[NuovoLab] Secolo XIX: Gronda, Bagnasco, Comitati....

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Secolo xix

Il cardinale Bagnasco benedice le opere stradali
la strana omelia
Durante la messa l'arcivescovo invita le autorità ad agire per Terzo Valico e Gronda: così Genova può uscire dall'isolamento
È LA BENEDIZIONE del cardinale Angelo Bagnasco al Terzo valico e (per la prima volta) alla Gronda. E arriva nel modo più inatteso, durante la messa di San Giuseppe, patrono del mondo del lavoro. L'arcivescovo di Genova invita ad agire, senza più tentennamenti. «Le leggi e le procedure vanno certamente rispettate - dice - ma senza lungaggini, vischiosità e sospetti continui che non aggiungono nulla e solo scoraggiano. Facendo perdere tempo, occasioni, risorse».
Bagnasco interviene nel modo più solenne, dall'altare della cattedrale di San Lorenzo. La parola "gronda" non la pronuncerà mai, fino alla fine della celebrazione, quando deciderà di sgombrare il campo dalle incertezze.
L'omelia è dedicata al lavoro che non c'è, alla crisi di fronte alla quale è necessario «deporre le armi dei conflitti più o meno manifesti, dei veti, delle rivalità». E l'unica risposta possibile è la riscoperta del lavoro vero. Fatto di fatica e sudore e sacrifici che certamente toccano le singole famiglie e possono segnare il territorio, ma sono finalizzati a un bene futuro, terreno, tangibile.
Tutto questo, nella ricetta del cardinale, deve essere collegato strettamente alla ricerca, all'alta tecnologia, all'industria, ai servizi. Come dire: l'hi tech che sposa la fabbrica, la città del terziario che è chiamata a convivere con quelle della produzione.
E se il turismo è la vocazione recente, il fascino della cittàè dato anche dalle opere dell'uomo: «Ogni volta che torno da Roma in aereo, mi affascina scorgere Genova dall'alto con il suo porto, i cantieri navali, i cantieri prospicienti il mare, i capannoni. Questa è la prima bellezza di Genova, il biglietto di presentazione di una città viva che lavora e produce».
Il presente è oggi, però bisogna guardare oltre, nello spazio e nel tempo. Facendosi carico di responsabilità che non sono solo quelle locali o di quartiere. E al centro del problema tornano le infrastrutture, le rotte commerciali dal porto verso il nord. Ma anche i collegamenti stradali interni o a corona della città. E il pensiero torna alla prospettiva della Gronda, attesa da chi vive come una trappola quotidiana il traffico autostradale, temuta e odiata da chi vede in pericolo la propria casa, la quotidianità, un patrimonio di ricordi e oggetti.
È lo scontro insanabile tra una prospettiva futura di bene comune e un danno concreto alle famiglie interessate oggi alle conseguenze degli interventi. «Aprirsi oltre le colline, diventare così lo sbocco del nord verso il mare, favorire le comunicazioni interne - incalza - tutto questo significa movimento, traffico, forse qualche cambiamento e momentaneo disagio, ma è urgente rompere l'isolamento perché l'isolamento può portare minori disturbi, una certa quiete ripetitiva. Ma certamente porta la morte».
E alludendo chiaramente all'impatto ambientale delle due grandi opere: «Se esiste un criterio per giudicare le priorità tra le scelte da fare, dobbiamo essere tutti convinti che quel criterio è il lavoro. I contorni, pur belli, non valgono la sostanza.
I bisogni di chi è senza lavoro sono immediati, la Chiesa è un avamposto sul terreno del bisogno con la sua rete delle parrocchie e dei centri di ascolto. E dall'altare il pastore dell'arcidiocesi lancia un appello ai suoi fedeli: «Sono decine le mense che ogni giorno sono in funzione e ogni settimana migliaia e migliaia di pacchi viveri vengono distribuiti, tanto che le scorte si vanno esaurendo». Bussano tanti giovani disoccupati ma anche anziani con la pensione al minimo, migliaia di persone che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
In prima fila ad ascoltare il cardinale, come è tradizione per la festività religiosa e civile di San Giuseppe, ci sono i rappresentanti delle istituzioni. Non c'è il sindaco - che ha mandato a rappresentarla il laico di Rifondazione Bruno Pastorino e il cattolico Paolo Veardo - ma c'è il governatore Claudio Burlando, ci sono il presidente della Provincia Alessandro Repetto e il prefetto Annamaria Cancellieri, i vertici delle forze armate e della polizia. In ordine sparso, rappresentanti dei partiti politici dell'opposizione.
