[Lecce-sf] Fw: [aa-forum] Un articolo di Eva Golinger

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Aihe: [Lecce-sf] Fw: [aa-forum] Un articolo di Eva Golinger
Ciò che nessuno dei giornali Italiani, nemmeno quelli sedicenti di sinistra,
pubblicano. Lasciando le masse alla merce della stampa e televisione di
regime. Sotto c'è un documento su quale è la verità delle elezioni in Iran.

Questo è più che fascismo, è totalitarismo biego, fanatico e anche disumano.

Ma dov'è la rabbia di tanti che si dicono di sinistra anticapitalista, o
comunque semplicemente democratici???

Abbiamo fatto un contro g8 proponente un anticapitalismo capitalista,
buonista. Non ci siamo neanche posti un minimo di pensiero alternativo al
marasma totale in cui ci hanno infangati i padroni e i loro servi politici
destri e "sinistri".
Abbiamo chiesto, "inginocchiandoci", agli otto (grandi?) di essere più
buoni e di capire le nostre richieste.
Abbiamo chiesto ai ricchi di essere più buoni con quelli che per primi
soffrono, con fame e miseria, le conseguenze peggiori di questa crisi: I
milioni di esseri umani che muoiono decimati da fame miseria e malattie.

Ma non sarebbe sufficiente porsi l'obbiettivo di farla finita una volta per
tutte con padroni, ricchi, prelati delinquenti, criminali, assassini,
organizzando le proteste con l'obbiettivo di organizzare un futuro governo
di blocco popolare partendo dalle centinaia e migliaia di associazioni,
comitati, organismi sindacali di base, e quant'altro può essere utilizzato
per costruire un vero fronte di lotta anticapitalista in funzione della
costruzione di una società socialista senza padroni e delinquenti vari???

O stiamo aspettando ( molto presto secondo le condizioni oggettive della
crisi attuale) che le masse popolari siano organizzate dai padroni per
mettere tutti contro tutti: Italiani contro immigrati; occupati contro
disoccupati; cassintegrati contro pensionati; operai del nord contro operai
del sud. senza tetto contro padroncini di case; ( quella che si dice
"mobilitazione reazionaria delle masse popolari" ) ???

Non sarebbe più semplice proporre alle masse di sbattere via la banda di
criminali, drogati che ci governa puntando alla costruzione di un fronte
unico popolare e di massa che si ponga l'obbiettivo di prendere in mano le
sorti del nostro paese???

E' nell'interesse dei padroni dire che tutto ciò non è possibile; Dire che i
padroni sono forti e non riusciremo mai a scalzarli; Dire che le masse
popolari non hanno coscienza politica; Portare la rassegnazione e predicare
l'impotenza.

Se non iniziamo a praticare questa strada, se non cominciamo a proporre
queste cose, se non siamo presenti nelle varie situazioni di lotta di massa,
noi che ci diciamo essere Comunisti, o comunque, sinceramente democratici,
saremo scalzati noi dalla destra reazionaria, e le masse popolari passeranno
presto sui nostri cadaveri.

Gli operai dell' ADELCHI sono in lotta da diversi giorni, ho visto
sindacalisti di destra che si sono infiltrati nella lotta e sindacalisti di
"sinistra" che non hanno alternative se non quelle di domandare elemosine e
assistenzialismo ai padroni e ai governi. Io ho fatto un documentino che
parla in modo diverso, che parla un linguaggio di rivolta e di proposte
politiche alternative: "Che i soldi siano dati agli operai e alle loro
organizzazioni" Vedi allegato.

I cosiddetti compagni che hanno organizzato il controvertice g8 dovrebbero,
secondo me, essere presenti, con queste prerogative, in tutte le lotte che
stanno crescendo giorno dopo giorno nel Salento dall'ambiente
all'occupazione, dalle lotte per la casa alle lotte degli immigrati, e via
discorrendo.

E' chiaro che questo si può fare però tenendo fermi i punti di indirizzo
anticapitalista e per la costruzione di una società futura socialista,
altrimenti le lotte sono perse in partenza se non hanno degli obbiettivi
concreti da raggiungere.
Fermorestando gli obbiettivi immediati delle rivendicazioni economiche che
pongono le masse in lotta antagonista con i padroni e i governi loro servi.

