Author: ugo Date: To: aderentiretecontrog8, forumgenova Subject: [NuovoLab] Storia di una panchina di Verona
Pierluigi Sullo
Questa settimana la rubrica dei Cantieri sociali ospita un racconto che viene da Verona. Autrice ne è Tiziana Valpiana, che vive nella città di Flavio Tosi, il sindaco appena condannato per aver detto cose razziste. È una storia piccola piccola, di quelle che piacciono a Carta.
Quasi 500 cittadini e cittadine veronesi hanno proposto «un percorso pubblico per esprimere dissenso verso una città chiusa, discriminante e paurosa e per progettare una città aperta, giusta e gioiosa». Alla fine hanno individuato, come simbolo della città chiusa, discriminante e paurosa l'atto scellerato dell'amministrazione comunale di togliere le panchine dai giardini in cui erano soliti sostare anche stranieri. Togliendo le panchine, si sono ridotti i diritti di tutti: quelli ad una sosta ristoratrice, a giardini pubblici curati, al riposo, alla convivialità, a godere «gratuitamente» della vista della nostra città... Tutti i sabati di maggio alle 12, portando le proprie sedie da casa, i membri del Comitato, e non solo, si sono riuniti nel disadorno e indegno giardinetto di via Prato Santo semplicemente per stare assieme, offrendo a chiunque un aperitivo, una poesia, una lettura, uno spettacolo, a simboleggiare la possibilità di una città aperta, giusta, gioiosa. Il 9 luglio hanno «offerto» a quel giardinetto una verde e luccicante panchina che, certo, non era sufficiente a cancellare il degrado nel quale l'amministrazione lascia questo ed altri luoghi pubblici: ma non era che l'inizio di una riqualificazione voluta e attuata direttamente dai cittadini e dalle cittadine.
La panchina, ben confezionata con elegante fiocco rosso, è stata «scartata» e inaugurata, «a disposizione di chiunque voglia sedersi nei Giardini di Via Prato Santo», recita la targa affissa dal Comitato Verona città aperta.
Visto anche il via vai di giornalisti e fotografi, si sono subito avvicinati dei «curiosi» chiedendoci informazioni e plaudendo all'iniziativa. Molti hanno voluto essere fotografati seduti sulla panchina. Verso le 13 abbiamo acquistato della pizza, delle birre, un po' di frutta e verdura e, contravvenendo ad altra ordinanza, ma sotto gli occhi anche delle forze dell'ordine, abbiamo pranzato lì sulla «nostra» (e vostra) panchina, attirando, nell'ordine, un ragazzo del Senegal che si è unito a noi e sei turisti tedeschi che, stanchi del giro turistico in città e in attesa di andare a vedere Carmen in Arena, avevano cercato un po' di riposo, in mancanza di meglio, appoggiandosi ai tronchi degli alberi. È stata poi la volta di un ragazzo con le stampelle, che sulla panchina ha trovato un po' di riposo.
Al vicino bar, dove siamo andati a prendere i caffè che abbiamo poi sorseggiato sulla panchina, il gestore ci ha fatto presente che in quel giardino mancano anche le strisce pedonali per poterlo raggiungere, pur trattandosi di una meta un tempo frequentata da anziani. Un tempo, perché da quando le panchine non ci sono più - ci aveva fatto notare una signora residente lì vicina che era solita accompagnare il padre in carrozzella - l'accompagnatore è costretto a restare in piedi... C'è stato anche chi (un uomo dal codino grigio) ci ha gridato che su quelle panchine si sedevano anche coloro che «non pagano le tasse», ma quando gli abbiamo risposto che noi le paghiamo, altri non le pagano perché vengono fatti lavorare in nero, altri ancora perché sono evasori, non ha saputo replicare.
Alle 19, ora stabilita per il ritrovo di tutto il Comitato per un aperitivo di inaugurazione, una pioggia torrenziale ha costretto tutti a scappare. Giusto in quel momento è arrivata una macchina dei Vigili urbani, mandati a controllare la «manifestazione», ai quali abbiamo spiegato il senso della nostra azione, lasciandoli stupefatti.
L'indomani mattina, acquistati i quotidiani, abbiamo deciso di andare a leggerli, come si fa in tutte le città del mondo, al giardinetto, sulla panchina...che non c'era più! Su un palo della luce era rimasto affisso un cartello «Come è difficile restare umani. Grazie per la panchina», e come firma un nome di donna. Abbiamo pensato anche al suo grazie quando abbiamo posizionato nello stesso luogo una sedia («A disposizione di chiunque ») e le foto del giorno prima. Sulla sedia abbiamo lasciato un quaderno perché ciascuno possa scrivere ciò che pensa. La prima frase ieri era: «Una panchina è per sempre». Andate a scrivere la vostra fino a quando durerà: un vandalo si aggira per Verona.
fonte ilmanifesto del 16/07/09
Ugo Beiso
Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal