L'avanguardista Renzi, il giovanotto, ignora (ma chi avrebbe potuto
insegnarglielo?) che il conflitto è il sale, che dico, il motore della
democrazia e che il rapporto istituzioni-movimenti è vitale: si chiama per
l'appunto mediazione, parola che lui aborre e che sta alla base della
politica moderna (a dire il vero, anche di quella medievale).
Spero che poi, in altra sede, lui non si riempia la bocca con l'esaltazione
della "società civile", perché sarebbe una presa per i fondelli, che
nasconderebbe semplicemente la strumentalizzazione e la subordinazione dei
"sudditi" (non si considerano forse tipi come lui dei monarchi, una volta
designati dall'informe "popolo"?) da parte degli oligarchi di turno. Se
questa è democrazia...
Se questo è il futuro del PD, allora ha ragione un dirigente nazionale del
PRC, quando, almeno in privato, a proposito del ventilato (quanto
problematico) bipartitismo italiano, parla, non tanto paradossalmente, di
"bi-fascismo". Non vorrei, non avrei voluto dargli ragione.
Infatti, ha le idee chiare il ragazzo "o prendiamo il vento nuovo o saremo
spazzati via". Insomma, ipotizza una sana competizione tra due
autoritarismi, senza rendersi conto che chi ha il marchio di fabbrica la sa
infinitamente più lunga di lui.
Quindi, per il bene della democrazia, perché personaggi come il Renzi non
fungano da altrettanti Facta, quello che gli si può augurare è di prendere
una bella facciata (e magari più d'una, se vale a fargli imparare la
lezione). Anche a costo che a Firenze vinca il Popolo delle Libertà? Se il
risultato è che ne risulti sconfitta un'ipotesi esiziale per l'esistenza di
un'opposizione in Italia, ebbene, io oso essere disfattista, rispondo di sì.
Giacomo Casarino
 
-----Messaggio originale-----
Da: forumSEGE@??? [
mailto:forumSEGE@yahoogroups.com] Per conto
di Carloge
Inviato: sabato 7 marzo 2009 8.20
A: ambiente liguria
Oggetto: [forum Sinistra Europea GE] Renzi: il nuovo Pd dica no ai comitati
Secolo xix
Renzi: il nuovo Pd dica no ai comitati
intervista al giovane candidato sindaco di firenze
Il "ribelle": «Bisogna scegliere, non paralizzare»
genova. E' considerato il nuovo enfant prodige del Partito democratico. Ma  
anche un ribelle. Certo Matteo Renzi, vincitore delle primarie e candidato  
sindaco di Firenze alle prossime elezioni del 6 e 7 giugno, non le manda a  
dire. «Il Pd avrà un futuro quando la smetterà di seguire il  
chiacchiericcio, il "segue dibattito", il cicaleccio dei vari comitati pro  
& anti». Il Secolo XIX lo intervista perché Genova e la Liguria sono ormai  
l'epicentro di un fenomeno, i "comitati contro", che peraltro dilaga in  
tutto il Paese. E Renzi non ha dubbi sull'esigenza di alzare un argine:  
«Il comitatismo, quando diventa mancanza di decisione, rappresenta un  
handicap. La politica è assunzione di responsabilità, capacità di scelta,  
non paralisi». Dice, ma ha già fatto. I Verdi avevano approvato il  
programma della Provincia di Firenze, che Renzi presiede,  
termovalorizzatore compreso. Poi hanno svoltato, seguendo l'onda di Beppe  
Grillo. «Scherziamo, un programma cambiato per le parole di un comico? Li  
ho messi fuori dalla maggioranza».
Renzi, il ribelle del Pd
Il vincitore delle primarie di Firenze: «Grave errore l'alleanza con i  
movimenti»
firenze.«La difficoltà di decisione politica e l'esplosione dei mille  
comitati che imprigionano i vertici sono due realtà collegate tra loro. Io  
sono convinto di una cosa: il Partito democratico avrà un futuro quando la  
smetterà di seguire il chiacchiericcio, il segue dibattito, il cicaleccio  
dei vari comitati pro & anti, per l'alto e per il basso, per questo e  
contro quello». A parlare, in questa intervista al Secolo XIX, è Matteo  
Renzi, vincitore delle primarie del Pd a Firenze, dove ha sbaragliato due  
ex Ds ed un cattolico democratico come Lapo Pistelli, ed ora è candidato a  
sindaco nel capoluogo toscano per le elezioni del 6 e 7 giugno prossimi.