Rosario


http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=18334


Internazionale:

La “Rivoluzione Verde”: il copione è stato riproposto; questa volta in Iran

di Eva Golinger

su www.rebelion.org del 20/06/2009

Traduzione di Mauro Gemma per http://www.lernesto.it

Il set

Colore: Verde

Slogan: “Dov’è il mio voto?”

Attori principali: Studenti e giovani delle classe media e alta, dirigenti
dell’opposizione, mezzi di comunicazione internazionale, nuove tecnologie
(Twitter, Youtube, cellulari, SMS, Internet).

Attori secondari: Organizzazioni non governative (ONG) internazionali,
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Freedom House, Centro per l’applicazione
dell’azione non violenta “CANVAS” (ex OTPOR), Centro per il Conflitto
Internazionale Non Violento (ICNC), Istituto Albert Einstein, Pentagono,
Missione Speciale della Direzione Nazionale dell’Intelligence USA per l’Iran.

Scenario: Elezioni Presidenziali; il candidato ufficiale, Mahmud
Ahmadinejad, l’attuale presidente che mantiene una linea molto dura contro l’imperialismo
statunitense e il sionismo israeliano e gode di un alto grado di popolarità
tra le classi popolari iraniane per gli investimenti in programmi sociali,
vince con il 63% dei voti; il candidato dell’opposizione, Mir Hossein
Musavi, di classe medio-alta, che prometteva (in inglese) durante la
campagna che la sua elezione alla presidenza avrebbe assicurato “un nuovo
saluto al mondo”, frase che stava ad indicare che avrebbe cambiato la
politica estera nei confronti di Washington, ha perso per più di 15 punti; l’opposizione
denuncia una frode elettorale e chiede alla comunità internazionale di
intervenire; gli studenti manifestano nelle strade, nelle zone della classe
media e alta della capitale, Teheran; dicono di essere “non violenti”, ma
provocano reazioni repressive dello Stato con azioni aggressive e
immediatamente denunciano presunte violazioni dei loro diritti di fronte ai
media internazionali; dicono che il presidente eletto è un “dittatore”.

Luogo: L’Iran, quarto produttore di petrolio nel mondo e il secondo di
riserve di gas naturale. In piena flagranza dell’embargo commerciale imposto
da Washington, la Cina ha firmato un accordo con l’Iran nell’anno 2004, per
un valore di 200.000 milioni di dollari, per l’acquisto di gas naturale
iraniano nei prossimi 25 anni. Negli ultimi quattro anni, l’Iran ha stretto
relazioni commerciali con i paesi dell’America Latina, nonostante le minacce
di Washington, e attualmente sviluppa tecnologia nucleare a scopi pacifici.

Vi suona familiare? Di certo suona familiare ai venezuelani e alle
venezuelane che da tre anni, senza ombra di dubbio, stanno vivendo in questo
scenario. Le cosiddette “rivoluzioni colorate”, che cominciarono in Serbia
nell’anno 2000, con il rovesciamento e la demonizzazione di Slobodan
Milosevic, e che poi passarono per la Georgia, l’Ucraina, il Kirghiztan, il
Libano, la Bielorussia, l’Indonesia e il Venezuela, sempre con l’intenzione
di cambiare “regimi” non favorevoli agli interessi di Washington con governi
“più amichevoli”, sono adesso arrivate in Iran. Il copione è identico. Un
colore, un logotipo, uno slogan, un gruppo di studenti e giovani di classe
media, un processo elettorale, un candidato filo-statunitense e un paese
pieno di risorse strategiche con un governo che non rispetta l’agenda
dettata dall’impero. Sono sempre le stesse ONG e agenzie straniere quelle
che appoggiano, finanziano e promuovono la strategia, fornendo contributi
finanziari e formazione strategica ai gruppi studenteschi perché eseguano il
piano. Dovunque ci sia una “rivoluzione colorata”, si trovano anche l’USAID,
il National Endowment for Democracy, Freedom House, il Centro Internazionale
per il Conflitto Non Violento, il CANVAS (ex OTPOR), l’Istituto Albert
Einstein, l’Istituto Repubblicano Internazionale e l’Istituto Democratico
Nazionale, per citarne alcuni.

