[Forumumbri] Resoconto sul Foro Sociale Mondiale di Belem - …

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Auteur: elisabetta63\@libero\.it
Date:  
À: forum umbri
Sujet: [Forumumbri] Resoconto sul Foro Sociale Mondiale di Belem - Rete Mondiale Acqua
Care/i,
di seguito e al seguente link (
http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5561) un resoconto del Forum
Sociale Mondiale di Belem a cura di Renato Di Nicola.
Un grazie a Renato per averci messo al corrente in modo così dettagliato di
quanto discusso e avvenuto nelle giornate del FSM di Belem.
Un caro saluto.
Paolo

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Resoconto sul Foro Sociale Mondiale di Belem - Rete Mondiale Acqua
*CONSIDERAZIONI
GENERALI*

Questa nona edizione del Foro Sociale
Mondiale<http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5405>(di
seguito FSM) ha posto al centro delle attività la questione amazzonica
con tutto il suo portato ambientale, sociale, culturale.
I temi legati alle popolazioni, alle identità ed alle cosmovisioni indigene,
ai beni comune natura, terra, acqua, sementi, aria, biodiversità hanno fatto
da filo conduttore, hanno costruito il senso trasversale alla miriade di
attività, incontri, relazioni, cortei, concerti, etc.
Allo stesso tempo il FSM si riconferma spazio delle diversità, mondo di
tanti mondi che proprio nella diversità e pluralità trova il suo senso più
forte e più intimamente contrapposto alla omogeinizzazione, alla conformità,
all'assoluto di un sistema capitalistico centrato sullo sviluppo
quantitativo del +1.
Un sistema di produzione, consumo e vita che, riducendo tutti a merce,
mortifica la vita, i beni comuni, le identità, le speranze di riscatto, ed i
territori che ne sono il luogo di snodo, di sedimentazione democratica, di
quel mondo necessario da rendere possibile. Non esiste a livello globale una
realtà come quella dello spazio FSM che sia in grado di contrapporre al
modello capitalista qualcosa di effettivamente nuovo ed attivo sul piano
globale e di massa.
Non c'è centrale partitica, sindacale, culturale in grado di far coscienza e
massa critica come il FSM. Un foro che si propone come "nuovo spazio e nuovo
tempo". Un tentativo processuale di riappropriazione di uno spazio di
condivisione, scambio e di costruzione di reti ma anche come luogo dove, con
metodi diversi, vengono stabilite proposte autonome dai modelli dominanti.
Non direttive ed ordini, liturgie e catechismi, organigrammi o centralità
perenni ma agende, responsabilità condivise, tempistiche ed azioni
autorganizzate.
Da Porto Alegre del 2001 a Bombay, a Nairobi ed ora a Belem, il FSM rilancia
di volta in volta il suo potenziale alternativo verso il futuro: questa è la
sfida continua che rende difficile una sua codificazione e che finora ne ha
preservato la freschezza anche se in questa edizione speravo che diventasse
più operativo.
In realtà i risultati del FSM andrebbero visti anche con il metro valutativo
del tempo lungo e non solo di quello breve.
Se è vero che il FSM sembra essere ancora ingessato nella decisione di non
arrivare a nessuna dichiarazione finale ed a nessuna tabella di marcia,
generale e per tutti, è altrettanto vero che in questa edizione si è fatto
un passo in avanti "convocando" nel giorno finale tutte le conclusioni delle
assemblee tematiche prodotte da quelle reti, tematiche appunto, che sono la
spina dorsale del movimento-forum, quelle che operano giorno per giorno a
livello planetario per concretare il cambiamento necessario e possibile.
Negli anni sono cresciute reti dei popoli indigeni, quella sull'educazione,
quella dell'acqua, quella dei movimenti sociali, sulla migrazione, sul
lavoro, sulla scienza, etc. Reti che dallo spazio FSM hanno preso e dato
scambio, aggancio, comunicazione, solidarietà, condivisione impostazioni,
proposte.
C'è soprattutto la convinzione di lavorare insieme, globalmente ed a livello
planetario, con cassette di attrezzi, idee-forza, simboli e tensioni,
proposte concrete alternative alla crisi sistemica del capitalismo.
Forse ci si aspettava di più, forza e determinazione nella costruzione
alternativa visto che questo FSM si svolgeva nel pieno di quella crisi
economica, sociale, finanziaria ed ambientale che avevamo previsto e
criticato in piena apoteosi neoliberista già dall'inizio dell'era Forum
(Porto Alegre 2001).
Forse era necessaria una maggiore connessione, articolazione organizzativa,
sintesi programmatica e di azione tra le reti e noi con il movimento
dell'acqua abbiamo anticipato molto di tutto questo basti vedere il
collegamento iniziato con movimento contadino e indigeno.
Purtroppo i tempi di crescita dei movimenti, delle persone, delle
organizzazioni non sono gli stessi della necessità che ci sarebbe di
modificazione della realtà.
Direi che il nostro tempo si colloca tra quello lungo della costruzione
culturale, della crescita organizzativa umana ed alternativa di chi si
oppone al capitalismo e quello della dimensione economico-finanziaria e di
crisi che corre con tempi e modalità del tutto più veloci, con effetti
trascinamento a volte imprevedibili e per noi spesso ingovernabili.
Il nostro tempo dovrebbe trovarsi e riconoscersi in questo incrocio. Oggi
non basta l'accumulazione sociale se non trova sbocco politico perché la
"politica non c'è più".
Dovremmo cimentarci anche sul piano della costruzione dello sbocco politico
da dare al nostro agire sociale, sbocco che, in America Latina, ha trovato
una risposta, per quanto ancora debole, anche istituzionale alla crisi di
contenuto delle forme, delle linguistiche e delle simbologie della politica.

