto al privato». Quell'"apparato biologico", che Oscar in questi anni aveva piuttosto strapazzato, lo ha fregato, ci ha fregato.
Ha impedito a Oscar di dar corso a questa sua scelta di modificare la sua vita, di ripartire dal territorio, lui che aveva girato il mondo come una trottola per tanti anni. Per questo la morte di Oscar ci fa bestemmiare.
Perché è troppo ingiusta.

Paolo Ferrero
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Oscar Marchisio era appassionato della Cina e
della sfida che essa rappresenta per l’economia
mondiale. Ripubblichiamo un articolo sul tema,
apparso su Liberazione del 21 gennaio 2007.
Oscar Marchisio

Lo squilibrio fra i vari territori in Cina non
è un elemento di debolezza ma, al contrario, è il dispositivo centrale che ha garantito e governato la macchina economica e quella sociale, determinato la geografia dell’emigrazione interna e di quella cinese verso
il mondo, di fatto essendo questo lo squilibrio che agevola il funzionamento attivo del mercato del lavoro cinese come
esercito salariale di riserva “mondiale”. Viene
a delinearsi il doppio ruolo che lo sviluppo del capitalismo in Cina ha determinato, determina e determinerà sempre di più nelle fasi sociali, ecologiche e sanitarie sia
verso il sistema interno sia verso quello mondiale.
Il processo quindi è la configurazione di una doppia dinamica che vede contestualmente la creazione degli squilibri regionali
(costa/interno) funzionali alla crescita economica
e funzionali alla determinazione di
quei “salti della corrente” che creano il flusso
di scorrimento e i bacini di controllo dell’esercito
salariale di riserva, la vera e strategica
riserva di valore dell’economia cinese.
Parliamo infatti di una crescita ufficiale della
popolazione urbana da 191 milioni nel
1980 a 458 milioni nel 2000, dal 19% al
36% della popolazione, ma le statistiche
non includono i migranti che risiedono in
città solo “saltuariamente” e i migranti illegali
che formano un sistema sociale che viene
valutato intorno ai 100 120 milioni.
Questa massa mobile è la vera ricchezza
della Cina perché determina il volano sui
salari e la flessibilità del mercato del lavoro,
andando a flessibilizzare quell’enorme
massa di popolazione attiva dedicata all’industria.
Abbiamo come attivi nell’industria
e nell’edilizia nel 2001 più di 160 milioni
di occupati, numero che oltrepassa tutti i
lavoratori dell’Ocse (131 milioni) e quello
di numerosi paesi in via di sviluppo, come
Indonesia 13 milioni, 9 milioni Brasile, 25
in India ma l’interessante è non il dato
quantitativo ma il rapporto fra questa enorme
base di forza lavoro e il suo sistema flessibile
di controllo, i migranti interni come
esercito salariale di riserva mobile.
Interessante notare come la geopolitica interna
determinata dallo sviluppo, anzi, dal
movimento capitalistico della Cina è funzionale
sia alla fase interna sia alla richiesta
mondiale dell’esercito salariale di riserva,
ma l’effetto mondiale non è ristretto solo
al mercato del lavoro, riguarda anche
il sistema della sicureza sanitaria e
pensionistica, in altre parole incide
sul welfare mondiale.
Proprio questa combinazione fra sviluppo
del capitalismo a tasso ultrarapido e zero
welfare hanno generato il “brodo di coltura”
per i vari virus come l’H5N1 (responsabile
della forma più aggressiva di influenza
aviaria) e altri che stanno modificando il
concetto di globalizzazione. Cioè si sta applicando
correttamente da parte dei virus
la funzione di “hub”, come ad esempio
Hong Kong. Il virus trova il “brodo di coltura”
nei contesti più sviluppati del Guangdong
dove l’interazione uomo-animaleindustria
è al massimo e poi utilizza le vie
di fuga tramite Honk Kong ben collegata
con il resto del mondo. La geografia della
diffusione dei virus conferma la nuova geografia
del processo di valorizzazione capitalistico
e la sua espansione in Cina senza i
vincoli del welfare.
Questo processo rende evidente come lo
sviluppo e più precisamente il movimento
del capitale in Cina è espressione della massima
velocità e della più rapida penetrazione.
Questa macchina sociale sussume uomini,
animali e ecoambiente con una tale
profonda e rapida dinamica che trasforma
clima e territorio producendo danni e lacerazioni
con costi sociali difficilmente calcolabili.
La novità sta nella sua potenziale
“esportabilità”.
Il processo interessante è che tale dinamica
produce danni al territorio non solo localmente,
anzi con “perversa” azione globale
si diffonde a livello mondiale seguendo gli
stessi sistemi di relazione dell’esportazione.
Come se ci fosse quasi una nemesi verso
quel mondo sviluppato che utilizzando
prima i benefici delle merci a basso costo
del lavoro contrae anche i virus esportati da
quello stesso sistema sociale. Questa doppia
relazione con il mondo della globalizzazione,
rafforza proprio questa
immagine economica e sociale che
qualunque evento avvenga in Cina
può diventare “mondo”.
Questo paradigma del “flu virus” rende evidente
come un possibile iter del capitalismo
in Cina può portare il sistema stesso
del capitalismo mondiale a toccare i limiti
fisici del globo, o meglio a rendere insopportabile
al globo questo modello attuale di capitalismo.
Ma se il processo Cina rende la macchina manifatturiera mondiale localizzata in Cina, gli effetti sono sia per la sanità come per l’ecologia “mondiali”; si apre per questo un lavoro di analisi e di azione contrattuale sulla morfologia delle filiere e della catena del valore che vengono delocalizzate in Cina.
Se la fabbrica Cina è la fabbrica del mondo, se la catena del valore viaggia attraverso il territorio cinese subendo e agendo come macchina globale, allora la contrattazione sui prodotti di questa catena del valore può partire dall’Italia e dall’Europa riaprendo la logica di un internazionalismo “pratico” che è alla base della nostra storia e dei nostri valori.
Apriamo una contrattazione di filiera che renda evidente i problemi di qualità dell’ambiente, di sicurezza e, perché no, di salario.
Renderemo così evidente come i veri gestori della catena del valore non sono in Cina ma magari abitano tra Ponzano e Brescia, tra begamo e Treviso.

