[Cerchio] Alessandria: azione diretta contro il militarismo

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Autore: Federazione Anarchica Torinese - FAI
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To: cerchio
Oggetto: [Cerchio] Alessandria: azione diretta contro il militarismo
Alessandria: azione diretta contro il militarismo

“Non un soldo per la guerra” questa scritta a caratteri giganti campeggia
su uno striscione di otto metri per quattro issato sull’imponente
monumento ai caduti nei centralissimi giardini di via Crimea ad
Alessandria.
Sul basamento è apparsa la scritta “sabotare la guerra” mentre veniva
aperto lo striscione “No agli eserciti!”.
Inizia così la campagna contro il G8 in Piemonte.
Pattuglie di polizia sono passate più volte senza fermarsi mentre la digos
è timidamente apparsa dopo quattro ore, pochi minuti dopo che gli
antimilitaristi se ne erano andati.

Qui le foto dell’azione: http://piemonte.indymedia.org/article/4957

Il G8 è ogni giorno.
La guerra è ogni giorno.
La guerra è in Afganistan, dove bombardano, uccidono, imprigionano,
torturano. I militari italiani sono 2.600.
La guerra è nelle strade delle nostre città dove polizia e militari
rastrellano gli immigrati.
La guerra è nei mari dove chi non muore viene deportato.
La guerra è nei Centri per i senza carte, uomini e donne “illegali” perché
nati altrove, dove la povertà morde la vita dei più.
La guerra è il lavoro migrante, la schiavitù legale del lavoro che rende
liberi.
La guerra è nelle fabbriche che costruiscono elicotteri, navi,
bombardieri, carri armati, fucili, mine…
La guerra è nelle officine dove si lavora e si muore senza tutele come
nell’Ottocento.
La guerra è in ogni luogo dove uomini donne e bambini rischiano la vita
per prendersi qualche briciola dalla tavola imbandita dei potenti.

Il G8 è ogni giorno. Ovunque.
La Resistenza è ogni giorno. Ovunque.


Di seguito il volantino distribuito ai passanti e nel vicino mercato.
Non un soldo per la guerra!

L’Italia è in guerra. Truppe tricolori combattono in Afganistan. Lo
chiamano “peace keeping”: suona meglio e mette la coscienza a posto. Ma,
là, in Afganistan, ogni giorno bombardano, uccidono, imprigionano,
torturano. A morire sono uomini, donne e bambini. In silenzio. Otto anni
di guerra e dicono che sono lì per mantenere la pace. Dicono che sono lì
per la libertà. Dopo otto anni le donne sono ancora incarcerate sotto i
burqua, le poche scuole per bambine sono fatte saltare in aria, le
attiviste vengono uccise. Un massacro senza fine. Ma che importa? Gli
affari dei petrolieri e dei fabbricanti di armi vanno a gonfie vele.

L’esercito è anche nelle nostre strade. Nel mirino sono i poveri, gli
immigrati, i rom, i senza casa, chi si ribella alla devastazione del
territorio ed al saccheggio delle risorse.
Lo Stato militarizza il strade e le piazze e tratta da delinquenti quelli
che si ribellano. È la guerra. La guerra interna. Anche questa serve alla
pace, la pace sociale.

Viviamo tempi difficili. La crisi morde e molti fanno fatica ad arrivare
alla fine del mese. Il lavoro, quando c’è, è precario, pericoloso,
malpagato. In tanti, in troppi, vivono l’incubo del mutuo da pagare, dei
figli da mandare a scuola, degli anziani che hanno bisogno di cure ed
assistenza. I paracadute sociali che nei decenni passati garantivano
qualche servizio, una pensione decente, l’accesso all’istruzione, la
difesa del lavoro sono stati eliminati uno ad uno. Oggi, per la prima
volta da decenni, figli e figlie rischiano di avere un futuro peggiore di
quello di padri e madri.
Nei quartieri dove non è mai stato facile vivere, la crisi strangola un
po’ tutti: se i lavoratori dipendenti se la vedono brutta, non va meglio
ad artigiani e commercianti. Se il salario è poco, se l’impiego c’è e non
c’è, tutti guardano il centesimo e difficilmente ci scappa una pizza o un
paio di scarpe nuove.
Chi governa questo paese, oggi la destra ieri la sinistra, ha tagliato
pensioni, sanità, scuola, ha fatto leggi che condannano alla precarietà a
vita, ha inventato il caporalato legale, favorito il sistema degli appalti
a catena dove chi sta in fondo è poco più di uno schiavo.
Solo la spesa militare aumenta ogni anno.
In Afganistan ci sono 2.600 soldati italiani: questo orrore costa a tutti
noi milioni di euro. La spesa di guerra comprende il mantenimento di basi,
caserme, aeroporti ed un buon numero di ben addestrati assassini di
professione. I governi di destra e quelli di sinistra hanno fatto a gara
nel finanziare le imprese belliche.
A Vicenza stanno preparando la più grande base militare USA d’Europa. A
Novara hanno deciso di fare uno stabilimento per l’assemblaggio dei nuovi
bombardieri F35, giocattolini da 150 milioni di euro l’uno.
Con i soldi di uno solo dei cento F35 appena acquistati dal governo si
pagherebbe un quartiere all’Aquila, un nuovo ospedale, la manutenzione
delle linee ferroviarie per i pendolari… Tante cose utili alla vita di noi
tutti, non armi per ammazzare qualcuno dall’altra parte del mondo. Come la
bambina che quelli della Folgore hanno ucciso la scorsa settimana in
Afganistan.
Non un soldo per la guerra!

Bisogna mettersi in mezzo. Fermare la guerra. Quella esterna, che si
combatte in Afganistan, quella interna contro i poveri, gli immigrati, i
senza casa, opponendosi all’esistenza stessa degli eserciti, vere
organizzazioni criminali legali.
A partire da noi, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme,
aeroporti, scuole militari, fabbriche d’armi. A partire dalle nostre
piazze dove campeggiano come “eroi” le statue dei macellai di tutte le
guerre.

Laboratorio Anarchico Perlanera – Alessandria
Federazione Anarchica Torinese - FAI