di Gabriele Caforio
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Nella stessa sala di 
Chianciano, in cui sei mesi fa la mozione di Ferrero prevaleva su 
quella di Vendola al congresso di Rifondazione Comunista, tra ieri ed 
oggi è stata confermata la scissione del partito da parte dell’area 
vendoliana e bertinottiana. 
 
Il governatore della Puglia parla di 
“un nuovo partire piuttosto che un nuovo partitino, un processo 
piuttosto che una sigla, una nuova casa in cui la sinistra delle 
libertà possa ospitare comunità di popolo e non élite di presunte 
avanguardie. Perché il senso della sinistra sta tutto nella capacità di 
prefigurare e costruire il cambiamento”. L’area vendoliana, 
“Rifondazione Per la Sinistra”, ci tiene a ribadire che per ora la loro 
sigla non è ancora quella di un partito, ma indica solo la nascita di 
un nuovo processo costituente, nato attorno al seminario di Chianciano 
di questi giorni, e dovuto alla rottura con le linee del resto del 
partito. Non tutti i vendoliani, però, seguiranno il loro leader: 
almeno un terzo dei “suoi” delegati rimarranno comunque nel Prc.Gli 
altri protagonisti di questo strappo sono: Franco Giordano (ex 
segretario), Gennaro Migliore (ex capogruppo alla Camera), Alfonso 
Gianni (ex sottosegretario allo Sviluppo economico) e altri ex 
parlamentari e dirigenti del Prc. Mostrano vicinanza a Vendola anche il 
gruppo guidato da Katia Bellillo, ex ministro, e Umberto Guidoni, 
parlamentare europeo, che dovrebbe staccarsi dal Pdci. Anche la 
maggioranza dei Verdi di Grazia Francescato sembrerebbe vicina a Rps. 
Nel suo intervento Vendola rievoca il passato Arcobaleno (il cartello 
elettorale nato in fretta e furia in un bar di Roma prima delle 
politiche del 2008), definendolo come “un segno grafico e non un sogno 
collettivo, un cartello e non un laboratorio della società, un accordo 
di stati maggiori e non un patto costruito con pezzi di mondo del 
lavoro e di giovani generazioni”. Ma in vista delle prossime europee e 
in ricordo della disfatta di aprile scorso, Nichi Vendola ora vuole 
parlare solo di primarie. Primarie su tutto, sulle persone, sulle idee 
e attacca ancora l’Arcobaleno che non ebbe il coraggio di “praticare la 
consultazione dei territori e della società civile: “anche organizzando 
quelle primarie che devono divenire uno dei modi ordinari di 
funzionamento della sinistra”.Non mancano le critiche vendoliane al 
Partito Democratico: "l'altra sinistra, quella del Pd, mirata al 
centro, sembra persa nei propri contorcimenti tattici, incapace di un 
pensiero che non sia subalterno al piano inclinato del governare in 
sintonia esibita con i poteri forti. Il veltronismo si presenta ormai 
come un mix compiuto di radicalismo etico e di moderatismo sociale, che 
pratica la prospettiva di una alternanza senza alternativa". 
Paolo 
Ferrero ci ha provato per l’ultima volta a convincere gli scissionisti 
vendoliani, definendo una contraddizione in termini una scissione in 
nome dell’unità. Una scissione che, secondo Ferrero, “va verso destra 
rispetto al profilo del partito”, rischiando la subalternità al Pd una 
volta fuori da Rifondazione. Vendola ha ribadito "non provare acrimonia 
verso Ferrero e il suo gruppo dirigente. “Sono sereno perché faccio ciò 
che sento sia giusto fare. Rifondazione è stata la mia casa e questo 
addio non è un partire indolore. A quelli di noi che condivideranno 
questa scelta, voglio dire che non dobbiamo sentirci avversari di 
Rifondazione". E invita i compagni che restano nel Prc a "battersi 
perché nasca una sinistra nuova, una sinistra del lavoro e delle 
libertà". Vendola rispondendo indirettamente a Ferrero  ha sottolineato 
che "la scissione è già nei fatti, è già avvenuta perché quando in una 
comunità si rompono i vincoli di solidarietà non è più possibile 
tornare indietro. Le nostre linee politiche si sono divaricate in modo 
radicale, c'è stata una rottura nella concezione dello stare assieme, 
come è avvenuto nella vicenda della cacciata di Piero Sansonetti dalla 
guida di Liberazione. Quella era già la scissione. Gli appelli di oggi  
sono solo esercizi di galateo e lasciano il tempo che trovano". Tutto 
ciò accade a Chianciano e accade a pochi mesi delle elezioni europee in 
cui tutta la sinistra italiana sa di giocarsi una partita vitale dal 
punto di vista della sopravvivenza politica e rappresentativa. Non a 
caso Pd e Pdl litigano in questi giorni per l’approvazione (alla 
Porcellum maniera) di una nuova legge elettorale che innalzi le soglie 
di sbarramento. Il Pd chiede il 4%, il Pdl il 5% e l’abolizione delle 
preferenze e solo i dalemiani si sono opposti ad una soglia superiore 
al 3%. È palese che si stia tentando di fare l’ennesimo taglio 
rappresentativo anche al Parlamento Europeo ai danni delle forze di 
sinistra e di alcune forze minori a destra. Si cerca anche di limitare 
gli spazi di azione dell’Udc e di Idv che si sono espresse a favore 
della soglia al 4%.   
Insomma una scissione in nome dell’unità, ma 
dal canto suo Ferrero poco si avvicina ai ripetuti inviti del Pdci di 
Diliberto ad un’unione delle forze comuniste italiane (Pdci e Prc) 
auspicabile sia alla luce delle vecchie e nuove scissioni e sia, 
soprattutto, in vista di un processo di ricostruzione della sinistra di 
cui l’Italia ha fortemente bisogno.