Scusate il disturbo, io non ho potuto partecipare alle riunioni di preparazione dell'estensione di questa piattaforma, comunque voglio lanciare una "provocazione" puntando sul vecchio detto: "non è mai troppo tardi" e proporvi alcune modifiche al testo, tenendo presente che a tutto il resto aderisco pienamente e vi faccio i complimenti per le analisi giuste e corrette poste in essere: quello che sarebbe da modificare, è in rosso e sottoliniato giù con l'aggiunta del testo modificato posto in fondo alla pagina.
Manifesto per il controvertice sull'economia del G8 di Lecce (12-13 giugno 2009)
Nel 2001 il G8 si riunì a Genova. Furono giorni di violenta sospensione dei diritti civili che ancora pesano nella coscienza collettiva, insieme al ricordo e al dolore per la morte di Carlo Giuliani.
Furono anche giorni in cui i "grandi della terra" snocciolarono il nuovo credo della globalizzazione liberista come fosse una nuova religione universale. A detta loro, il mondo sembrava avviato verso una marcia trionfale economica e politica: il nuovo capitalismo transnazionale avrebbe garantito profitti a tutti coloro che avessero voluto arricchirsi, grazie alle opportunità della mondializzazione. Le ricette che venivano proposte accoglievano l'invito a delocalizzare le produzioni là dove i lavoratori venivano pagati con salari da fame, menomando i diritti maturati in Occidente attraverso una politica di precarizzazione selvaggia del lavoro (loro la chiamavano "flessibilità"). Una nuova corsa al profitto veniva proposta ai possessori di capitali, sventrando Welfare e diritti maturati in anni di lotte e mobilitazioni di popolo. Una nuova panacea sembrava a disposizione del capitale globale: investire i surplus nella finanza, realizzando denaro dal denaro, dando vita ad una "architettura finanziaria globale" che avrebbe consentito di armonizzare ogni situazione di difficoltà da parte di governi consapevolmente complici dell'inasprirsi delle disuguaglianze sociali.
Oggi, mentre i potenti della terra si apprestano a riunirsi a Lecce per un vertice mondiale sull'economia, è tempo di bilanci. Rispetto alle promesse del G8 di Genova, siamo di fronte ad uno scenario capovolto. Il bilancio è impietoso e la parola che risuona in tutte le zone del pianeta è una soltanto: crisi. Non una crisi di passaggio: tutti gli addetti ai lavori concordano, si tratta della crisi più grave degli ultimi 80 anni. La situazione è sotto gli occhi di tutti: milioni di lavoratori disoccupati, aziende sul lastrico o in ristrutturazione selvaggia, crescita esponenziale del debito pubblico e diminuzioni del Pil, classe media impoverita ovunque. Non è un caso che questo processo abbia preso le mosse dalla guerra , considerata dai Paesi guida del G8 la miglior risposta all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001. In particolare la feroce guerra in Iraq ha assorbito una impressionante quantità di denaro, il cui finanziamento è stato reso possibile dalla vendita di buoni del tesoro statunitensi sul mercato internazionale contando su una forte diminuzione dei tassi d'interesse, collegando a questa politica il via libera a prodotti finanziari sofisticati che impegnavano il consumatore a spendere un denaro inesistente, con margini di rischio nascosti da analisi di rating manipolate.
I profitti della globalizzazione hanno incrementato il divario tra Nord e Sud del pianeta, consentito speculazioni formidabili sull'ambiente e sui beni primari (a cominciare dall'acqua), imposto politiche di privatizzazione generalizzata. I profitti della globalizzazione non hanno placato la fame e la sete nel mondo. Al contrario: ogni giorno la tragedia della sopravvivenza conquista nuovo spazio nel pianeta. La sperequazione colpisce l'organizzazione sociale: aumenta ovunque la disuguaglianza, la ricchezza è concentrata nelle mani di un pugno di uomini, mentre milioni e milioni si chiedono se domani potranno contare su un salario.
La globalizzazione neo-liberista è fallita.
E' bastato un decennio per passare dall'entusiasmo ideologico al disastro economico-finanziario, dal trionfo del capitalismo post-guerra fredda alla recessione.
Che cosa possono dire al mondo di nuovo e importante un nugolo di ministri economici e di banchieri che, in non pochi casi, hanno avuto un ruolo di primaria importanza per sospingere la situazione fine alla sua attuale condizione di crisi globale? Non è un G8 già svuotato, e neppure un G20, che possono arrogarsi il ruolo del governo mondiale dell'economia.