«Sento emergere dall'anima un sogno - incalza Bagnasco - che Genova deponga le armi e viva in pace. Le armi dei conflitti più e meno manifesti, dei veti, delle rivalità. La contrapposizione paralizza, la pace è operosa. Le prove di forza disperdono energie e sfiancano la città».
Il cardinale, che per tutta la celebrazione non ha mai pronunciato le parole "gronda" e "terzo valico", rompe gli indugi in sacrestia, di fronte alla domanda precisa: sono queste le infrastrutture alle quali si riferiva nell'omelia? «Certamente - risponde - sono infrastrutture assolutamente necessarie, senza le quali il rischio per Genova è l'isolamento mortale che non si può permettere. Se fino a ieri potevano forse essere dilazionate, oggi sono irrinunciabili».
Bruno Viani
viani@???

Gronda, i comitati contro il via libera di Bagnasco
le reazioni all'omelia del cardinale
Gli assessori Ranieri e Pastorino: «Frasi da non strumentalizzare»
«NON C'È che dire, una bella professione di fede. Certo, trattandosi di uomo di Chiesa, speravo si trattasse di una fede un po'più alta». Ennio Guerci, portavoce di uno dei comitati che si oppongono alla Gronda, replica così all'omelia di Angelo Bagnasco, pronunciata ieri nel corso della tradizionale messa dedicata al mondo del lavoro nella cattedrale di San Lorenzo. L'arcivescovo di Genova, pur senza mai nominare le due opere esplicitamente, ha "benedetto" la realizzazione del Terzo Valico e della gronda di Ponente. Un intervento apprezzato, invece, dal Comune: «Mi sembra un discorso molto sensato», commenta l'assessore alla Cultura Andrea Ranieri, che ha il compito di seguire da vicino il débat public.
«Queste parole mi ricordano la pubblicità della Camera di Commercio: "Io ci credo" - dice ancora Guerci - Abbiamo presentato fior di dati, molti esperti hanno smentito i dati forniti dai promotori di questo progetto, eppure si va avanti così, senza razionalità. Non c'è che dire, un'ottima scelta di tempo. Chi meglio di un cardinale poteva aggiungersi ai potenti che abbiamo contro? Mi meraviglio solo che l'arcivescovo non faccia cenno dell'impatto devastante della gronda sulla popolazione. Per noi non cambia nulla, andiamo avanti per la nostra strada». Dichiarazioni che trovano eco nelle voci degli rappresentanti degli altri comitati. «Sono esterrefatto - dice Claudio Di Tursi, di Manesseno - Mentre tutto il mondo va verso la Green Economy, noi siamo ancora qui a discutere di un'opera da Terzo Mondo. Ora su un'immensa colata di cemento c'è anche la benedizione del cardinale». E l'espressione «professione di fede» ritorna anche nelle parole di Paolo Putti, del comitato di Murta. «È sempre la stessa storia: i potenti si schierano compatti contro i più deboli - dice Putti - Vorrei che Bagnasco rileggesse il Vangelo, Gesù stava dalla parte degli ultimi. In Valpolcevera ci sono almeno tre parroci che ci hanno offferto le sale delle parrocchie e hanno partecipato alle manifestazioni».