Liberazione, 8.8.09
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Oscar Marchisio, intellettuale di classe
È vissuto poco il nostro compagno e collaboratore Oscar Marchisio. Eppure, non basterebbero tre vite a uno come noi per riuscire a pensare e a realizzare tutte le cose che ha pensato e realizzato lui. Per più di 25 anni ha collaborato con il manifesto, mettendo il naso nella politica e nell'economia con mano leggera, curiosità e spregiudicatezza. È stato appassionatamente dalla parte del lavoro senza perciò temere la contaminazione con il capitale, con l'impresa. Studiava i modelli economici e sociali esistenti e ne ipotizzava di nuovi, per questo guardava con avidità fuori dai campo visivo conosciuto. Per questo, a un certo punto della sua ricerca, è sbarcato in Cina (ricordiamo l'appuntamento atteso con ChinaNews) senza trascurare la sua formazione e la centralità della classe (si chiamava Classe una dette tante riviste a cui ha collaborato). Senza perdere i contatti con la sua terra d'origine, la Liguria, Genova e poi Sanremo, muovendosi con maestria tra le nebbie del porto di Imperia dove impazzavano i Caltagirone e gli Scajola.
Oscar è stato un intellettuale anomalo, un vulcano di idee che ci rovesciava addosso, costringendoci a volte a feroci selezioni tra i tanti titoli proposti. Dalla fantascienza al cibo, dalla mobilità urbana al nuovo modo di costruire l'automobile. L'automobile era un'idea fissa di Oscar, non perdeva occasione per smontarla e ricostruirla, possibilmente con un altro motore, magari progettando una proprietà collettiva perché, diceva, il vecchio modello basato su una o più vettura per nucleo familiare è morto per incompatibilità ambientale. Il suo ultimo aticolo per il manifesto è del 31 luglio di quest'anno e aveva per titolo «Se la Cina viaggiasse come noi». Per studiare l'auto aveva viaggiato da Torino alla Svezia, dagli Stati uniti alla Cina per ritrovare sempre, al ritorno, interlocutori attenti nel gruppo dirigente nazionale della Fiom e della Camera del lavoro di Bologna.
Oscar Marchisio ha insegnato sociologia del lavoro presso le università di Pisa e Urbino ed è stato consulente, dal suo ufficio di Pechino, di svariate aziende in Cina. Ha scritto molti libri per diverse case editrici, alcuni anche per la Manifestolibri, tra cui «McMarx, critica della socialità come prodotto industriale» che analizza il modello di consumo costruito da McDonald's, Microsoft e Walt Disney. Oppure «Molteplice persona, soggettività e conflitti oltre la rivoluzione liberale». Tutto questo non poteva bastargli, così si è fatto lui stesso editore dando vita a Socialmente, per pubblicare tra gli altri titoli «Bologna operaia».
Oscar ci ha lasciati nella notte tra giovedì e venerdì, colpito da un infarto, aveva solo 59 anni. Non sappiamo cosa stesse rimuginando, a quali altri progetti lavorasse. La scorsa settimana ci aveva promesso un «articolo-bomba», non aveva voluto dirci di più, non ne conosceremo mai il contenuto. I funerali si svolgeranno alle 16,30 di oggi alla Chiesa degli Angeli di Sanremo. Dal collettivo del manifesto un forte abbraccio alla sua compagna Ornella e alle sue due figlie.