Si esamini questo testo, intitolato “Una guida non violenta per l’Iran”,
scritto dall’ex direttore dell’Istituto Albert Einstein, fondatore del
Centro Internazionale per il Conflitto Non Violento (INCR) e presidente di
Freedom House, Peter Ackerman, e dal suo collega, coautore del libro “Una
forza più potente: un secolo di conflitto non violento” e direttore dell’INCR,
Jack DuVall, anch’egli esperto in propaganda e cofondatore dell’Istituto
Arlington, insieme con l’ex direttore della CIA, James Woolsey:

“Manifestazioni ripetute, guidate da studenti a Teheran, devono accelerare a
Washington il dibattito sull’Iran. Ci si sta ponendo due domande? Le
manifestazioni sono in grado di produrre un cambiamento di regime? Che tipo
di appoggio esterno servirebbe?

La storia dei movimenti civili, come quello che attualmente si sta creando
in Iran, evidenzia che il riscaldamento della piazza non è sufficiente a
rovesciare un governo. Se l’aiuto degli Stati Uniti apporta semplicemente
più legna al fuoco e l’opposizione interna non lavora per indebolire le
fonti reali del potere del regime, non funzionerà.

La lotta vittoriosa del movimento civile ha l’obiettivo di promuovere l’ingovernabilità
per mezzo degli scioperi, del boicottaggio, della disobbedienza civile ed
altre tattiche non violente – oltre alle proteste di massa -, allo scopo di
indebolire e distruggere i pilastri di sostegno del governo. Ciò è possibile
in Iran.

Gli avvenimenti in Iran sono simili a quelli della Serbia appena prima che
il movimento diretto da studenti sconfiggesse Slobodan Milosevic. Il suo
regime si era alienato non solamente gli studenti, ma anche la maggioranza
della classe media… Anche la classe politica era divisa e molti erano
stanchi del dittatore. Cogliendo l’opportunità, l’opposizione si mobilitò
per separare il regime dalle sue fonti di potere…”

L’elemento maggiormente rivelatore di questo articolo non è solo l’ovvia
visione interventista che cerca di promuovere un colpo di stato in Iran, ma
il fatto che esso fu scritto il 22 luglio 2003, quasi sei anni fa (vedere l’originale:
http://www.nonviolent-conflict.org/rscs_csmArticle.shtml). In questi sei
anni l’organizzazione di Ackerman e DuVall, insieme ai soci, CANVAS a
Belgrado e l’Istituto Albert Einstein a Boston, ha lavorato per formare e
rendere efficienti gruppi di studenti nelle tecniche di golpe morbido in
Iran, con finanziamenti della NED, di Freedom House e delle agenzie del
Dipartimento di Stato. Non è casuale che CANVAS, composto dai leader del
gruppo OTPOR della Serbia che rovesciò Milosevic, abbia da qualche tempo
cominciato a pubblicare i suoi materiali in farsi e in arabo. Una delle
pubblicazioni principali, realizzata con il finanziamento del Dipartimento
di Stato degli USA attraverso l’Istituto Statunitense della Pace, dal titolo
“La lotta non violenta: i 50 punti critici”, è considerata come “un manuale
di perfezionamento della lotta strategica non violenta, che offra una
molteplicità di informazioni pratiche…” E’ un libro elettronico diretto a un
pubblico giovanile, come evidenzia una grafica, un disegno e un linguaggio
per i giovani. Scritto originalmente in serbo, nel corso dell’ultimo anno è
stato tradotto in inglese, spagnolo, francese, arabo e farsi (la lingua
parlata in Iran). La versione in farsi:
http://www.canvasopedia.org/files/various/50CP_Farsi.pdf.