Siamo stretti/costretti come movimenti sociali (ed anche il nostro) a
pensare sia al tempo lungo di costruzione alternativa che al tempo breve
della risposta immediata e concreta alle necessità dei settori sociali.
Senza che i risultati del primo non siano troppo condizionati dal secondo.
E' una sfida enorme ma è la sfida centrale che non possiamo delegare a
nessuno se vogliamo continuare a declinare l'altro mondo possibile con
l'altro mondo necessario, se vogliamo che la realtà dura e feroce che
viviamo porti dentro anche quei sogni per i quali vale la pena di vivere.
In questo snodo della crisi mondiale l'esperienza latino-americana riveste
per tutti un interesse primario e non solo perché qui esistono governi ed
istituzioni avanzati, in parte prodotto della accumulazione
socio-politica-culturale del FSM, che non a caso vengono a Belem ed
incontrano, insieme, il popolo degli altermondialisti.
Allo stesso tempo in America Latina troviamo movimenti sociali fortissimi
che non hanno certo timore di contrastare le politiche di quei governi amici
quando non contengono il segno di un cambiamento reale pur riuscendo in
qualche modo ad ottenere avanzamenti sul piano delle politiche sociali.
Queste interessanti dialettiche istituzioni-movimenti sono possibili anche
grazie al grado di indipendenza dei movimenti sociali che, inoltre, sono
meno nazionalisti del passato come le organizzazioni contadine o che non lo
sono per cultura per processi identitari diversi come per il mondo indigeno.
Movimenti sociali che sono, insieme alla diversità e non omogeneità delle
esperienze di governo, il contrappeso alla presenza sempre più forte e
pesante del Brasile sulle politiche degli altri Paesi (qualcuno parla di
sub-imperialismo del Brasile).
Se a far da contrappeso alle pretese della Petrobras, dell'agrobussines, dei
padroni delle biotecnologie e delle deforestazione non ci fossero paesi come
Bolivia, Ecuador, Venezuela ed internamente movimenti sociali forti,
l'esperienza positiva dell'America Latina entrerebbe in crisi facilmente.
Ciononostante il fronte che va da Lula a Chavez passando per l'Argentina, la
Bolivia e il Paraguay, passando per Cuba, rimane l'unico contrappeso e di
risposta per quanto timida al neoliberismo su scala mondiale.
Allo stesso tempo il peso dei Paesi latino-americani sul FSM alla lunga può
trasformarsi in negatività se non si persegue con maggiore determinazione la
diversificazione dei luoghi dove tenersi il FSM, privilegiando Africa ed
Asia senza dimenticare che il mondo russo e quello ex-sovietico in buona
sostanza sono fuori dal processo.
Altri elementi importante da sottolineare sono stati l'alta partecipazione e
presenza dei giovani ed il ruolo sempre più presente del mondo delle chiese
e dell'ecumenismo all'interno degli sforzi di connessione tra temi sociali e
di senso nella costruzione dello spazio FSM.