«Mi meraviglio che Sua Eccellenza pensi più alle merci che alle persone - commenta Arcadio Nacini, consigliere di Rifondazione comunista e anima dei comitati - Sono d'accordo con Bagnasco quando parla dell'importanza del lavoro. Ma il vero isolamento a cui è stata condannata Genova ha altre responsabilità: abbiamo denunciato dall'inizio delle discussioni che il vero scandalo è la bretella ferroviaria che potrebbe portare via un milione di teu dai porti di Pra' e Voltri. È costata 400 miliardi di vecchie lire, mancano solo 2400 metri di tracciato e dal 1999 è tutto fermo».
Pareri entusiasti dal Comune di Genova. «Condivido in pieno l'omelia di Bagnasco, ma non va strumentalizzata», commenta Bruno Pastorino, assessore alle politiche della casa. «La nostra città ha delle infrastrutture ferme agli anni '70. L'unica cosa che è stata fatta è la metropolitana -conclude Ranieri - Genova deve diventare la capitale del Mediterraneo, ma questo non può avvenire senza la ricreazione di un vero nordovest, a cui servono i giusti collegamenti. Continueremo a spiegarlo durante le assemblee».
Marco Grasso

Il destino della Gronda? Sarà deciso da un funzionario
Il parere contrario di un ufficio affondò il progetto del tunnel. Così, anche dopo il dibattito pubblico, nulla sarà definitivo
20/03/2009
marco menduni
SCENE DA UN FUTURO prossimo venturo. Il dibattito pubblico è concluso, il percorso della Gronda è stato deciso. La scelta finale è sul tavolo di un funzionario della Regione, il dirigente dell'ufficio infrastrutture. Deve firmare il via libera da presentare alla giunta regionale. Deve mettere una firma e lo deve fare assumendosi le responsabilità civili e penali. Ma non è convinto della sostenibilità di quel tracciato, oppure che vi sia davvero un adeguato rapporto costi-benefici da sottoporre all'Anas. Così non firma. Tutto si blocca. Ancora una volta.
È una scena da un futuro immaginario ma tutt'altro che impossibile. Dopo la riforma del titolo quinto della Costituzione, quella sorta di pre-federalismo che regola le cose d'Italia dal 2001, la competenza finale sulle grandi infrastrutture è comunque della Regione. E per la terza volta nella sua storia il destino della Gronda s'intraccerebbe con quello politico dell'attuale presidente Claudio Burlando. Cui spetterebbe comunque la valutazione finale. Dopo lo stop imposto nel 1990 alla bretella Voltri-Rivarolo (allora era vicesindaco) e quello del 2005, già era sullo scranno più alto della Regione. Lo sviluppo futuro della vicenda: il risultato del pubblico dibattito voluto dal sindaco di Genova Marta Vincenzi, quale che sia, ancora una volta non sarà definitivo. E la palla tornerà in mano alla Regione.
Ma per capire meglio questo scenario vale la pena di fare un passo indietro. Molto indietro, in un percorso che porta a comprendere quale potrà essere lo scenario finanziario ed economico della Gronda, quanto la sua convenienza per chi la costruirà, quali le ripercussioni sulle tasche dei cittadini.
Percorso che parte addirittura (tassello molto antico della storia, ma fondamentale per capirne il seguito) al 1977. In quell'anno il presidente del Consiglio è Giulio Andreotti. Il quale decide che l'Italia, all'epoca Paese avanzatissimo sul piano delle infrastrutture, non ha più bisogno di nuove autostrade. Il passaggio numero due è del 1998, quando Schema 28, la finanziaria di Benetton, acquista da Iri-Italstar la concessione della società Autostrade. In quell'occasione Schema 28 chiede un adeguamento delle tariffe e che, per il futuro, i pedaggi siano legati all'inflazione programmata.
Perché anche questo passaggio è fondamentale per capire? Perché nel frattempo, nel 1998, Paolo Costa, al ministro dei Lavori pubblici , e Carlo Azeglio Ciampi, ministro dell'Economia del primo governo Prodi, emanano una direttiva. E impongono alle concessionarie l'impossibilità di finanziare nuove opere con il prolungamento delle concessioni quarantennali, che scadranno nel 2038. Quella direttiva non è mai stata cancellata.