Noi, ricordando le tante dichiarazioni, gli appelli, i manifesti prodotti dal movimento da Seattle ad oggi, ribadiamo che la rotta dell'economia mondiale va cambiata. Le nostre preoccupazioni e le nostre dure critiche alla retorica e alla pratica della globalizzazione si sono dimostrate del tutto giustificate e fondate. Assistiamo al dibattersi dei governi in una spirale di provvedimenti di emergenza che rivelano liquidità inimmaginabili, laddove per un decennio si era detto che non esistevano materialmente le risorse per intervenire sui tanti fronti delle tragedie umanitarie e per sanare con la dovuta forza il degrado dell'ambiente, violentato da decenni di produzioni di massa avvelenate. Liquidità utilizzata per salvataggi governativi che vengono operati verso le grandi banche, le stesse che hanno inventato una miriade di prodotti finanziari derivati a danno dei consumatori. Niente sembra indicare un ridimensionamento delle industrie delle armi, voragini di denaro che alimentano insanabili divisioni tra i popoli del pianeta . Nessun piano significativo, al passo con la gravità della situazione, sembra venire dai grandi vertici mondiali. Il G20 di Londra non a caso è stato deludente e non ha portato a nessuna conclusione degna di nota.
Il vertice politico-economico del G8 si terrà in Italia, dove il Mezzogiorno si impoverisce, mentre il governo inventa diversivi mediatici per coprire l'assenza di programma economico, mentre si tagliano indispensabili risorse in tutti i settori strategici del Welfare, abbassando la qualità della vita e pregiudicando il futuro delle giovani generazioni. Questa sostanziale incapacità di governare la crisi è peraltro accompagnata dalla promessa di opere faraoniche di dubbia utilità collettiva e di certa distruttività ambientale, indici di un titanismo di cartapesta che sembra mal comprendere la gravità e la profondità della crisi.
Noi, ricordando che a Genova avevamo affermato che un altro mondo è possibile, troviamo improprio che le grandi potenze economiche della terra discutano tra di loro a porte chiuse, arroccate in una arrogante posizione di isolamento proprio mentre tutte le scommesse da esse giocate sulla pelle dei più deboli sono state perse.
Nei giorni del vertice di Lecce noi saremo nelle piazze e nelle strade per discutere della crisi globale, per dare la voce a esperienze di riflessione critica e a quelle realtà che, con progetti 1) innovativi, stanno sperimentando modelli economici e sociali diversi e alternativi a quelli, disastrosi, delle politiche economiche delle grandi potenze.
Saremo a Lecce per riflettere e contestare, convinti che 2) la partecipazione diretta dei cittadini alle scelte politiche sia un diritto fondamentale che va esercitato sempre. Tanto più oggi, dentro una crisi che morde la vita di ognuno e che colpisce maggiormente le fasce più deboli.
Oggi un altro mondo non solo è possibile, ma è necessario. Oggi vanno ascoltate le ragioni di quanti, puntando sulla creazione ed estensione di reti di comunicazione partecipate, 3) chiedono un mutamento radicale delle politiche economiche mondiali.
Facciamo appello alla società civile, ai movimenti, alle associazioni, ai sindacati e a quanti concordino con questo manifesto per dare vita a un percorso di iniziative che culmini il 12 giugno in un convegno sulla crisi globale e le alternative economiche e il 13 giugno in una manifestazione nazionale a Lecce.
Coordinamento NoG8 economia Lecce
Io direi in questo modo, ai punti:
1) "organizzativi, di fronte o blocco popolare, che si pongano il problema del superamento di questo sistema sociale oramai allo sfascio totale e attraverso l'organizzazione dal basso, autonoma dalle forze politiche che hanno tradito gli interessi della gente, si metta alla testa delle numerose lotte di resistenza agli attacchi portati avanti dai governi asserviti ai padroni, ai criminali, agli squali che ci hanno condotto in questo marasma totale di crisi economica, morale, culturale e ambientale, come mai è avvenuto finora sulla terra, e cacci via tutti questi criminali a calci nel sedere.
2) Tutti coloro che siedono a questo vertice faranno soltanto gli interessi delle grosse oligarchie economiche mondiali contro i poveri del mondo, solo governi dei popoli eletti direttamente nei comitati di lotta, nelle assemble, e nei luoghi di lavoro potranno porre fine alle loro politiche economiche cosi devastanti.
3) si mettono alla testa delle lotte per dargli gli indirizzi di classe giusti e si pongono come alternativa reale ai progetti dei "potenti" del mondo con progetti e programmi popolari.