*IL MOVIMENTO PER L'ACQUA*

Per quello che ci riguarda come movimento per l'acqua possiamo dire che,
nonostante difficoltà ed arretramenti organizzativi rispetto a Caracas e
Nairobi, il lavoro svolto si può considerare buono.
Grazie al lavoro svolto da noi italiani in collegamento con Red Vida (la
rete delle Americhe) si sono potuti accorpare molti dei seminari che erano
stati iscritti da varie organizzazioni e così i tre
seminari<http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5405>(è
circolato in lista il dettaglio) si sono potuti svolgere in uno stesso
giorno permettendo così a molti di poter partecipare anche ad altre attività
del FSM. Il giorno 31 era programmata invece una riunione di informazione e
strategia su il prossimo controforo ad Istanbul.
Senza tenere una vera e propria assemblea, come hanno fatto altri, il 1
febbraio abbiamo condensato i risultati dei 4 seminari in una
dichiarazione<http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5497>(che
ho visto tradotta ed inserita nel nostro sito ed inviato da Paolo in
lista generale).
Nella dichiarazione c'è una buona sintesi sia dei seminari che delle
posizioni generali del movimento elaborato in questi anni. Impedimenti vari
non ci hanno permesso di riunirci tutti per la approvazione definitiva della
dichiarazione che non è stata formalmente deliberata in modo collettivo,
come siamo soliti fare, anche se è stata condivisa da tutti nel contenuto.

