dal sito del Manifesto
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Carico d'armi Usa
sulla nave fantasma
***a
cura di Peter Danssaert, Sergio Finardi, Pavlos Nerantzis, Carlo
Tombola e il contributo di Mike Lewis della Omega Foundation
È
in corso un’iniziativa di «contrabbando» di armi che ha sostenuto
l’offensiva militare d’Israele. E non è finita con la «tregua».
1.
Il 6 Dicembre 2008 un contratto dello US Military Sealift Command,
l’entità logistica della Marina Usa, viene vinto dalla compagnia
marittima tedesca Oskar Wehr che gestisce una trentina di navi,
perlopiù portacontainers di media dimensione. Il contratto
(N00033-09-R-5505, N00033-09-C-5505, per 635.000 dollari richiede il
trasporto di 989 containers dalla base navale di Sunny Point (North
Carolina, poco a sud del porto di Southport, sulla costa orientale
statunitense) al porto israeliano di Ashdod, 39 km a nord di Gaza City.
La destinazione di questo carico è il deposito statunitense «War
Reserve Stockpile for Allies (WRSA-I)» in Israele e il caricamento,
dice il contratto, deve iniziare il 13 dicembre.
Poco dopo (31
dicembre), lo stesso Sealift Command fa un’offerta per altri due
contratti (N00033-09-R-5205; N00033-09-R-5205), per il trasporto di 157
e 168 container rispettivamente, con destinazione ancora Ashdod e
origine il porto di Navipe-Astakos - sulla costa ionica greca, poco a
Nord dell’isola di Cefalonia. Il caricamento va effettuato a partire
dal 15 gennaio.
Ashdod non è nuova come destinazione di armi e
munizioni Usa - sia dirette alle forze armate israeliane, sia al
deposito statunitense in Israele. Contratti di tale tipo sono stati
assegnati dal Military Sealift Command in varie occasioni negli anni
recenti (dal 2002 al 2008) con trasporti da Livorno (Camp Darby) e da
vari porti greci e statunitensi ad Israele. Esempi recenti sono due
contratti del 17 agosto 2007 assegnati all’ italiana «Enrico
Bonistalli» di Livorno (247.500 dollari per il trasporto di 125
containers di munizioni) e alla statunitense TransAtlantic Lines LLC
(449.000 dollari per 125 containers di munizioni) e un contratto del 28
agosto 2007 alla statunitense Sealift Inc. (745.000 dollari per 125
containers di munizioni), quest’ultimo proprio dal porto di
Navipe-Astakos ad Ashdod (1.535 km di viaggio).
Alcuni ricercatori
che seguono di routine i contratti e i trasporti militari s’accorgono
che i contratti del dicembre 2008, oltre ad avere come destinazione
Ashdod in questo momento, includono menzione del tipo di carico da
trasportare: una vasta gamma sia di esplosivi ad alto potenziale (816
tonnellate nel primo contratto) che di esplosivi inclusi nella
categoria H delle merci pericolose, ovvero fosforo bianco (secondo e
terzo contratto), oltre ad altro munizionamento e ordigni esplosivi (da
testate per missili a munizioni di vario tipo e bombe anti-bunker).
Agli
inizi di gennaio i ricercatori rintracciano la nave incaricata del
trasporto, la «Wehr Elbe» (IMO 9236688), capace di caricare 2.500
containers. Presente a Sunny Point il 13 dicembre, la nave parte il 20
con prima destinazione Astakos. La scoperta finisce sui tavoli della
segreteria internazionale di Amnesty International, che già il 2
gennaio aveva in un comunicato chiesto l’embargo completo di invii di
armi ad Israele e ad Hamas. Viene allertata la stampa e l’agenzia
Reuters ne dà notizia il 10 di gennaio, provocando i primi sconquassi e
smentite. Il Pentagono si affretta a precisare che i carichi non erano
diretti alle forze armate israeliane, ma al deposito Usa succitato e il
12 gennaio il governo greco smentisce he navi dirette ad Ashdod siano
partite dai porti greci. Compaiono altri articoli sulla stampa
internazionale e il 13 gennaio una dichiarazione del Comando
statunitense in Europa afferma che gli ultimi due contratti sono stati
«cancellati» (teoricamente l’8 gennaio) e che l’operazione è stata
«rimandata». Il 14 gennaio, un comunicato di Amnesty dettaglia tuttavia
i termini delle operazioni, chiedendo che la nave venga fermata e Stop
the War, il movimento greco di solidarietà, protesta contro l’attracco
a Astakos. Il 17 il premier greco Costas Karamanlis, pur ammettendo che
c’è stata la richiesta degli Stati uniti, afferma che la Grecia non
avrebbe tuttavia dato il permesso agli americani di far attraccare la
nave ad Astakos e che anche in passato nessun porto greco sarebbe stato
interessato a tali invii. Pressioni del ministero degli esteri tedesco
sulla Oskar Wehr perchè fermi la nave non sortiscono effetto dato che
la Wehr Elbe non è più sotto controllo dell’armatore, ma direttamente
del Sealift Command e ha a bordo militari statunitensi armati. Le cose
però non stanno proprio così.
