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Szerző: brunoa01
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Tárgy: Honduras, i golpisti sotto pressione Sì alla mediazione del Costa Rica

Il governo di Micheletti accetta di avviare una trattativa a San José
Domani dovrebbe avere un incontro col presidente legittimo Zelaya
Honduras, i golpisti sotto pressione
Sì alla mediazione del Costa Rica
Honduras, i golpisti sotto pressione Sì alla mediazione del Costa Rica

Sostenitori di Zelaya a Tegucigalpa
TEGUCIGALPA - Sotto il peso delle pressioni di Obama e Hillary Clinton, delle proteste dell'opposizione e dell'isolamento deciso dagli altri Stati latino-americani, il governo golpista di Roberto Micheletti scricchiola. Ieri dopo l'incontro a Washington fra il segretario di Stato Usa e il presidente legittimo, Manuel Zelaya, Micheletti ha accettato la mediazione del presidente del Costa Rica, Oscar Arias. I primi contatti ci saranno già oggi, mentre per domani è previsto un incontro a San José, capitale del Costa Rica, tra Zelaya e Micheletti.

Le posizioni sono molto distanti perché il capo del governo de facto esclude qualsiasi possibilità di un ritorno di Zelaya al suo posto di presidente, come preteso dalla comunità internazionale. Di nuovo ieri Barack Obama, da Mosca, è stato chiarissimo su questo punto: "L'America sostiene il ritorno del presidente dell'Honduras, Manuel Zelaya, eletto in modo democratico, anche se egli si oppone alla politica americana". "Abbiamo questa posizione - ha aggiunto il presidente Usa - non perché siamo d'accordo con le sue idee ma perché rispettiamo il principio universale che i popoli hanno il diritto di scegliere i propri leader, a prescindere da ciò che noi pensiamo delle idee di questi leader".

A Tegucigalpa proseguono le marce di protesta e ieri è tornata in pubblico la moglie di Zelaya, Xiomana Castro, che nei giorni scorsi si era rifugiata nella residenza dell'ambasciatore americano. "Ho avuto garanzie che non ci saranno rappresaglie contro di me e che non cercheranno di arrestarmi", ha detto l'ex first lady promettendo alle migliaia di simpatizzanti che la seguivano nel corteo che "le proteste continueranno finché a mio marito non sarà consentito di tornare in patria".
E' un segnale che esercito e politici golpisti vogliono abbassare la tensione dopo la morte di un giovane manifestante, Isis Obed Murillo, domenica scorsa negli scontri all'aeroporto di Tegucigalpa.
Sull'episodio, giornali e tv locali continuano a mentire, affermando che i soldati hanno sparato solo proiettili di gomma mentre numerosi testimoni hanno raccolto decine di bossoli.

Ma la debolezza di Micheletti sta diventando sempre più evidente sia tra gli industriali honduregni che tra i principali leader dei due maggiori partiti: quello liberale e quello nazionale.
Tutti cominciano a temere l'ira della Casa Bianca che, se non si trova una via d'uscita, potrebbe usare un'arma molto convincente contro la compagine filo-golpista, esercito compreso: i visti d'ingresso negli Usa.
Il primo della lista è il nuovo ministro degli Esteri honduregno, Enrique Ortez, che in tv ha definito Barack Obama "un negretto che non capisce niente di niente", frase razzista che ha provocato la protesta formale dell'ambasciatore americano.

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