*Risultati*

*1-* Si è avviato il lavoro di incontro programmatico e di senso tra
movimento dell'acqua e quello contadino brasiliano (MST) dando così una
risposta positiva e nuova alle urgenze prodotte dalla crisi mondiale come è
quello dell'intreccio del tema agrobussines-acqua e quello dell'ampliamento
delle relazioni con altri movimenti sociali come quelli contadini.
*2-* E' stata affrontata, molto più chiaramente del passato, la problematica
della difesa dell'acqua dei gradi bacini mondiali come quello del Guaranì o
dei bacini idrici di laghi e fiumi frontalieri che le grandi multinazionali
e le grandi potenze vogliono mettere sotto il loro controllo estromettendo
le popolazioni dalla loro utilizzazione o mettendole le une contro le altre
utilizzando il nazionalismo. Abbiamo affermato qualcosa di importante nella
discussione e nella dichiarazione, e non vi sembri cosa scontata visto che
spesso la dizione bene comune ha suscitato nei latino-americani la paura che
fosse un altro modo degli "occidentali" per rapinare le risorse naturali.
Abbiamo sottolineato che i bacini e gli acquiferi, soprattutto se
frontalieri, devono interessare e coinvolgere tutti a partire dalle comunità
locali che non possono però pensare di essere "proprietari" ed unici attori
della loro utilizzazione e preservazione. Essendo le acque e questi i bacini
beni comuni di grandezza globale insieme alle comunità, ai poteri locali e
nazionali devono poter essere coinvolti anche le reti di difesa del bene a
livello continentale e mondiale. Fermo restando che le acque di questi
bacini non possono essere considerate merci da nessuno nemmeno da parte
delle comunità che le gestiscono e le utilizzano in prevalenza.
*3-* La ferocia sociale della crisi attuale ci ha portato a valutare quanto
sia importante a livello planetario collegare le tematiche del reddito delle
persone e del costo della vita in generale a quelle della salvaguardia e
giusto utilizzo dei beni comuni come è l'acqua altrimenti si corre il
rischio che parte della popolazione si impegni meno per la battaglia
sull'acqua. Per questo è stato importante aver dato il nostro apprezzato
contributo come movimento dell'acqua ai lavori di un seminario organizzato
da varie reti mondiali che si è riunita proprio per trovare una sintesi ed
una proposta globale alla crisi mondiale.
*4-* Abbiamo ribadito che la proprietà e la gestione pubblica dell'acqua
siano solo la precondizione necessaria alla partecipazione reale.
Partecipazione dei cittadini, lavoratori e poteri locali che sola può
garantire dalla burocratizzazione, dall'inefficacia, dalla corruzione le
aziende pubbliche.
Abbiamo sottolineato come la partecipazione è l'aspetto fondamentale della
nostra lotta sia nelle fasi di resistenza (vedi la raccolta di due milioni e
mezzo di firme per il referendum in Colombia) che, ed a maggior ragione,
nella fase di gestione successiva alla ripubblicizzazione.
Allo stesso tempo, pur valutando molto positivamente l'inserimento
dell'acqua quale diritto umano fondamentale nelle nuove costituzioni
boliviana ed ecuadoriana, si è sottolineato che solo una susseguente
legislazione ordinaria può meglio garantire l'esercizio concreto della
partecipazione senza che il diritto costituzionale rimanga solo enunciazione
senza effetto. E si evita così anche privatizzazioni truccate o accordi
pubblico-privati come purtroppo sta avvenendo in Brasile ed in parte anche
in Bolivia. Tra l'altro senza partecipazione e contenuti applicativi
concreti la spinta propulsiva dei movimenti e dei cittadini tende a ritrarsi
ed involvere.
*5-* Le responsabilità nella gestione della partecipazione non è solo a
livello governativo, dei processi deliberativi nazionali o locali, ma è
anche dei movimenti e di noi stessi. Solo con il nostro responsabile impegno
partecipativo le gestioni sapranno essere alternative.
*6-* Dalle esperienze e dagli interventi di noi italiani e dei colombiani in
particolare emerge con forza la tipificazione di un nuovo concetto-simbolico
di terra che ora identifichiamo come "territorio".
I territori sono lo spazio-tempo dove le comunità sociali ed umane si
relazionano con la natura nel suo complesso e con i beni comuni acqua, aria,
terra, fuoco, cibo. Territori su cui ragionare, nei quali vivono
concretamente e non solo idealmente processi identitari nuovi ed aperti e
dove crescono le capacità di resistenza ed alternativa possibile.
Ognuno vi può partecipare e può contemporaneamente controllare
democraticamente perché vicino a se ed al suo se più intimo. Territorio come
possibile forma, non localistica ma intima e globale, dove il partire dal se
può trovare la strada per andare verso l'altro da se, luogo, hub, snodo del
collegamento di reti e con reti altre, importante centro di vita fuori dalla
catastrofe sociale del capitalismo finanziario.
Anche da questo punto di vista le esperienze di lotta territoriale,
caratteristica del movimento italiano dell'acqua, è stata molto importante
ed ha trovato aggancio relazionale e politico con altre realtà, soprattutto
boliviane e colombiane. In particolare con quelle colombiane dove i punti di
contatto e somiglianza sono sorprendenti (l'interlocuzione con il governo di
Uribe e con il Parlamento a maggioranza di destra e senza presenza di una
sinistra per esempio ricorda molto la situazione italiana data per persa ed
incapace di azione politica per i movimenti ed invece possibile luogo dove
ribaltare quel senso di sconfitta in cui si attarda chi era fin troppo
dentro le beghe partitiche).

La partecipazione ai seminari sull'acqua è stata buona nonostante la
ristrettezza dei locali e la inesistenza delle traduzioni (il FMS non usa
più la rete Babel e le traduzioni bisognava pagarsele).
Nei primi due seminari la partecipazione non è andata mai sotto le 80
persone. Purtroppo si è notata la scarsa presenza dei brasiliani, al
contrario che nelle altre attività del FSM in cui erano largamente
maggioritari, probabilmente perché il movimento brasiliano dell'acqua è
esteso ma scarsamente coordinato. Gli italiani partecipanti sono stati 15
mentre a livello europeo c'era pochissima gente, statunitensi 5, 1 africano
ed 1 asiatico. Mancavano quasi tutte le ONG europee, salvo la presenza di
France Libertè (due persone).
Le ONG sembrano sempre più interessate esclusivamente alle loro attività e
poco a quelle di rete (a quella Europea ed anche a quella italiana visto che
partecipano sempre meno alle riunioni dove si affrontano i temi
internazionali).
Il clima dei lavori è stato discreto anche se sulla questione Istanbul si è
notata una certa distanza ed una poca attenzione alle dinamiche-sociali e
politiche caratterizzano la Turchia.
Abbiamo notato anche una scarsa attenzione verso il controforum ad Istanbul
visto come cosa lontana dalle proprie quotidianità. In alcuni non c'è
l'intenzione a partecipare perché sono abituati a viaggiare all'estero solo
se gli vengono pagati i viaggi aerei e permanenza anche se appartenenti ad
ONG o Organizzazioni sindacali sicuramente più dotati di risorse di noi
mentre per altri c'è un problema di povertà aggravata dalla crisi mondiale
che si attraversa.
Comunque il fatto che dinamiche economiche (e quindi influenti anche sul
piano delle politiche concrete) determinino così fortemente le possibilità
di partecipazione o meno agli appuntamenti internazionali deve farci
riflettere. L'attività internazionale di un Foro nazionale non può dipendere
da una ONG che decide finanziamenti e persone in base alle sue priorità e
non può dipendere nemmeno soggettivisticamente dal lodevole impegno
finanziario personale di qualcuno.
C'è l'improrogabile necessità che le nostre attività internazionali, nel
quadro delle decisioni prese dal Coordinamento del Foro Italiano, vengano
sostenute da tutti i militanti dell'acqua collettivamente.
L'unica proposta di autofinanziamento ordinario è venuta finora da
Francesca-Yaku che era quella di destinare una quota minima derivante dai
finanziamenti ricevuti dalle diverse associazioni e organizzazioni aderenti
alle attività internazionali del Foro, proposta rimasta completamente non
considerata da altri. Dobbiamo fare uno sforzo tutti per risolvere il
problema.