In Italia Un eventuale governo di blocco popolare, che sarà l'unica vera alternativa alla politica dei governi dei padroni, dovrà prendere le seguenti misure per fare fronte alla crisi e farla pagare ai padroni e ai ricchi che l'hanno generata:
1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
3. Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato).
4. Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l´uomo o per l´ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.
5. Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva.
6. Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
QUESTE SONO LE COSE CHE DOBBIAMO DIRE ALLA GENTE SE VOGLIAMO DAVVERO CHE IL MONDO CAMBI, SENZA FARSI ILLUSIONI SU UN CAMBIAMENTO VOLONTARIO DEI GOVERNI ATTUALI.
ROSARIO
info@???
MODIFICATO
Manifesto per il controvertice sull'economia del G8 di Lecce (12-13 giugno 2009)
Nel 2001 il G8 si riunì a Genova. Furono giorni di violenta sospensione dei diritti civili che ancora pesano nella coscienza collettiva, insieme al ricordo e al dolore per la morte di Carlo Giuliani.
Furono anche giorni in cui i "grandi della terra" snocciolarono il nuovo credo della globalizzazione liberista come fosse una nuova religione universale. A detta loro, il mondo sembrava avviato verso una marcia trionfale economica e politica: il nuovo capitalismo transnazionale avrebbe garantito profitti a tutti coloro che avessero voluto arricchirsi, grazie alle opportunità della mondializzazione. Le ricette che venivano proposte accoglievano l'invito a delocalizzare le produzioni là dove i lavoratori venivano pagati con salari da fame, menomando i diritti maturati in Occidente attraverso una politica di precarizzazione selvaggia del lavoro (loro la chiamavano "flessibilità"). Una nuova corsa al profitto veniva proposta ai possessori di capitali, sventrando Welfare e diritti maturati in anni di lotte e mobilitazioni di popolo. Una nuova panacea sembrava a disposizione del capitale globale: investire i surplus nella finanza, realizzando denaro dal denaro, dando vita ad una "architettura finanziaria globale" che avrebbe consentito di armonizzare ogni situazione di difficoltà da parte di governi consapevolmente complici dell'inasprirsi delle disuguaglianze sociali.
Oggi, mentre i potenti della terra si apprestano a riunirsi a Lecce per un vertice mondiale sull'economia, è tempo di bilanci. Rispetto alle promesse del G8 di Genova, siamo di fronte ad uno scenario capovolto. Il bilancio è impietoso e la parola che risuona in tutte le zone del pianeta è una soltanto: crisi. Non una crisi di passaggio: tutti gli addetti ai lavori concordano, si tratta della crisi più grave degli ultimi 80 anni. La situazione è sotto gli occhi di tutti: milioni di lavoratori disoccupati, aziende sul lastrico o in ristrutturazione selvaggia, crescita esponenziale del debito pubblico e diminuzioni del Pil, classe media impoverita ovunque. Non è un caso che questo processo abbia preso le mosse dalla guerra , considerata dai Paesi guida del G8 la miglior risposta all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001. In particolare la feroce guerra in Iraq ha assorbito una impressionante quantità di denaro, il cui finanziamento è stato reso possibile dalla vendita di buoni del tesoro statunitensi sul mercato internazionale contando su una forte diminuzione dei tassi d'interesse, collegando a questa politica il via libera a prodotti finanziari sofisticati che impegnavano il consumatore a spendere un denaro inesistente, con margini di rischio nascosti da analisi di rating manipolate.
I profitti della globalizzazione hanno incrementato il divario tra Nord e Sud del pianeta, consentito speculazioni formidabili sull'ambiente e sui beni primari (a cominciare dall'acqua), imposto politiche di privatizzazione generalizzata. I profitti della globalizzazione non hanno placato la fame e la sete nel mondo. Al contrario: ogni giorno la tragedia della sopravvivenza conquista nuovo spazio nel pianeta. La sperequazione colpisce l'organizzazione sociale: aumenta ovunque la disuguaglianza, la ricchezza è concentrata nelle mani di un pugno di uomini, mentre milioni e milioni si chiedono se domani potranno contare su un salario.
La globalizzazione neo-liberista è fallita.
E' bastato un decennio per passare dall'entusiasmo ideologico al disastro economico-finanziario, dal trionfo del capitalismo post-guerra fredda alla recessione.
Che cosa possono dire al mondo di nuovo e importante un nugolo di ministri economici e di banchieri che, in non pochi casi, hanno avuto un ruolo di primaria importanza per sospingere la situazione fine alla sua attuale condizione di crisi globale? Non è un G8 già svuotato, e neppure un G20, che possono arrogarsi il ruolo del governo mondiale dell'economia.
