[NuovoLab] TRE ORE

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Aihe: [NuovoLab] TRE ORE
*07/01/2009*
*Tre ore*
*/Editoriale di Maso Notarianni, Direttore di PeaceReporter/*
http://it.peacereporter.net/articolo/13521/Tre+ore+

Tre ore.
In tre ore si può fare bene all'amore. In tre ore si può fare una cena
soddisfacente. In tre ore si può andare da Milano a Firenze, ma si
prende la multa per eccesso di velocità.
In tre ore si può leggere un giornale, in tre ore si possono fare tante
cose.
Non si riesce, l'ho sperimentato personalmente, a fare cinquanta
chilometri con un convoglio di aiuti su strade di guerra, non si riesce
a trasportare, scaricare, e poi evacuare un convoglio umanitario.

Siamo messi così male, però, che una proposta che agli occhi del mondo
dovrebbe sembrare insultante ed oltraggiosa (fermiamo per tre ore al
giorno i nostri crimini contro l'umanità come il bombardare scuole e
ospedali) suona come un passo avanti e una apertura.

Ma questa aggressione contro i civili palestinesi (oramai non regge più
la favola della guerra chirurgica) è talmente violenta, indiscriminata,
totale, che per le vittime tre ore saranno maledette, ma anche bendette
insieme. E questo è forse ancora più terribile.

Io mi vergogno. Mi vergogno del nostro governo, mi vergogno dei nostri
giornali, mi vergogno delle Nazioni Unite, mi vergogno dell'Unione Europea.

Vorrei che ci fosse qualcuno che aiustasse a tradurre lo sgomento e la
vergogna e la rabbia che provano tutti quelli che riescono a sapere cosa
realmente sta accadendo a Gaza nonostante le menzogne che la propaganda
occidentale propina, in qualche cosa che sia utile a fermare questa
ennesima strage, quest'altro crimine contro l'umanità. Che dovrebbe
indignare più degli altri, perché perpetrato da chi ha mezzi, da chi ha
cultura, da chi ha strumenti per fare altro. E invece sceglie
deliberatamente di assomigliare a tutti gli altri Stati, governi,
dittature che si sono macchiati di crimini contro l'umanità.

Israele è l'occupante. Il resto è menzogna
/*Michel Warschawski, 60 anni, giornalista, scrittore, è una delle 'voci
contro' della società israeliana. *
/http://it.peacereporter.net/articolo/13522/%22Israele+%26egrave%3B+l%26rsquo%3Boccupante%22
dal nostro inviato Christian Elia

Michel Warschawski, 60 anni, giornalista, scrittore, è una delle 'voci
contro' della società israeliana. Nel 1982, quando l'esercito israeliano
in Libano permise il massacro dei palestinesi dei campi profughi di
Sabra e Chatila da parte delle milizie cristiano-maronite, Warschawski
fu tra i fondatori del movimento Yesh Gvul, che portò in piazza
l'indignazione di 400mila israeliani nei confronti del loro governo.
Poco dopo, nel 1984, fondò l'Alternative Information Center (Aic), per
combattere dall'interno la disinformazione della società civile
israeliana nei confronti dei palestinesi.

*Subito dopo l'attacco di terra del 3 gennaio scorso, parlando
dell'operazione Piombo Fuso, Andrè Glucksmann ha scritto che non c'è
proporzione possibile nella lotta tra palestinesi e israeliani,
condannando quanti avevano definito sproporzionata la reazione
israeliana al lancio dei razzi dalla Striscia. Secondo Glucksmann, la
sproporzione esiste solo perché i palestinesi hanno armi primitive. Si
tratta, per l'intellettuale francese, comunque di legittima difesa. Ma
qual è, nella società israeliana attuale, il concetto di legittima difesa?*

Larga parte dell'opinione pubblica israeliana ed europea ritiene questa
operazione una legittima difesa. Per me questo è un vero non-sense. Un
grave errore, prima di tutto, ma in fondo un non-sense. Israele occupa
Gaza e la Cisgiordania da 42 anni. Questo è un fatto. Ogni azione contro
questa occupazione è un'iniziativa di autodifesa, non il contrario. Il
resto è una voluta manipolazione, che riesce bene, però, al punto che a
volte sembra di parlare di un problema di sei mesi, un anno o due anni
fa. Non si può invece prescindere dalla continuità di questa
occupazione. Quello che accade da un anno a questa parte è l'assedio
totale e disumano di Gaza. Un territorio e un popolo allo stremo, che
sopravvive solo grazie ai famosi tunnel dall'Egitto e agli aiuti
umanitari della comunità internazionale. Di quale dannata autodifesa
parla Israele? L'esercito israeliano affama, aggredisce e riduce allo
stremo una popolazione di un milione e mezzo di persone. Solo piccoli
settori della società israeliana reagiscono a tutto questo, chiamando le
cose con il loro nome: Israele è l'aggressore e Israele è l'occupante.
Il resto è menzogna e il signor Glucksmann è un vero esperto in
mistificazioni strumentali, capace di chiamare notte il giorno e
viceversa. Mistificazioni delle quali sono vittime anche gli stessi
cittadini di Sderot e delle altre città israeliane sotto il tiro dei
razzi dalla Striscia. Vengono usati, in modo davvero cinico, dal governo
israeliano. Le vittime che ci sono state in questi giorni non possono
essere comparate con quello che accade a Gaza. Non per il numero, perché
ogni vita ha valore. Ma perché il governo d'Israele si sta assumendo una
responsabilità enorme nel rendersi colpevole di questo attacco
indiscriminato contro i civili a Gaza. L'atto scellerato di chi lancia i
razzi non può essere paragonato alla pianificata aggressione di massa
verso la popolazione palestinese nella Striscia.

*I cittadini di Sderot come i coloni, utili solo quando servono
politicamente?*

Assolutamente sì. Quelle città, per il governo, sono niente di più di
una 'periferia'. Questo rapporto tra centro e periferia è un elemento
centrale nella storia di questo Paese, ma è un elemento spesso
misconosciuto. La classe media discendente degli ebrei dell'Europa
centrale, che è la vera classe dirigente del Paese, vive a Tel Aviv, ad
Haifa o altrove. Nel nord, nel sud e nei Territori Occupati si è dato
vita, all'epoca della nascita d'Israele e anche dopo, a una vera a
propria colonizzazione. I coloni e gli immigrati non di ceto elevato
sono stati utilizzati come scudi umani, da frapporre tra la vita degli
israeliani agiati e i palestinesi. I cittadini israeliani della
'periferia' pagano il prezzo della politica del centro, diventando
bersagli della rabbia degli arabi. Ma entrambi sono vittime degli
interessi di Tel Aviv.

*Quanto hanno pesato sul governo, nella scelta di iniziare questo
attacco, le prossime elezioni in Israele in febbraio?*

Nella decisione di commettere questo crimine le elezioni hanno avuto una
parte determinante. Dopo il fallimento della campagna del Libano del
2006, la competizione tra i principali leader politici israeliani per le
prossime elezioni è tutta basata sulla retorica della violenza nei
confronti dei palestinesi. Tzipi Livni, Barak, Olmert e Netanyahu si
combattono sul campo della capacità di aggressione verso i palestinesi.
Tutti sono concentrati sulla possibilità di dimostrare di poter essere
più brutali del loro avversario. L'attacco a Gaza è una parte
fondamentale della campagna elettorale. L'aspetto più inquietante, però,
è che questo atteggiamento viene premiato dall'opinione pubblica
israeliana. Barak, ministro della Difesa e architetto di questo attacco,
si vanta di aver recuperato cinque punti percentuali dall'inizio
dell'operazione Piombo Fuso. Questo significa, ed è orribile, accettare
una proporzionalità tra il numero delle vittime palestinesi e il
successo elettorale.

*Dov'è finita la sinistra in Israele? Il partito Meretz, nelle prime ore
dell'attacco, ha chiesto la fine dei bombardamenti, ma ha tenuto a
precisare che ritiene questa comunque un'operazione di legittima difesa*.