Questo libro è una versione moderna, con un disegno più attraente per la
gioventù, del libro originale scritto dal guru della lotta “civile” per il
cambiamento di regimi non favorevoli a Washington: Gene Sharp. Il suo libro,
“Sconfiggendo un dittatore”, che si è tradotto anche in un film prodotto da
Ackerman e DuVall, è stato utilizzato in tutte le rivoluzioni colorate in
Europa Orientale, ed anche in Venezuela, ed è considerato dai movimenti
studenteschi come la propria “bibbia”. L’introduzione del libro di CANVAS
spiega: “Questo libro è il primo che applica l’azione strategica non
violenta a campagne reali. Le tecniche presentate nei prossimi 15 capitoli
hanno avuto successo in molti luoghi del mondo… Questo libro contiene
lezioni apprese attraverso diverse lunghe e difficili lotte non violente
contro regimi non democratici e oppositori delle libertà umane fondamentali…
Gli autori sperano e credono che comunicare questi punti cruciali in tale
formato, vi aiuterà a rendere più operativa l’azione strategica non
violenta, affinché possiate recuperare i vostri diritti, superiate la
repressione, resistiate all’occupazione, realizziate la democrazia e
stabiliate la giustizia nella vostra terra; impedendo che questo secolo sia
un’altra “Era degli estremi”.

Ovviamente non è una coincidenza che il libro sia uscito in farsi e in arabo
proprio qualche mese prima delle elezioni presidenziali dell’Iran, dal
momento che queste organizzazioni avevano già cominciato a lavorare con l’opposizione
iraniana per preparare lo scenario del conflitto. E ora, veniamo al
contenuto e agli obiettivi di questo libro, che ora vengono perseguiti all’interno
del territorio iraniano. (E’ pure interessante segnalare che l’edizione
spagnola uscì proprio prima del referendum costituzionale in Venezuela e che
la traduzione fu realizzata da un’organizzazione sconosciuta del Messico:
“Non violenza in Azione” (NOVA). Un paese in cui ha soggiornato lungamente l’ex
dirigente studentesco venezuelano Yon Goicochea, che ha ricevuto
addestramento e finanziamento da parte dei gruppi stranieri prima
menzionati).

Inoltre, la grande agenzia di destabilizzazione, National Endowment for
Democracy (NED), ha anch’essa lavorato attivamente per destabilizzare la
rivoluzione iraniana ed imporre un regime favorevole agli interessi di
Washington. Dopo le elezioni presidenziali in Iran nell’anno 2005, l’allora
segretaria di Stato Condoleeza Rice annunciò la creazione di un nuovo
Ufficio per gli Affari Iraniani, con un bilancio iniziale di 85 milioni di
dollari approvato dal Congresso statunitense. Gran parte di questo denaro fu
dirottato verso il lavoro della NED e di Freedom House, che già stavano
finanziando alcuni gruppi all’interno e all’esterno dell’Iran, i quali
operavano diffondendo informazioni sugli abusi dei diritti umani in Iran, e
la formazione di giornalisti “indipendenti”. Organizzazioni come l’Associazione
dei Maestri dell’Iran (ITA) hanno ricevuto finanziamenti della NED fin dal
1991 per promuovere la pubblicazione di una rivista politica che contribuiva
alla costruzione di un Iran “democratico”. Anche la Fondazione per un Iran
Democratico (FDI), con base negli Stati Uniti, è stata uno dei principali
recettori dei fondi della NED. Il suo lavoro è stato orientato nel campo dei
diritti umani, principalmente per presentare il governo iraniano come
violatore dei diritti dei suoi cittadini. Questa organizzazione è
strettamente legata agli istituti dell’ultradestra negli Stati Uniti, come l’American
Enterprise Institute e il Progetto per un Nuovo Secolo Americano, che hanno
fatto pressione per le guerre in Medio Oriente*.

La NED ha anche finanziato gruppi come la Fondazione Abdurrahman Boroumand
(ABF), una ONG che presumibilmente promuove diritti umani e democrazia in
Iran. Questa organizzazione si è incaricata di creare pagine web e
biblioteche elettroniche sui diritti umani e la democrazia. Nel 2003, ABF
ricevette un fondo di 150.000 dollari per un progetto dal titolo “La
transizione alla democrazia in Iran”. Nel 2007, ABF ottenne 140.000 dollari
per “creare coscienza sulle esecuzioni politiche dall’inizio della
rivoluzione iraniana nel 1979, promuovere la democrazia e i diritti umani
tra i cittadini e rafforzare la capacità organizzativa della società civile”.
Si impegnò anche ad “assumere un consigliere per le comunicazioni e a
condurre campagne mediatiche”.