2. Le dichiarazioni Usa
sottolineano come tali trasferimenti di munizionamento fossero stati
programmati molto prima del conflitto a Gaza e non avessero relazioni
con le necessità dell’esercito israeliano. Vediamo i fatti. È
certamente possibile che i trasferimenti siano stati discussi o decisi
qualche mese prima del dicembre (probabilmente anche l’operazione
israeliana è stata «discussa» con il Pentagono qualche mese prima di
iniziare...), ma resta il fatto che il bando di gara del primo
contratto è datato 4 dicembre e i tempi di carico e scarico che esso
prevede sono inusualmente stretti, ad indicare un’operazione urgente e
non routinaria. A quella prima offerta di contratto se ne aggiungono
altre due il 31 dicembre, quattro giorni dopo l’inizio dell’assalto
israeliano su Gaza.
Quanto poi al fatto che i containers fossero
realmente diretti al deposito Usa in Israele, le dichiarazioni del
Pentagono omettono un particolare importante: come è scritto in una
comunicazione del Pentagono al presidente del Comitato sulle Forze
Armate del Senato Usa, John Warner, datata 10 Aprile 2003, «il
Dipartimento della Difesa mantiene un deposito - War Reserve Stockpile
- in Israele. Tale deposito è un’entità separata che contiene munizioni
e materiale posseduti dagli Stati Uniti e destinati all’uso di riserva
di guerra da parte degli Stati Uniti e possono essere trasferiti al
governo di Israele in una emergenza, previo rimborso». Mentre si
ribadisce che nulla è gratis al mondo, la clausola finale è chiara.
3.
Sulle dichiarazioni del governo greco che vorrebbero la Grecia alla
fine estranea a questi trasferimenti. Anche qui è certo possibile - e
vi sono dichiarazioni statunitensi del 13 gennaio al proposito - che le
autorità greche, vista la malparata, abbiano all’ultimo momento negato
agli Usa l’approdo ad Astakos, ma è del tutto irrealistico che la
Grecia non avesse dato il benestare all’operazione.
Tutti e tre
gli invii previsti coinvolgono il porto di Navipe-Astakos: due
differenti strumenti di tracciamento dei percorsi delle navi danno a
Wehr Elbe a Sunny Point il 13 dicembre con partenza il 20 per il porto
di Astakos e tracciano la nave vicino a Gibilterra il 28 dicembre,
specificando ancora Astakos come destinazione. Non c’è ragione di
pensare che la destinazione non fosse quella, dato che le informazioni
arrivano a tali strumenti dalle navi stesse e dagli agenti
assicurativi. Inoltre, i due ultimi contratti («cancellati») menzionano
esplicitamente Astakos come porto di partenza per Ashdod. Nessuno, in
trasporti marittimi di tale genere e che nel caso prevedevano
l’assistenza di almeno quattro imbarcazioni anti-incendio per le
operazioni di carico e scarico, può sensatamente (e anche per legge)
mettere come destinazione un porto a cui non abbia comunicato l’arrivo
della nave e il tipo di carico e non ne abbia ricevuto approvazione. È
del tutto falsa poi l’affermazione del premier greco relativa
all’inesistenza di invii di munizioni ad Israele nel passato. Vi sono,
come detto, almeno tre altri contratti del Sealift Command, assegnati
nel 2007, che nominano o Astakos o genericamente la Grecia come punto
di partenza di ingenti invii di munizioni ad Ashdod. E non si tratta di
bandi di concorso, ma di contratti vinti e assegnati a trasportatori
marittimi per svariate centinaia di migliaia di dollari. Vi è infine da
notare che il reale percorso della Wehr Elbe mostra alcuni elementi che
contrastano direttamente con quanto affermato dal governo greco,
indicando inoltre un possibile coinvolgimento dell’Italia.
