[NuovoLab] Falce e martello sul campanile

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Author: brunoa01
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Subject: [NuovoLab] Falce e martello sul campanile
secolo xix

Falce e martello sul campanile storie di bronzo a fil di cielo

La campana suona da quasi cent'anni a Sori. Quella di San Donato è dei tempi di Colombo

SONO la voce della città del passato, sempre più flebile in mezzo al frastuono della vita quotidiana. Ma raccontano ancora storie incredibili, alcune ricostruite attraverso gli archivi, altre appena accennate da un fregio o una data. Altre ancora tutte da immaginare: come la vicenda umana, lo sberleffo al prete o l'incontro tra "fedi" diverse che si nascondono - forse - dietro alla falce e martello invisibili per chiunque ma impressi nel metallo del ceppo di una campana che rintocca a Canepa di Sori.
Un libro di Graziella Merlatti («Di bronzo e di cielo», edizioni "Ancora") apre uno squarcio su un mondo incredibile e sconosciuto: quello delle campane, destinate a ad essere percosse dalla nascita alla morte. «Quando scoppia una guerra, le campane sono sempre tra le prime vittime, fuse per farne armi», racconta l'autrice. Non sempre è così, talvolta sfuggono al destino di ridiventare metallo informe. E oggi, dopo aver compiuto i cinquant'anni di età, rientrano a pieno diritto nella categoria degli "oggetti artistici tutelati": non possono essere rivendute senza il via libera della Soprintendenza né - tantomeno - rifuse.
E la pubblicazione rappresenta un punto di partenza per scorrere la storia delle campane. Soffermandosi - tra le pagine che spaziano anche all'Italia e al resto del mondo - su quelle nate dalla maestria degli artigiani liguri.
A Genova esistono campane che rintoccarono nel giorno in cui Colombo sbarcava in America. Il mondo ancora non lo sapeva, ma la campana di San Donato, una delle chiese più antiche in città, batteva (anche) l'ora dello sbarco. «Porta impressa la data in cui è uscita dalla fonderia - racconta don Carlo Parodi, il parroco- scritta in numeri romani». Mille e quattrocento e un numero poco leggibile, forse "43", mezzo millennio fa. Da molti anni la "nonna" delle campane genovesi ha smesso di suonare, per rispetto all'età. Ma resta in cima al campanile, come un attore che vuole morire sul palco.
Esistono anche campane "orfane" del campanile, costrette a una disoccupazione forzata in sacrestia. Accade nella chiesa di San Siro, la basilica che fu la prima cattedrale di Genova. Il campanile fu demolito nel 1904 per un allarme sulla sua stabilità: si era pericolosamente inclinato verso sud-est ed era vistosamente crepato, dopo tanti anni di vita travagliata, nel corso dei quali era stato colpito da un fulmine e anche dai cannoni francesi che nel 1684 avevano preso di mira la città. «Fu demolito, programmandone la ricostruzione con le stesse pietre, conservate e numerate. Poi però le pietre furono vendute, non si sa come e da chi». E la basilica è rimasta senza torre campanaria, le campane senza casa.
Le campane fanno parte della tradizione religiosa cristiana, ma il loro suono può essere anche laico. Il ruolo civile è rappresentato, a Genova, dal campanun du Päxo, ovvero il campanone del "Palazzo" per eccellenza, quello che era la sede del potere dei dogi. Il campanone antico non esiste più ma una copia è stata portata sulla torre Grimaldina del Ducale nel 1980, dono dall'associazione "A Compagna": suona in occasione delle ricorrenze civili della città, il Primo maggio, la Liberazione e poi la giornata di Colombo, la vittoria sugli austriaci del 1746. Ma ricorda coi suoi rintocchi anche San Giovanni Battista e altre date che celebrano insieme valori laici e cristiani.
Perchè le campane non hanno pregiudizi, né di fede né di razza. Suonano per tutti. E la dimostrazione più incredibile si trova in una piccola chiesa del levante, Canepa di Sori. «Due anni fa abbiamo fatto restaurare il campanile che era stato colpito da un fulmine - racconta don Silvio Grilli, parroco (anche) di quella comunità - e salendo in cima per verificare la situazione, mi è caduto l'occhio su un dettaglio che fino a quel momento era sfuggito».
Sul ceppo di una campana vecchia di quasi un secolo, ecco comparire il simbolo comunista della falce e del martello. «Sono due chiodi incrociati e lavorati - racconta il sacerdote - poi inglobati nel metallo del ceppo al momento della fusione». Realizzata dalla ditta "Bisso Emanuele" di Recco specializzata proprio in ceppi e ruote da campane (che ha chiuso ormai da anni) evidentemente dopo la Rivoluzione di Ottobre.
«Mi sono sembrati un bel segno, per nulla blasfemo o irriverente, quasi una preghiera operaia», riprende don Grilli. Una preghiera irrituale che, poco meno di cent'anni dopo, continua ad alzarsi ogni giorno verso il cielo, portata dal suono delle campane.
Bruno Viani

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