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著者: blanca
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題目: [Forumlucca] Zagrebelsky: "Se il potere nichilista si allea con la Chiesa del dogma"

Zagrebelsky: "Se il potere nichilista si allea con la Chiesa del dogma"
di GIUSEPPE D'AVANZO

(Repubblica, 11 febbraio 2009)


L'Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, ha
definito Beppino Englaro "un boia". Credo che debba partire da qui, da
un insulto atroce, il colloquio con Gustavo Zagrebelsky, presidente
emerito della Corte Costituzionale.

Beppino Englaro, "un boia"?"
In un caso controverso dove sono in gioco dati della vita così legati
alla tragicità della condizione umana è fuori luogo usare un
linguaggio violento, così impietoso, così incontrollato, così
ingiusto. Non ho ascoltato, sul versante opposto, che vi sia chi
ragiona dell'esistenza di un "partito della crudeltà" opposto a "un
partito della pietà". Credo che in vicende così dolorose debbano
trovare espressione parole più adeguate e controllate, più cristiane".

E tuttavia, presidente, i toni accusatori, le accuse così aggressive e
definitive sembrano indicare che cosa è in gioco o a contrasto nel
caso di Eluana Englaro. I valori contro i principi, la verità contro
il dubbio. Questioni da sempre aperte nelle riflessioni dei dotti che
avevano trovato, per così dire, una sistemazione condivisa nella
Costituzione italiana. Che cosa è accaduto? Perché quell'equilibrio
viene oggi messo di nuovo in discussione dopo appena sessant'anni?
"Le posizioni in tema di etica possono essere prese in due modi. In
nome della verità e del dogma, con regole generali e astratte; oppure
in nome della carità e della com-passione, con atteggiamenti e
comportamenti concreti. Nella Chiesa cattolica, ovviamente, ci sono
entrambe queste posizioni. Nelle piccole cerchie, prevale la carità;
nelle grandi, la verità. Quando le prime comunità cristiane erano
costituite da esseri umani in rapporto gli uni con gli altri, la
carità del Cristo informava i loro rapporti. La "verità" cristiana non
è una dottrina, una filosofia, una ideologia. Lo è diventata dopo.
Gesù di Nazareth dice: io sono la verità. La verità non è il dogma, è
un atteggiamento vitale. Quando la Chiesa è diventata una grande
organizzazione, un'organizzazione "cattolica" che governa esseri umani
senza entrare in contatto con loro, con la loro particolare,
individuale esperienza umana, ha avuto la necessità di parlare in
generale e in astratto. È diventata, - cosa in origine del tutto
impensabile - una istituzione giuridica che, per far valere la sua
"verità", ha bisogno di autorità e l'autorità si esercita in leggi:
leggi che possono entrare in conflitto con quelle che si dà la
società. Chi pensa e crede diversamente, può solo piegarsi o opporsi.
Un terreno d'incontro non esiste. ".

Che ne sarà allora dell'invito del capo dello Stato a una "riflessione
comune" ora che il parlamento affronterà la discussione sulle legge di
"fine vita"?
" Una legge comune è possibile solo se si abbandonano i dogmi, se si
affrontano i problemi non brandendo quella verità che consente a
qualcuno di parlare di "omicidio" e "boia", ma in una prospettiva di
carità. La carità è una virtù umana, che trascende di gran lunga le
divisioni delle ideologie e dei credi religiosi o filosofici. La
carità non ha bisogno né di potere, né di dogmi, né di condanne, ma si
nutre di libertà e responsabilità. Dico la stessa cosa in altro modo:
un approdo comune sarà possibile soltanto se prevarrà l'amore
cristiano contro la verità cattolica".

Lo ritiene possibile?
"Giovanni Botero nella sua Della Ragione di Stato del 1589 scriveva, a
proposito dei Modi di propagandar la religione: "Tra tutte le leggi,
non ve n'è alcuna più favorevole a' Prencipi, che la Christiana:
perché questa sottomette loro, non solamente i corpi e le facoltà
de'sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora; e lega non solamente
le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri". Botero era uomo della
controriforma. Purtroppo, c'è chi pensa ancora così, tra i nostri
moderni "prencipi". Essi potrebbero far loro il motto di un discepolo
di Botero che scriveva: "questa è la ragion di stato, fratel mio,
obbedire alla Chiesa cattolica". Ora, se l'obbedienza alla Chiesa
cattolica è la ragion di stato, è chiaro che i laici non troveranno
mai un approdo comune con costoro.