Noi, ricordando le tante dichiarazioni, gli appelli, i manifesti prodotti dal movimento da Seattle ad oggi, ribadiamo che la rotta dell'economia mondiale va cambiata. Le nostre preoccupazioni e le nostre dure critiche alla retorica e alla pratica della globalizzazione si sono dimostrate del tutto giustificate e fondate. Assistiamo al dibattersi dei governi in una spirale di provvedimenti di emergenza che rivelano liquidità inimmaginabili, laddove per un decennio si era detto che non esistevano materialmente le risorse per intervenire sui tanti fronti delle tragedie umanitarie e per sanare con la dovuta forza il degrado dell'ambiente, violentato da decenni di produzioni di massa avvelenate. Liquidità utilizzata per salvataggi governativi che vengono operati verso le grandi banche, le stesse che hanno inventato una miriade di prodotti finanziari derivati a danno dei consumatori. Niente sembra indicare un ridimensionamento delle industrie delle armi, voragini di denaro che alimentano insanabili divisioni tra i popoli del pianeta . Nessun piano significativo, al passo con la gravità della situazione, sembra venire dai grandi vertici mondiali. Il G20 di Londra non a caso è stato deludente e non ha portato a nessuna conclusione degna di nota.
Il vertice politico-economico del G8 si terrà in Italia, dove il Mezzogiorno si impoverisce, mentre il governo inventa diversivi mediatici per coprire l'assenza di programma economico, mentre si tagliano indispensabili risorse in tutti i settori strategici del Welfare, abbassando la qualità della vita e pregiudicando il futuro delle giovani generazioni. Questa sostanziale incapacità di governare la crisi è peraltro accompagnata dalla promessa di opere faraoniche di dubbia utilità collettiva e di certa distruttività ambientale, indici di un titanismo di cartapesta che sembra mal comprendere la gravità e la profondità della crisi.
Noi, ricordando che a Genova avevamo affermato che un altro mondo è possibile, troviamo improprio che le grandi potenze economiche della terra discutano tra di loro a porte chiuse, arroccate in una arrogante posizione di isolamento proprio mentre tutte le scommesse da esse giocate sulla pelle dei più deboli sono state perse.
Nei giorni del vertice di Lecce noi saremo nelle piazze e nelle strade per discutere della crisi globale, per dare la voce a esperienze di riflessione critica e a quelle realtà che, con progetti organizzativi, di fronte o blocco popolare, che si pongono il problema del superamento di questo sistema sociale oramai allo sfascio totale e attraverso l'organizzazione dal basso, autonoma dalle forze politiche che hanno tradito gli interessi della gente, si metta alla testa delle numerose lotte di resistenza agli attacchi portati avanti dai governi asserviti ai padroni, ai criminali, agli squali che ci hanno condotto in questo marasma totale di crisi economica, morale, culturale e ambientale, come mai è avvenuto finora sulla terra, e cacci via tutti questi criminali a calci nel sedere.
Saremo a Lecce per riflettere e contestare, convinti che tutti coloro che siedono a questo vertice faranno soltanto gli interessi delle grosse oligarchie economiche mondiali contro i poveri del mondo, solo governi dei popoli eletti direttamente nei comitati di lotta, nelle assemblee, e nei luoghi di lavoro potranno porre fine alle loro politiche economiche cosi devastanti.
Tanto più oggi, dentro una crisi che morde la vita di ognuno e che colpisce maggiormente le fasce più deboli.
Oggi un altro mondo non solo è possibile, ma è necessario. Oggi vanno ascoltate le ragioni di quanti, puntando sulla creazione ed estensione di reti di comunicazione partecipate, si mettono alla testa delle lotte per dargli gli indirizzi di classe giusti e si pongono come alternativa reale ai progetti dei "potenti" del mondo con progetti e programmi popolari.
In Italia Un eventuale governo di blocco popolare, che sarà l'unica vera alternativa alla politica dei governi dei padroni, dovrà prendere le seguenti misure per fare fronte alla crisi e farla pagare ai padroni e ai ricchi che l'hanno generata:
1.Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa).
2.Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
3.Assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato).
4.Eliminare attività e produzioni inutili e dannose per l´uomo o per l´ambiente, assegnando alle aziende altri compiti.
5.Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva.
6.Stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Facciamo appello alla società civile, ai movimenti, alle associazioni, ai sindacati e a quanti concordino con questo manifesto per dare vita a un percorso di iniziative che culmini il 12 giugno in un convegno sulla crisi globale e le alternative economiche e il 13 giugno in una manifestazione nazionale a Lecce.
Coordinamento NoG8 economia Lecce