*IL CONTROFORO DI ISTANBUL*

Il seminario tenuto in merito più che strategico è stato soprattutto
informativo perché la maggior parte dei partecipanti non conosceva le
dinamiche che, a partire dal 97, ci hanno portato ad organizzare
l'opposizione al Consiglio Mondiale dell'Acqua.
Anche per molti militanti dei movimenti dell'acqua non erano chiare le
metodologie del nostro agire, non conoscevano o non avevano riflettuto sul
significato pieno della dichiarazione di Città del
Messico<http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5560>
.
Abbiamo quindi sintetizzato le ragioni per le quali noi costruiamo i contro
forum:

*1-* Dare voce ai popoli ed alle lotte che, soprattutto nel Paese ospitante,
voce non hanno.
*2-* Contestare l'azione e la legittimità del Consiglio Mondiale dell'Acqua
a convocare governi, Onu e potere pubblici per definire le scelte generali
su un bene così essenziale come l'acqua tra l'altro senza la presenza dei
cittadini, dei lavoratori, dei popoli e delle comunità.
*3-* Rafforzare le reti mondiali in difesa dell'acqua pubblica e partecipata
con l'ingresso di nuovi attori locali ed internazionali. Approfondire temi,
ampliare le alleanze sociali.
*4-* Definire noi il significato del Diritto Umano all'acqua ed impedire che
passi un significato generico e debole ad uso e consumo dei progetti di
privatizzazione.
*5-* Portare sul nostro piano poteri locali e nazionali in modo che le
nostre esigenze trovino sempre più spazio nelle legislazioni dei vari Paesi.