Quantità di denaro non rivelate pubblicamente dalla NED sono state concesse
a diverse ONG tra il 2007 e il 2009, per costruire un appoggio
internazionale alle ONG e agli attivisti dei diritti umani nazionali…
favorire la società civile iraniana e i rappresentanti dei mezzi di
comunicazione a relazionarsi e a comunicare con la comunità internazionale…”

Inoltre, i gruppi più importanti della NED, come il Centro Americano di
Solidarietà Lavorativa (ACILS), che in Venezuela ha sostenuto il sindacato
golpista dell’opposizione, la Confederazione dei Lavoratori Venezuelani
(CTV), ha finanziato e consigliato il “movimento operaio indipendente” in
Iran dal 2005. Anche l’Istituto Repubblicano Internazionale (IRI) ha
ricevuto fondi dalla NED per “legare attivisti politici in Iran a riformisti
in altri paesi” e “rafforzare la loro capacità di comunicazione e
organizzazione”. Si tratta delle stesse attività e delle stesse agenzie di
Washington che conducono le azioni di ingerenza in Venezuela, Bolivia,
Nicaragua e altri paesi in cui attualmente gli Stati Uniti cercano di
promuovere un cambiamento del governo con un altro più favorevole ai loro
interessi.

Anche la manipolazione mediatica su ciò che avviene attualmente in Iran
segue un proprio copione. In Venezuela, quando il presidente Chavez vinse le
elezioni presidenziali nel 2006 con il 64% dei voti e più del 75% di
partecipazione popolare, l’opposizione gridò alla frode (come in generale è
abituata a fare in tutti i processi elettorali che perde) e ricevette
copertura mediatica allo scopo di formulare e promuovere le sue denunce,
nonostante non presentasse nessuna prova che desse fondamento alle accuse.
Tale presenza mediatica viene attivata semplicemente per continuare a
promuovere correnti di opinione che pretendono di demonizzare il presidente
Chavez, definendolo un dittatore, e di gettare discredito sul governo
venezuelano, per poi giustificare qualsiasi intervento straniero.

Nel caso dell’Iran, in questo momento vediamo titoli come “Proteste in
Europa contro il voto in Iran” (AP), “Khamenei v. Musavi” (Atantic Online),
“Grande manifestazione di lutto a Teheran” (Reuters), “Una nuova inchiesta
indica la frode” (Washington Post), “Biden esprime “dubbi” sulle elezioni in
Iran” (CNN, 14/06/2009), e “Analisti rivedono i risultati “ambigui” in Iran”
(CNN, 16/06/2009). I titoli generano l’impressione di una possibile frode
elettorale in Iran, giustificando di conseguenza le proteste violente dell’opposizione,
sebbene Ahmadinejad abbia vinto con un risultato impressionante, il 63% dei
voti, dieci punti in più di quelli che ha conseguito Obama negli Stati Uniti
lo scorso mese di novembre. Per spiegare la reazione mediatica, secondo l’ex
ufficiale della CIA incaricato della regione del Medio Oriente, Robert Baer,
“la maggior parte delle manifestazioni e delle proteste che trovano spazio
nelle notizie sono ubicate nella zona nord di Teheran… Si tratta,
principalmente, di settori dove vive la classe media liberale iraniana. Sono
anche settori in cui, senza dubbio, si è votato per Mir Hossein Mussavi, il
rivale del presidente Mahmud Ahmadinejad, il quale ora denuncia la frode
elettorale. Ma non abbiamo ancora visto immagini del sud di Teheran, dove
vivono i poveri… Per molti anni, i media occidentali hanno visto l’Iran
attraverso lo specchio della classe media liberale iraniana – una comunità
che ha accesso a Internet e alla musica statunitense, che ha maggiori
possibilità di parlare con la stampa occidentale e che dispone di denaro per
comprare voli a Parigi o a Los Angeles… Ma rappresenta davvero l’Iran?”

Baer, in un articolo pubblicato nella rivista Time**, afferma che una dei
pochi sondaggi affidabili, elaborati da analisti occidentali negli ultimi
giorni della campagna elettorale, dava la vittoria ad Ahmadinejad – con
percentuali ancora più alte del 63% che ha ottenuto… Il sondaggio è stato
effettuato in tutto l’Iran e non solo nelle zone della classe media”.

* http://www.zmag.org/znet/viewArticle/2501

** “Don’t Assume Ahmadinejad Really Lost”, Time online, 16 giugno 2009