(loris campetti)
rigore e creatività
La mia amicizia ed il mio sodalizio intellettuale con Oscar Marchisio risale agli anni Ottanta. Lui veniva da una esperienza di direzione all'Ansaldo, poi di consulente per grandi imprese internazionali di consulenza prima di mettersi in proprio, io ero allora il segretario generale della Fiom di Bologna e cercavo risposte alternative nella gestione delle imprese, specificatamente sui problemi della produttività e della prestazione lavorativa. Fu un intendersi immediato; lui ci fornì di strumenti concettuali che aiutarono un'intera stagione di negoziazione d'avanguardia a Bologna e poi in Italia.
Da lì iniziò un percorso che coinvolse altri amici sindacalisti - Claudio Sabattini, Tiziano Rinaldini, Anna Naldi - in una avventura intellettuale che affrontò i temi dello sviluppo e della politica industriale nel contesto internazionale con una particolare attenzione alla mobilità sostenibile e poi, negli ultimi anni, alla Cina. Oscar amava tradurre le sue intuizioni in proposte concrete presentate, con inguaribile ottimismo e voglia di trasformare il mondo, a tutti coloro che avrebbero potuto realizzarle; non era tempo per essere ascoltati dalla sinistra di governo locale e poi nazionale, se non per rare eccezioni. Fu Oscar a rendere vicina la problematica dello sviluppo cinese a molti di noi, nel sindacato e nella sinistra italiana. Un numero grande di libri, ma uno ancora più grande di appunti di ricerca, di rapporti su aziende, settori e paesi, finalmente, con sua grande soddisfazione ordinate in un mega-archivio, testimoniano questo suo impegno.
Sarebbe tradire la sua memoria non ricordare che la sua immensa creatività non riusciva a sfogarsi nel lavoro su questi «temi seri» e quindi i romanzi, le incursioni nelle problematiche del cibo e la sua esperienza come imprenditore del settore, e poi, da ultimo, la casa editrice.
La sua mente non voleva riposare ma trovare un oggetto sempre nuovo su cui impegnarsi in uno sfibrante viaggiare per tutto il mondo.
La notizia della sua morte ancora giovane e nel pieno della sua creatività lascia tutti i suoi amici sgomenti e priva la sinistra ed il movimento sindacale italiano di un amico e di un intellettuale sempre aperto alla discussione ed al contributo originale. Un abbraccio per la sua compagna di una vita e le sue figlie così amate.

Il Manifesto, 8.8.09

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