A Gaza
l’assalto israeliano ha provocato la morte di 1.400 persone (la più
parte civili) e il ferimento grave di altre 5.100. Tutto è ora appeso a
una fragilissima tregua unilaterale annunciata da Israele e anche da
Hamas, rispetto alle quali buon ultima è arrivata l’Unione europea che
non ha posto termini al ririto israeliano e che, fin qui, è stata
immobile se non complice delle scelte della leadership israeliana. Con
l’Onu in macerie, fra l’altro almeno tre volte bersaglio dei raid
israeliani. Unico obiettivo dichiarato è quello di «fermare il
contrabbadno di armi», naturalmente solo quello illegale per Hamas. Ma
se l’offensiva dovesse riprendere e allargarsi, l’enorme e letale
carico della Wehr Elbe non resterebbe certo nei depositi statunitensi
ma verrebbe probabilmente «trasferito al governo di Israele in una
emergenza, previo rimborso». Se Wehr Elbe è davvero attraccata a
Taranto vi è la possibilità che essa abbia trasferito il suo carico su
una veloce portacontainer che ha lasciato proprio Taranto il 15/1 ed è
arrivata ad Ashdot sabato 17. Fermiamo il «contrabbando» di questi
carichi di morte prima che sia troppo tardi.
SCHEDA
La Wehr
Elbe parte da Sunny Point/Southport il 20 dicembre. La sua velocità
massima è di 22 nodi (22 miglia nautiche all’ora) e la velocità di
crociera è intorno ai 18 nodi. I segnali satellitari mandati dalla nave
la vedono il 28 dicembre al largo di Ceuta, poco oltre lo Stretto di
Gibilterra. Da Sunny Point allo Stretto di Gibilterra vi sono circa
3.524 miglia nautiche (6.526 km), che la nave poteva percorrere in
circa 8 giorni a 18 nodi di velocità media, a conferma della data
succitata. Un’informativa di fonte assicurativa afferma che la Wehr
Elbe sarebbe arrivata in primo luogo a Zeebrugge, in Belgio, e si
sarebbe poi diretta verso Gibilterra e Astakos. Non c’è conferma
indipendente di tale percorso, ma il passaggio da Zeebrugge avrebbe
aggiunto più di tre giorni al viaggio e la nave non avrebbe
verosimilmente potuto essere vicina a Ceuta il 28 dicembre. I segnali
satellitari mostrano poi che la nave, passata Gibilterra, non si dirige
verso Ashdod ma direttamente verso Astakos e il 31 dicembre è a circa
150 km dal porto greco. Il primo gennaio è a 4 miglia dal porto e si
ferma. Dall’1 all’11 gennaio la nave sembra non sapere che fare e i
segnali la danno continuamente in circolo intorno a quell’ultimo punto.
Il 12 gennaio tuttavia, alle ore 9, la nave riparte in direzione Sud e
passa intorno alla costa meridionale di Cefalonia e alle 12 cambia
ancora direzione, puntando dritta verso Nord e il mare Adriatico. Alle
alle 15 e 30, ultimo rilievo disponibile (dato che probabilmente ha
spento il segnalatore), modifica ancora la rotta in direzione
Nord-Ovest. Poi il silenzio. Se davvero il governo greco non avesse mai
dato alcun permesso d’attracco ad Astakos, perché il capitano avrebbe
portato la nave dritta ad Astakos invece che ad Ashdod? Il noleggio di
una tale nave costa in media 18/20 mila dollari al giorno (e
probabilmente molto di più per carichi di questo genere), i suoi
spostamenti vengono preparati con grande cura e certo non si va alla
speraindio. Evidentemente, il Sealift Command aveva per qualche ragione
pianificato sin dall’inizio un passaggio da Astakos, probabilmente in
congiunzione con le spedizioni previste dai due contratti poi
«cancellati» l’8 gennaio. Infine, il fatto che la nave giri in circolo
per più di dieci giorni (200 mila dollari aggiuntivi a tariffe normali)
potrebbe segnalare che o era in corso una frenetica trattativa tra
greci e statunitensi per evitare l’approdo effettivo ad Astakos o si
aspettava che arrivassero i container relativi ai contratti
«cancellati». L’armatore della Wehr Elbe afferma di non aver concorso
per gli altri due contratti. Dovevano dunque arrivare altre navi? O
semplicemente il Sealift Command voleva far caricare sulla Wehr Elbe
gli ulteriori 325 containers previsti dai due contratti «cancellati»?
Dove sono finiti quei 325 container di munizioni che avrebbero dovuto
essere caricati ad Astakos? Al porto di Astakos stanno arrivando gruppi
dello «Stop the War» greco e forse potrebbero dirci qualcosa in
proposito, ma dove sta andando la Wehr Elbe con i suoi 989 containers
originali e le 816 tonnellate di esplosivi ad alto potenziale? Senza
poter escludere l’approdo in due vicini porti albanesi e montenegrini,
la rotta sembrerebbe indicare come possibili destinazioni Brindisi o
Taranto. Soprattutto in quest’ultimo la Us Navy e la Nato godono di
diritti di approdo esclusivi nell’area portuale e di attrezzature
adeguate ad accogliere quella bomba natante. Nessuno, tranne il Sealift
Command e certo qualche autorità italiana, sa dove sia attualmente la
nave. Forse è già arrivata da qualche parte e aspetta, letteralmente,
che si calmino le acque.