Dobbiamo allora credere che il conflitto di oggi tra mondo laico e
mondo cattolico, che ha accompagnato il calvario di Eluana, segnali
soprattutto la fine della riflessione del Concilio Vaticano II e, per
quel che ci riguarda, la crisi di quella "disposizione costituzionale"
che è consistita, per lo Stato, nel principio di laicità contenuto
nella Costituzione, e per la Chiesa nella distinzione tra religione e
politica?
"Il Concilio Vaticano II ha rovesciato la tradizione della Chiesa come
potere alleato dello Stato, ha voluto liberarla da questo legame
tutt'altro che evangelico. Non si propose di proteggere o conservare i
suoi privilegi, ancorché legittimamente ricevuti, e invitò i cattolici
a un impegno responsabile nella società, uomini con gli altri uomini,
con la fiducia riposta nel libero esercizio delle virtù cristiane e
nell'incontro con gli "uomini di buona volontà", senza distinzione di
fedi. Fu "religione delle persone" e non surrogato di una religione
civile. Il cattolicesimo-religione civile sembra invece, oggi, essere
assai gradito per i vantaggi immediati che possono derivare sia agli
uomini di Chiesa che a quelli di Stato".

Ieri mentre finiva l'esistenza di Eluana Englaro e il Paese era scosso
dalle emozioni, dalla pietà e, sì, anche da una rabbia cieca, dieci
milioni di italiani hanno voluto vedere il Grande Fratello. E'
difficile non osservare che l'artefice della macchina spettacolare
televisiva del reality e di ogni altra fantasmagorica vacuità - capace
di distruggere ogni identità reale, alienare il linguaggio,
espropriarci di ciò che ci è comune, di separare gli uomini da se
stessi e da ciò che li unisce - è lo stesso leader politico che
pretende di dire e agire in nome dell'Umanità, della Vita, addirittura
della Verità e della Parola di Dio. Le appare più tragico o grottesco,
questo paradosso? Come spiegarsi la dissoluzione di ogni senso critico
dinanzi a questo falso indiscutibile?
"Non è questo il solo paradosso. Non è la sola contraddizione che si
può cogliere in questa vicenda. Il mondo cattolico enfatizza spesso il
valore della dimensione comunitaria della vita, soprattutto nella
famiglia. E' la convinzione che induce la Chiesa a invocare a gran
voce la cosiddetta sussidiarietà: lo Stato intervenga soltanto quando
non esistono strutture sociali che possono svolgere beneficamente la
loro funzione. Mi chiedo perché, quando la responsabilità, la presenza
calda e diretta della famiglia, nelle tragiche circostanze vissute
dalla famiglia Englaro, dovrebbero ricevere il più grande
riconoscimento, la Chiesa - con una contraddizione patente - chiude
alla famiglia e invoca l'intervento dello Stato; alla com-passione di
chi è direttamente coinvolto in quella tragedia, preferisce i diktat
della legge, dei tribunali, dei carabinieri. Sia chiaro: lo Stato deve
vigilare contro gli abusi - proprio per evitare il rischio espresso
dal presidente del consiglio con l'espressione, in concreto priva di
compassione, "togliersi un fastidio" - ma osservo come la legge che la
Chiesa chiede assorbe nella dimensione statale tutte le decisioni
etiche coinvolte: questo è il contrario della sussidiarietà e
assomiglia molto allo Stato etico, allo Stato totalitario".

Lei è il primo firmatario di un appello che ha per titolo Rompiamo il
silenzio. Vi si legge che "la democrazia è in bilico". Le chiedo: può
una democrazia fragile, in bilico appunto, reggere l'urto coordinato
di un potere politico invasivo e senza contrappesi e di un potere
religioso che agita come una spada la verità?
"Oggi la politica è succuba della Chiesa, ma domani potrebbe accadere
l'opposto. Se la politica è diventata - come mi pare - mezzo al solo
fine del potere, potere per il potere, attenzione per la Chiesa! Essa,
la Chiesa del dogma e della verità, può essere un alleato di un potere
che oggi ha bisogno, strumentalmente, di legittimazione morale. Il
compromesso convince i due poteri a cooperare. Ma domani? Il potere
dell'uno, rafforzato e soddisfatto, potrebbe fare a meno dell'altra. ".

Qual è l'obiettivo del suo appello?
"'Rompiamo il silenziò è già stato sottoscritto da centosessantamila
cittadini. È la dimostrazione che, per fortuna, la nostra società non
è un corpo informe, conserva capacità di reazione. L'appello ha tre
ragioni. E' uno sfogo liberatorio, innanzitutto: devo dire a qualcuno
che non sono d'accordo. E' poi un autorappresentarsi non come singoli,
ma come comunità di persone. Il terzo obiettivo è rendersi
consapevoli, voler guardare le cose non in dettagli separati, è un
volersi raffigurare un quadro. A volte abbiamo la tendenza a evitare
di guardare le cose nel loro insieme. E' quasi un istinto di
sopravvivenza distogliere lo sguardo dalla disgrazia che ci può
capitare. L'appello prende posizione. Si accontenta di questo. Se mi
chiede come e dove diventerà concreta questa presa di coscienza, le
rispondo che ognuno ha i suoi spazi, il lavoro, la scuola, il partito,
il voto. Faccia quel che deve, quel che crede debba essere fatto per
sconfiggere la rassegnazione".