Abbiamo informato sulle dinamiche che caratterizzano l'organizzazione in due
coordinamenti delle proteste al Consiglio Mondiale dell'Acqua ed i motivi
per i quali non sono riusciti a tenere un controforum unitario. Oltre alla
partecipazione alle attività di tutte e due i coordinamenti ed alla
realizzazione di una Web unitaria
(www.peopleswaterforum.org<http://peopleswaterforum.foodandwaterwatch.org/>)
dove poter individuare da parte di tutti le attività che saranno messe in
campo da tutti. Noi come reti continentali, abbiamo organizzato due sessioni
internazionali cui parteciperanno entrambi i coordinamenti (per la Turchia è
una importante novità).
Una sessione prevede un confronto Istituzioni-Movimenti con la
partecipazione di Miguel d'Escoto Presidente della Assemblea dell'Onu, di
Maude Barlow relatrice speciale sull'acqua dell'ONU (e personalità del
movimento dell'acqua del Nord America) e di alcuni ministri
latino-americani.
L'altra invece sarà di strategia dei movimenti per riattualizzare la
Dichiarazione di Città del
Messico<http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5560>e
stabilire l'agenda delle attività globali del movimento.
Abbiamo informato sulla attuale situazione politica della Turchia, sulle
privatizzazioni in atto, sulla realizzazione di tantissime dighe
idroelettriche che deturpano il territorio, sul tentativo di controllare la
riserva acquifera del Tigri-Eufrate importantissima dal punto di vista
strategico, sulle contraddizioni turco-kurde legate alla repressione contro
le istanze di libertà dei kurdi ed alla guerra scatenata contro di loro
dall'esercito turco. Per tutto ciò abbiamo deciso che ogni realtà nazionale
prema sul proprio governo affinché non sia repressa nessuna attività di
lotta e che vengano garantiti gli spazi di agibilità politica.
Il movimento mondiale dell'acqua in questa fase ad Istanbul deve evitare due
problemi: quello di centrare tutto sulla questione kurda, che porterebbe ad
offuscare la dimensione mondiale del tema acqua e, allo stesso tempo, quello
che si tratti globalmente il tema acqua ignorando la problematica kurda.
All'incontro non ha partecipato uno dei coordinamenti, la Plattaform, e
quindi l'informazione su programmi ed attività del contro-forum sono state
esposte dalla delegazione presente del coordinamento Alternative. A breve
invieremo una informativa per chi volesse partecipare alle attività del
Controforum. Ad Instanbul verranno prodotte anche azioni dentro il foro
ufficiale da parte delle organizzazioni che lo riterranno importante.
Oltre alle mobilitazioni ad Istanbul (16-22
marzo)<http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article5403>abbiamo
indetto una settimana di mobilitazione decentrata in tutti i Paesi
dove siamo presenti. Mobilitazione che, insieme a temi di carattere
nazionale, si caratterizzino per una manifesta opposizione alla legittimità
del Consiglio Mondiale dell'Acqua e per l'acqua diritto umano da inscrivere
nelle legislazioni di tutto il mondo. Sarà una articolazione globale della
lotta. Questo mi sembra un risultato veramente positivo vista la
sottovalutazione iniziale da parte dei latino-americani della questione
Istanbul. E' un buon risultato anche dal punto di vista metodologico per la
capacità del nostro movimento per l'acqua di concentrare le forze per un
evento internazionale ed allo stesso tempo e contemporaneamente ampliare la
partecipazione ed i luoghi di partecipazione articolando l'impegno di lotta
sui territori.

Nel corso delle attività a volte ci sono stati momenti di criticità e di
tensione sulle metodologie non sui contenuti ma sappiamo che la democrazia e
la "convivialità delle differenze" non si definiscono una volta per sempre,
che democrazia non è un concetto predefinito ma un processo che trova
efficacia nel divenire costante dell'agire.
Di fronte alle difficoltà abbiamo preferito vedere il bicchiere mezzo pieno
sapendo dell'esistenza di quello mezzo vuoto. E con ciò abbiamo fatto una
scelta precisa: di fronte alle difficoltà ci siamo ricordati che al centro
del nostro operare c'è la difesa dell'acqua ed un movimento di lotta
composito e non le rispettive linee e organizzazioni.
Per cambiare la realtà non basta organizzare incontri e meeting
internazionali con tanto di portafogli pieno. Ci vuole il coraggio di non
chiudere gli occhi di fronte alla realtà, di sentire in carne propria i
dolori di questo mondo, ci vuole il coraggio di trasformare il dolore in
rabbia degna (come dice Hebe de Bonafini delle Madres de Plaza de Mayo). Ci
vuole il coraggio di trasformare la rabbia in progetto politico e gioia
della costruzione di un mondo nuovo.
Ci vuole coraggio anche da parte vostra ad ascoltare quello che vi
raccontiamo e crederci anche senza aver visto di persona. E' una fiducia
"compartida" che apprezziamo.
E comunque ci vuole ancora più coraggio da parte degli indigeni, dei
subaterni, degli esclusi, degli sfruttati a fidarsi ancora di chi come noi
si vive da quell'altro pezzo di mondo che consuma la gran parte delle
risorse mondiali e che è disposto a scatenare catastrofi e guerre pur di
salvare il proprio modello ingiusto di vita.
Ci siamo anche presi in giro e divertiti, perché no! Pensate che a Davos i
padroni del mondo, ci raccontano le agenzie, questa volta non hanno
organizzato galà, hanno fatto tutto in sordina.
Noi no, abbiamo operato alla luce del sole, con gioia, d'altronde eravamo in
Brasile, e non si sarebbe potuto fare altrimenti!

Al prossimo impegno, alla prossima battaglia.
Renato Di Nicola
















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Paolo Carsetti

Segreteria Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
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