La legge della tortura e la tortura della legge
Sul 41 bis, sul reato di tortura e altre evidenti convergenze tra forze politiche apparentemente avverse
Sarebbe un sollievo poter evitare almeno ogni tanto l’argomento massimamente di moda della “sicurezza”, ma la campagna martellante da parte dei mezzi di informazione e la coordinazione con i lavori parlamentari che se ne stanno occupando non lo permettono. Assistiamo al tempo stesso all’inasprimento del regime di detenzione del 41bis e alla mancata approvazione del reato di tortura, risultati che non possono far altro che rispecchiare il teatro del consenso concesso alle istituzioni o da queste estorto. Da una parte è vero che niente di nuovo appare sotto il sole, dall’altra dobbiamo necessariamente sottolineare, per l’ennesima volta, che dall’idea di un’irrinunciabile società punitiva nel panorama politico non v’è alcuno che si salvi. Destare orrore e riscuotere approvazione per la repressione inflitta ai mostri – mafiosi siciliani, camorristi napoletani, assassini pazzi, stupratori rumeni – fa parte dell’armamentario con il quale il sistema cerca di garantirsi la vita eterna. Certo – siamo indotti a pensare - dovrebbero essere ammazzati tutti, ma siccome per fortuna, o purtroppo, la nostra democrazia è garantista e mollacciona, siamo costretti a fornire vitto e alloggio a spese del contribuente a questi orrendi non umani. E dovrebbero stare anche comodi e con tutti i comfort?
Destra e sinistra quindi convergono completamente, tacendo qualche piccolo dettaglio evidente ma scomodo, come il fatto che l’irrecuperabile criminale divenga immediatamente “più recuperabile”, e quindi non meritorio di 41bis, nell’attimo stesso in cui sia disposto alla delazione, reale o inventata poco importa. Ciò a riprova del fatto che la colpa suprema, la colpa che contiene e riassume tutte le colpe, consiste nel rifiuto di collaborare, di essere tutt'uno con la nazione. Non c'é fellone che non ottenga sconti, abbuoni, e facilitazioni, libertà provvisorie e definitive, allorché si dichiari convinto della profonda equità della pena, del sistema delle pene. Per chi dichiara che é giusto pagare, la pena si converte in simbolico buffetto; in chi rifiuta di pagare, ripudia e schernisce il diritto della società di vedersi risarcita, nessuna pena risulta sufficiente. Il sistema penale dimostra così in pieno la propria eredità giudaico-cristiana, così grata ai potenti, facendo dell'eretico di ieri il refrattario di oggi e di domani. Punire e invocare nuove punizioni per chi la fa franca, punizioni per i politici corrotti, molto più raramente per i banchieri ladri o per gli industriali inquinatori, mai e poi mai per i magistrati mafiosi o i militari assassini, solo su questo in apparenza il compromesso storico globale mostra qualche lievissima crepa, ma solo sulla facciata. In realtà stanno collaborando anche quando sembrano essere in disaccordo, come nel caso della parallela bocciatura dell’iniziativa di introdurre nell’ordinamento italiano il reato di tortura, più volte invocato, soprattutto dopo le violenze operate ed esibite dalle forze dell’ordine durante la repressione delle proteste contro il vertice dei G8 a Genova nel 2001. I promotori dell’iniziativa, con l’appoggio unanime delle diverse associazioni in difesa dei diritti umani, denunciano che il nostro paese in questa maniera perderebbe la possibilità di allinearsi ai paesi civili che puniscono, almeno sulla carta, chi abusa della propria autorità per infliggere torture e vessazioni.
Non possiamo non osservare che, di fronte a questi fatti, chi più dimostra di possedere una (per quanto indecente) coerenza è proprio chi, sostenendo la necessità della tortura di stato del 41bis, non ritiene opportuna la possibilità di agire legalmente contro i torturatori. Ma la schiera di chi promuove il pugno di ferro contro i mafiosi e al tempo stesso auspica che il sistema repressivo reprima anche se stesso quando esagera nel reprimere, ci pare vittima di una fiducia nelle possibilità autocorrettive dell’apparato democratico francamente ridicola.
Ergersi a paladini della legalità, della “vera e democratica legalità”, è divenuto un diffuso e molesto sport di minoranza, che non fa altro che occultare come il progetto di un sistema di diritti tutelati da uomini in divisa “cattivi con i malvagi e buoni con i deboli” è solo una delle facce della rinuncia a prendersi la responsabilità di una vita non espropriata dalla mediazione delle istituzioni. Che passa anche, come non ci stanchiamo di ripetere, per l’edificazione non di una società dotata di carceri più umane, ma di un mondo senza galere.
filiarmonici, febbraio 2009
www.filiarmonici.org - per un mondo senza galere