Renzi, buttiamola sul concreto: il centrosinistra di governo sembra non  
saper più decidere, imbrigliato da comitati pro e contro una strada, di  
protesta o di appoggio a quella mattonella. È così?
«Non c'è ombra di dubbio: il comitatismo quando diventa mancanza di  
decisione, incertezza politica, rappresenta un vero e proprio handicap. Un  
problema da superare. Pensiamoci bene, la politica è assunzione di  
responsabilità, capacità di scelta, non paralisi».
Belle parole le sue. Pescando dalla vita quotidiana dei cittadini  
italiani, ci faccia un esempio di cosa funziona e di cosa non va.
«Le faccio subito un esempio. Come sapete io sono presidente della  
provincia di Firenze. Bene, io ho fatto fuori i Verdi dall'alleanza di  
governo in provincia perché, nel 2004 alla vigilia delle elezioni, quando  
ho presentato il programma di governo loro avevano sottoscritto l'accordo  
per la realizzazione di un termovalorizzatore. Sa cosa è successo poco  
tempo dopo? È accaduto che, alla prima ammuina di Beppe Grillo sul tema  
dell'ambiente, questi hanno cominciato a gridare che il termovalorizzatore  
non si doveva fare. Un programma di governo cambiato per le parole di un  
comico? Ma stiamo scherzando? Così li ho messi fuori dalla maggioranza».
Lei ha 34 anni, ritiene che la nomenklatura del Pd, parliamo degli over  
50, sia troppo propensa ai compromessi con comitati e partitini vari? Lei  
Dario Franceschini l'ha chiamato vicedisastro?
«Un pezzo del gruppo dirigente del Partito democratico di oggi, e parlo  
dei cinquantenni e oltre a cui accennava lei, non c'è dubbio che sia  
legato alle mediazioni politiche, all'impasse nelle decisioni importanti.  
Per non essere reticente faccio i nomi e i cognomi. Comincio con un  
esempio per me positivo e poi vado avanti con un altro che per me non è  
affatto positivo. Cominciamo dal buono e prendiamo Sergio Chiamparino, il  
sindaco di Torino: lui si è fatto valere ed ha realizzato cose buone,  
decidendo ed assumendosi le proprie responsabilità di amministratore.  
Dall'altra parte, parlando di quello che non va, abbiamo, in Campania e a  
Napoli, il secondo Antonio Bassolino, la Rosa Russo Iervolino e il verde  
Dino Di Palma. Beh, le dico che hanno fatto male a non dimettersi, ma non  
per il problema delle indagini e tutto il resto, quello non mi interessa,  
bensì per ragioni tutte politiche. Perché ad un certo punto, con grande  
vergogna di tutti gli italiani, i rifiuti hanno sommerso Napoli e  
l'immagine che ne è venuta fuori non era certa buona».
Lei, nei suoi interventi pubblici, usa spesso la parola "coraggio": che  
cosa intende di preciso?
«Guardi, in politica ci vuole coraggio. A me, per esempio, hanno detto 'tu  
rifai il presidente della provincia', come a dire 'ti piazziamo'. Io ho  
deciso di giocare tutte le mie carte sul comune, dicendo che se perdo  
torno al mio lavoro, perché io non mi faccio "piazzare" da nessuno. Questa  
scelta è stata apprezzata dai cittadini. Oggi la cooptazione non funziona  
più, i meccanismi sono cambiati. O prendiamo il vento nuovo o saremo  
spazzati via. Per me la cosa migliore che posso fare per aiutare il  
partito, è vincere a Firenze. Se si perde, suonano le campane a morto».
Lui, del resto, queste cose le pensa e le scrive da tempo. Dieci anni fa,  
in un libro-dialogo vergato a quattro mani con Lapo Pistelli (quando si  
dice il destino), «Ma le giubbe rosse non uccisero Aldo Moro. La politica  
spiegata a mio fratello», annotava.
«Io, giovane moderno, come mi chiami in genere, posso anche sforzarmi di  
capire quando si parla di politica. Il problema è che voi, che la politica  
dite di farla (e in questo voi metto dentro tutti i tuoi colleghi che  
mettono le loro chiappette su una bella poltrona alla Camera, nel Senato,  
alle Regioni, nei Comuni, eccetera) siete dei maestri nel non farvi  
capire, nell'esprimervi con discorsi fumosi e inconcludenti». Più chiaro  
di così?
Massimiliano Lenzi
-- 
Carlo
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