Il risultato? È vero che le opere potranno essere ripagate da aumenti tariffari su tutto il territorio nazionale, Gronda compresa. Ma è vero anche che il recupero degli investimenti non potrà essere "spalmato" su un numero di anni che eccede quella data. Via via che il tempo passa, gli anni diventano sempre meno. Così o l'investimento diviene antieconomico, o i pedaggi devono aumentare in maniera consistente, per "sopportare" un'opera che rispetto alla previsione di spesa di 1.836 milioni di euro nel 2004 ne costa, a oggi, già il doppio.
La Gronda di Ponente, come già abbiamo spiegato nella prima puntata di questa inchiesta, è già costata una decina di milioni di euro per progettazioni che non hanno portato a nulla.
Ricompare ancora una volta in un documento del 2004, dal burocratico nome di "IV atto aggiuntivo", nel quale viene dato il via libera a una serie di grandi opere infrastrutturali da finanziare con l'aumento dei pedaggi. La tabella di questa pagina spiega lo stato di avanzamento dei lavori delle opere autorizzate insieme alla Gronda. Eppure anche quel parto è travagliato. Perché? L'allora ministro Giulio Tremonti teme il riaccendersi dell'inflazione e non porta al Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica, queste scelte.
Così la trafila, stavolta, è molto diversa dal solito. Il governo non decide e passa la patata bollente al Parlamento. Che approva il progetto 24 maggio 2004. C'è l'aumento per l'inflazione programmata. E c'è l'aumento dei pedaggi per finanziare le opere. Ma a un patto; che parta solo quando l'opera ha avuto il via libera e sia progressivo man mano che i lavori vanno avanti.
In realtà i lavori preparatori di questo accordo iniziano già nel 2002. Vale la pena anche ricostruire gli incontri più importanti, per capire anche come si sia arrivati, sempre nel 2005, alla bocciatura di un progetto che aveva raccolto un robusto consenso: il tunnel sotto il torrente Polcevera, che in un colpo solo avrebbe spazzato via tutte le polemiche su ponti e viadotti. Perché anche in quel caso fu un ufficio della Regione (il Via, cioè quello che valuta l'impatto ambientale) a sancire, con il suo no, l'affondamento del progetto.
Il 3 ottobre 2002 s'incontrano a Roma, nella sede dell'Anas, il direttore generale Francesco Sabato, il capo ispettorato di vigilanza concessioni autostradali Mario Coletta, e i tre assessori degli enti liguri interessati al progetto. C'è anche Marta Vincenzi (area vasta del Comune). Viene accettata l'ipotesi della Gronda medio bassa. La Vincenzi afferma: «Il punto di vista del Comune non prevede l'opzione zero». La Provincia «si adegua ai concetti espressi dalla Vincenzi» e mette a disposizione i piani di bacino.
Il 28 gennaio 2003 Mario Virano, consigliere di amministrazione di Anas, poi commissario per la Tav in Val di Susa, prende atto della situazione: «Se esiste una preoccupazione per il tracciato, lo stesso sarà analizzato sulla base della corrispondenza tra autostrade e Anas». È in questo momento che, per superare l'impasse, inizia a farsi strada una nuova idea. Un tunnel. Una galleria che passi sotto il Polcevera, tagliando la testa al toro e non coinvolgendo gli abitanti. O, almeno, il minor numero possibile.
Il 4 marzo 2003 il progetto viene quasi acclamato. Marta Vincenzi: «Siamo in sintonia». Alessandro Repetto, presidente della Provincia: «Interessante, da sottoporre alla giunta». Virano: «Consente di risolvere subito e bene il problema del nodo di Genova senza interferire con i piani finanziari della gronda di levante».
Nell'ottobre 2004 il progetto preliminare avanzato di "passaggio in subalveo", cioè sotto il torrente, è pronto e già allega lo studio di impatto ambientale. Poi, però arriva lo stop degli uffici della Regione: «Potrebbe compromettere le falde che danno acqua al quartiere di Sampierdarena». Si ferma tutto. Così come potrebbe accadere ancora.
(2 - continua. la prima puntata è stata pubblicata il 16 marzo)
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Carlo

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