Un resoconto del presidio dell’8 marzo a Roma di fronte alla sez. femminile del carcere di Rebibbia
In vista dell’inizio della settimana di sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo, che dal 9 al 15 marzo coinvolgerà le carceri del Lazio per poi concludersi a livello nazionale lunedì 16, la scorsa domenica 8 marzo circa 200 persone hanno dato vita ad una giornata di mobilitazione in solidarietà con le prigioniere ed I prigionieri, nella forma di un presidio che dalle 11 al tramonto ha occupato (come già lo scorso 31 dicembre e in molteplici altre occasioni) il pratone antistante all’edificio della sezione femminile del carcere di Rebibbia. L’iniziativa, costruita da Ateneo Occupato, L38 squat, Torre Maura Occupata, Interoceanica pirata, Collettivo Nodo Solidale e varie individualità anarchiche e antiautoritarie, è stata preceduta e preparata da volantinaggi e banchetti informativi effettuati per varie settimane in concomitanza con l’orario dei colloqui al femminile e dall’affissione per le strade di Roma di 1000
manifesti, più vari striscioni e tatzebao. Oltre alle realtà e alle individualità direttamente coinvolte in tutte le fasi della sua costruzione, la giornata ha visto la partecipazione attiva, anche negli interventi al microfono, di compagne femministe, familiari e amici di detenuti (con molti dei quali si era preso contatto durante i volantinaggi) e la presenza di varie distribuzioni di materiale anarchico e libertario. Oltre a confermare il sostegno alla lotta delle recluse e dei reclusi, in vista dell’inizio della settimana di sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo, e al rifiuto totale dell’istituzione carceraria e della società che lo produce, abbiamo scelto di affrontare in modo particolare la condizione di oppressione riservata alle donne, sia dentro che fuori dalle gabbie delle prigioni. E abbiamo scelto di farlo precisamente nel giorno in cui le istituzioni di questa società, che alla violenza e al controllo distribuiti
indiscriminatamente ai propri nemici (clandestini, sfruttati, ribelli) aggiunge la sottomissione e lo sfruttamento ulteriormente riservati al genere femminile, rendono il proprio omaggio ipocrita al “gentil sesso”. Laddove la propaganda securitaria vorrebbe mistificare la natura sociale e patriarcale della violenza sulle donne e del loro sfruttamento, ricordandosi di loro unicamente nel ruolo mediatico di vittime della barbarie di feroci violentatori stranieri, abbiamo confermato il nostro rifiuto di ogni forma di repressione e punizione promessa dalle istituzioni “in nome delle donne”. Pretendere e delegare la propria autodifesa alla stessa autorità che è in primo luogo responsabile di ogni forma di sopraffazione e schiavitù, non solo ci renderebbe complici della campagna xenofoba funzionale alla gestione autoritaria dei crescenti conflitti sociali, ma soprattutto ci impedirebbe di riconoscere che è la stessa autonomia e autodeterminazione
delle donne a costituire uno dei principali obiettivi delle odierne ronde punitive contro i “rumeni stupratori“ (cittadine, poliziesche, giudiziarie o mediatiche che siano).
Nei vari interventi si è inoltre ricordata l’infamia della reclusione di bambini e bambine insieme alle loro madri nel carcere di Rebibbia (ad oggi una trentina su 13 posti previsti, secondo quanto appreso da fonte diretta), in solidarietà con le detenute della sezione nido che, aderendo alla giornata di mobilitazione contro l’ergastolo dello scorso 1?dicembre, avevano nuovamente denunciato questa odiosa forma di accanimento. Sempre dal microfono si è lanciato un invito alla partecipazione all’incontro-dibattito su carcere, repressione e solidarietà ai prigionieri previsto per il prossimo giovedì 12 all’università La Sapienza e ai presidi che si svolgeranno sempre di fronte al femminile di Rebibbia venerdì 13 marzo e di fronte al carcere di Viterbo il giorno successivo, nel pieno della settimana di sciopero della fame che coinvolgerà le carceri della regione Lazio.
PER UNA SOCIETÀ LIBERA DALLE GABBIE