La sinistra israeliana si muove ormai in un vecchio scenario. Ogni volta
che c'è stata una grande operazione militare, nella storia di Israele, è
stata pronta a sostenere le decisioni del governo. In modo automatico,
come il cane di Pavlov. Sempre. E' accaduto durante la prima e la
seconda campagna in Libano, è accaduto durante le operazioni a Gaza e in
Cisgiordania. La sinistra istituzionale in Israele ha sempre accettato
il pensiero unico dell'autodifesa del Paese. Salvo poi essere pronta a
condannare i massacri, ma sempre a cose fatte, quando era ormai troppo
tardi. Non sono affatto stupito della posizione di Meretz, perché è
sempre la stessa. Patetica e prevedibile. Quando, anche questa volta,
siamo scesi in piazza per manifestare contro questa aggressione, i
militanti e alcuni dirigenti del Meretz erano al nostro fianco, ma
sempre a titolo personale. Che contraddizione è mai questa? Un
comportamento che ha messo in crisi tutta la sinistra, non a caso Meretz
è in crisi profonda, come lo stesso movimento pacifista Peace Now, ormai
un fantasma. La mancanza di fermezza e di chiarezza nei confronti delle
decisioni dei governi israeliani hanno finito per precipitare la
sinistra israeliana in una crisi profonda. Adesso la sinistra in questo
Paese è una minoranza insignificante per le decisioni che contano.

*Cosa pensa delle manifestazioni dei giorni scorsi della minoranza degli
arabi-israeliani? All'inizio della Seconda Intifada, nel 2000, uno degli
elementi nuovi rispetto al passato fu proprio il coinvolgimento della
minoranza araba della società israeliana nella lotta dei palestinesi.
Una tensione forte all'interno della società israeliana. Crede che si
ripeterà quella mobilitazione, anche se tra gli arabi-israeliani Hamas
non gode certo di estimatori?*

Il problema non è, in questo momento, nei rapporti tra Hamas e gli
arabi-israeliani. I civili sentono l'aggressione a Gaza contro altri
civili come un'offesa all'umanità. Questa non è una guerra tra Israele e
Hamas, ma un'aggressione dell'esercito israeliano alla popolazione
civile di Gaza. Quando bombardi il centro di una delle città con la più
alta densità abitativa al mondo commetti un crimine, non combatti una
guerra. E questo è quello che sentono gli arabi-israeliani. Sono rimasto
colpito dal numero delle loro manifestazioni in questi giorni,
dall'intensità delle loro proteste. Il livello delle mobilitazioni
contro questa aggressione è molto alto, almeno se paragonato a quello di
altre occasioni. Ho la sensazione che questa operazione lascerà profonde
ferite nella società israeliana, e non solo, con conseguenze gravi e
imprevedibili al momento. Anche altrove, per esempio in Europa, la gente
è indignata. Rispetto al passato non sembrano reggere le scuse
'strategiche'. Non c'è un obiettivo da raggiungere, non c'è una
battaglia da vincere. Questo è solo un brutale e inutile massacro...
L'ennesimo atto di una sciagurata tragedia.

*Il conflitto israelo-palestinese, rispetto ad altri, si è sempre
caratterizzato per il contributo dato al dibattito da intellettuali come
lei. Due grandi figure, in questo senso, come il poeta Mahmoud Darwish e
Edward Said, sono scomparse. Vede, tra i palestinesi e gli israeliani,
delle nuove voci che possano contribuire all'abbandono della violenza?*

No, non ne vedo. La crisi dell'impegno tra gli intellettuali non
riguarda certo solo Israele e Palestina. E' un fenomeno mondiale, molto
grave. Eccezion fatta per i tre scrittori israeliani Yehoshua, Oz e
Grossman (che voi italiani amate molto), diventati a loro volta
ripetitori del pensiero unico, non ci sono personaggi di alto profilo
nella cultura, voci contro che possano contribuire a rendere la violenza
uno strumento superato. In questo periodo storico mancano le grandi voci
della coscienza, le voci della morale. Non ci sono in giro Jean-Paul
Sartre e Bertrand Russel. Non ci sono veri intellettuali, ma abbondano i
vestali 'culturali' dell'interesse nazionale. Sia in Israele che in
Palestina ci sono giovani intellettuali molto in gamba, ma non hanno lo
spessore e la profondità di certe voci del passato. Come dicevo, però,
questo non accade solo in Israele o nel mondo arabo. Accade ovunque,
anche in Occidente. C'è una crisi di coscienza generale nelle società, e
la cultura è espressione di quelle stesse società. C'è un gran silenzio
attorno a tutti noi.

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Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Bertold Brecht, Berlino, 1932
(rielaborazione dai versi originali di Martin Niemöller)
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