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Torino. Contro la violenza sessista, razzista, di Stato
Sabato 7 marzo
Contro la violenza sessista, razzista, di Stato
Ore 10 punto info al Balon - via Andreis angolo Borgodora
Sabato 7 marzo
corteo femminista da piazza Vittorio alle 15.
Nello spezzone promosso dalle Sommosse di Torino ci saranno anche gli antirazzisti che si incontrano nell'Assemblea Antirazzista di Torino con lo striscione "Contro il razzismo azione diretta.
Di seguito il volantino che stiamo distribuendo in questi giorni.
Tempi di guerra
Soldati e belle donne
Stiamo scivolando in un baratro. Ultimo atto il decreto "antistupro" emanato dopo una campagna mediatica giocata su alcuni gravi episodi, selezionati con cura per mettere in evidenza la pericolosità dell'immigrato povero, clandestino, ignorante e, quindi, un po' bestia. Nessuno nega che molti immigrati vengano da culture dove l'immaginario patriarcale investe sul piano simbolico e materiale le relazioni tra uomini e donne, segnandole profondamente. Nondimeno il patriarcato è iscritto profondamente nel passato e nel presente della nostra società, la brutalità contro le donne è diffusa tra gli italiani come tra gli stranieri.
La violenza è espressione del patriarcato non una sua aberrazione: se c'è patriarcato, se c'è arroganza di genere, c'è anche violenza. Una violenza che anche quando si fa stupro non è mai violenza sessuale ma violenza sessuata, che non esprime un desiderio ma la sua negazione, poiché lo scopo è la dominazione, l'umiliazione, la manifestazione del disprezzo, l'annullamento dell'autonomia.
Lo stupro è corollario di tutte le guerre: violare le donne del nemico significa privarlo di una sua proprietà, metterne a repentaglio la stirpe, renderne indegne le figlie. In quanti paesi le vittime di stupro vengono uccise, bandite, imprigionate? Le donne pagano due volte: subiscono la violenza e il marchio che l'accompagna indelebilmente. Oggetti e non soggetti sono rovinate dallo stupro, non più degne del ruolo di mogli e madri. Merci andate a male, da scartare. Da noi tutto questo è storia recentissima, eliminata dai codici da anni di lotte, che rischiano di venire cancellate da una risacca profonda, una risacca che si esprime nella volgarità dei fascisti e leghisti di governo ma ha le sue radici nel cuore stesso delle nostre relazioni sociali.
Il ginocidio è una realtà quotidiana: non manca giorno che non sia diffusa la notizia di uomini che ammazzano le donne a loro vicine. Qualche volta fanno fuori anche i figli e non sempre hanno la buona grazia di togliersi a loro volta di torno, rivolgendo contro di se la pistola o il coltello.
Solo i casi più gravi di abusi salgono alla ribalta dei media, ma la violenza in casa nei confronti di donne, bambini e bambine è molto più diffusa di quella in strada, pure al centro dell'allarme sociale e delle pelose attenzioni del governo.
Il decreto antistupro emanato dal governo a fine febbraio è un tassello della re-iscrizione dell'universo femminile all'interno di un immaginario patriarcale, che vuole le donne deboli, incapaci di autodifesa, proprietà da tutelare contro i maschi predatori stranieri. L'immagine polemologica è rafforzata dalle parole di Silvio Berlusconi, che ha dichiarato che ci vorrebbe "un soldato per ogni bella donna". Le imprese dei "nostri" militari all'estero sono lì a testimoniare che cosa fanno i soldati italiani alle donne degli "altri".
L'immagine della ragazza somala denudata, legata a gambe larghe sul retro di un camion e stuprata con un razzo illuminante dai parà della Folgore, in missione umanitaria nel corno d'Africa, è lì a testimoniare la brutalità degli eserciti, di tutti gli eserciti, contro le donne.
Chi legifera in difesa delle donne, legifera contro ciascuna di noi, racchiudendoci nello stereotipo dell'eterna minore da tutelare. Quando i corpi delle donne sono il pretesto per accelerare l'iter di alcune tra le norme più pericolose e razziste del pacchetto sicurezza, la posta in gioco non è la libertà femminile ma la guerra contro gli immigrati poveri, che occorre mantenere sotto un tallone di ferro, se si vuole che lavorino senza alzare la testa.
Di qui l'istituzionalizzazione delle ronde e l'estensione della reclusione nei CIE, Centri di Identificazione e Espulsione, da due a sei mesi. Se a questo si aggiunge il l'esercito di pattuglia in città ben si coglie che la libertà femminile, e quella di tutti, non è certo l'obbiettivo di chi fa leva sulle emozioni suscitate da alcuni stupri per spingere ulteriormente l'acceleratore della guerra contro gli immigrati, guerra che lascia sullo sfondo lo scontro sociale, per mantenere ben aperto il fronte della guerra tra poveri.
Il percorso della libertà femminile è altrove. Lo è sempre stato. In questi anni la libertà femminile di strada ne ha fatta tanta. Abbiamo imparato a camminare e a difenderci da sole. Senza legge. Libere.
Le leggi, tutte le leggi, persino quelle considerate "conquiste", non fanno altro che imbrigliare, anche quando pretendono di tutelare. Specie quando pretendono di tutelare. Persino la legge sull'aborto non lo permette ma lo regolamenta, non apre la strada alla libera scelta ma ne definisce i confini.
Si fa leva sulla paura. La paura è l'arma potente che serra le porte delle case, facendone prigioni volontarie, la paura stringe le ginocchia e rende corti e rapidi i nostri passi, la paura chiude gli occhi e rinfocola il pregiudizio, la paura serve solo chi vuole una società di guerra. Una società di soldati e belle donne: una società basata sullo stupro.
Prossimi appuntamenti.
Mercoledì 11 marzo
Spagna 1936 - 1939. Rivoluzione guerra autogestione
Video: "Spagna '36. Un popolo in armi"
Proiezione documentari e interventi a 70 anni dall'ultimo, tragico atto della rivoluzione spagnola: la sconfitta, l'esilio, i massacri del marzo 1939.
In corso Palermo 46 alle 21
Martedì 17 marzo ore 18 in via Po 16
Punto info su lavoro, caporalato, resistenza e mutuo appoggio