lavoro repubblica
Quelli che dicono la mafia non esiste
NANDO DALLA CHIESA
MAFIA a Genova? Non sono stato chiamato a collaborare con Marta Vincenzi su questi temi. Ma visto che ne studio e scrivo da più di trent´anni, e che ho partecipato a diversi organismi istituzionali che se ne sono occupati, chiedo la parola.
Suggerirei di assumere come primo riferimento, più che le opinioni dei singoli, la relazione della Commissione parlamentare antimafia del 2006, l´ultima a chiudere un´intera legislatura di lavoro.
Vi si trovano ben trentadue pagine dedicate alla Liguria (più che all´Emilia; più che al Lazio), con numerosi riferimenti alla realtà genovese.
Da cui emergono due dati: la dissonanza di opinione degli stessi protagonisti istituzionali circa l´esistenza in città della mafia, nelle sue varie forme; la buona incisività degli interventi comunque realizzati in diversi settori investigativi.
Il primo dato riflette il cronico dibattito delle regioni del nord: c´é/ non c´è.
E nulla lo illustra bene quanto la dichiarazione di una magistrata stimata come Anna Canepa: "Ho speso dieci anni della mia vita professionale per cercare il riconoscimento del reato di associazione di stampo mafioso a Genova", diceva alla Commissione, ricordando di non essere riuscita a ottenere la condanna per tale reato contro noti emissari di Cosa Nost
Il secondo dato (l´incisività di alcune operazioni) dimostra che la materia per intervenire c´era e si riproduceva a macchia di leopardo.
Le organizzazioni mafiose qui non spadroneggiano sul territorio - era la sintesi della Commissione -, non sono contigue alla politica, ma esistono e tendono a insediarsi ulteriormente per una pluralità di motivi, anche strategici (la Francia, il porto, la Versilia, ecc).
Basta leggere gli atti, dunque. Molti nomi sono già lì, se il problema è quello. A me sembra però che il dibattito sorto dall´allarme-denuncia di Marta Vincenzi sia soprattutto un "già visto" in piena regola. Trent´anni fa tipico (per malafede) delle regioni del sud. Da un po´ di tempo tipico (per impreparazione) delle regioni del nord. Con le consuete, e dannose, interferenze della ragion politica. L´altro giorno, solo per fare l´ultimo esempio, il prefetto di Parma ha smentito Saviano sulla presenza della camorra in città. Ma la magistratura emiliana competente lo ha subito smentito a sua volta: a noi invece risulta e ci stiamo indagando; le sono già stati confiscati dei beni, addirittura (come alla mafia a Genova, peraltro). Ancor più clamoroso fu il caso del procuratore generale di Milano che nel ´92 aprì l´anno giudiziario smentendo che vi fossero prove di una presenza della mafia in città e provincia. Era una polemica indiretta contro chi, in consiglio comunale, aveva chiesto e ottenuto una commissione d´indagine sulla mafia. Bene, nei tre anni successivi la Procura di Milano arrestò migliaia (migliaia!) di membri delle cosche calabresi. E il maxiprocesso relativo si concluse con più ergastoli di quanti ne avesse mai irrogati un tribunale siciliano o calabrese. Occorre conoscenza, dunque. E guardia alta, molto alta.
Qualche mese fa dei signori con valigetta piena di banconote hanno fatto visita a qualche commerciante di Nervi promettendo aiuto in caso di bisogno.
È un classico: crisi di liquidità-usura.
Ne è nata un´assemblea pubblica con pubblica denuncia.
A parlarne si nuoce all´economia cittadina? Questa, mi si permetta di notarlo, è da sempre la prima obiezione nelle città malate di cultura mafiosa. L´economia cittadina si difende piuttosto tutelando al massimo la trasparenza, la libertà e la sicurezza del mercato, degli affari e dei singoli operatori. Non bisogna cannoneggiare su nessuno. Solo stare attenti e non dimenticare quel che già è accaduto. Il turismo non ne soffrirà. A Roma la confisca (giustamente pubblicizzata) dei beni della banda della Magliana non ha frenato né le visite al Colosseo né quelle ai Musei Vaticani. La mafia, diversamente dalla piccola malavita, non fa borseggi né rapine ai turisti. Si occupa d´altro. Questo almeno dovremmo saperlo tutti.
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