Norma, mi riconosco perfettamente nelle tue parole e nella tua posizione. edda
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From: Carloge
To: Forumgenova
Sent: Tuesday, January 06, 2009 7:56 AM
Subject: [NuovoLab] Norma Bertulaccelli: "Il simbolo della pace non basta, bisogna dire la verità"
Repubblica Genova
Norma Bertulaccelli: "Il simbolo della pace non basta, bisogna dire la verità"
La pacifista doc stavolta non ci sarà "Da Israele un crimine di guerra"
«Da anni manifestiamo ogni mercoledì in piazza De Ferrari contro tutte le guerre, e tante volte, ancora mercoledì scorso e domani, lo faremo a favore del popolo palestinese. Che siamo non violenti e pacifisti evidentemente lo sanno tutti, il nostro modo di esprimerci è di usare il silenzio, cartelli e striscioni, non certo di bruciare bandiere... ma stavolta, in piazza con la bandiera della pace, non ci sarò. Perché non possiamo non dire che Israele, le cui bandiere sono state bruciate in piazza, brucia ed uccide, con il fosforo bianco, non semplici pezzi di stoffa, ma esseri umani». Norma Bertullacelli, una delle anime dei pacifisti in silenzio del mercoledì - domani l´appuntamento numero 345 - stavolta si chiama fuori. Non nega che i missili di Hamas portino morte nelle città israeliane («sono assassini anche loro, non conta quante sono le vittime»), ma sottolinea: nessuno, nel mondo, ha cercato di fermare un esercito tra i più potenti, dotato della bomba atomica, con una potenza impressionante. Lei è arrivata a Genova in serata e non ha potuto partecipare alla contenuta manifestazione indetta da Cobas e Forum per la Palestina che, sempre a Matteotti, ha portato ieri qualche decina di persone a chiedere la fine dell´attacco su Gaza, con slogan contro Israele; ma condivide quella posizione. «Leggo che l´iniziativa del trovarsi in piazza nasce dopo l´appello di Moni Ovadia a non bruciare le bandiere israeliane - spiega ancora - Ecco, se non consideriamo che, sotto il profilo del diritto internazionale, sia stato il governo israeliano a violare tutte le regole e a creare di fatto questa situazione, non ci sto». E sottolinea, nell´invito alla nuova ora di silenzio di domani, le parole di padre Musallam, parroco cristiano a Gaza: «Quello in corso è un massacro, non è un bombardamento, è un crimine di guerra e ancora una volta nessuno lo dice».
(d.al.)
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Il numero uno della comunità ebraica: ma il dialogo a Genova c´è
Momigliano: "Io non ci vado è un conflitto tragico ma giusto"
Il rabbino Giuseppe Momigliano è la guida spirituale della piccola comunità ebraica genovese, 350 persone.
Cosa pensa della manifestazione contro la guerra?
«Sul quotidiano israeliano Ha Haretz ho letto una sintesi che condivido pienamente: si tratta di una guerra giusta e tragica».
Se lo dicono gli israeliani...
«Ma guardi che le cose più terribili, su Israele, le dicono gli israeliani stessi».
"Guerra giusta", lei dice.
«E´ giusta perché Israele doveva dare un segno che la propria popolazione non può restare nell´angoscia continua che Hamas colpisca la popolazione inerme».
E "guerra tragica".
«Tragica come tutte le guerre, nelle quali muoiono delle persone. A maggior ragione, poi, se a morire sono degli innocenti».
Come se ne esce?
«Se ne esce a mio avviso con il dialogo, con l´ascolto continuo delle ragioni dell´altro. All´interno della Consulta genovese delle religioni il confronto è permanente, ebrei e musulmani cercano di dialogare. C´è speranza, soprattutto se tutto questo avviene a Genova».(r. n.)
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Il leader della comunità islamica: vogliamo unire, non dividere
Salah Hussein: "Io ci sarò ma non sono contro Israele"
HUSEIN Salah è l´imam e il capo della comunità islamica genovese, composta da circa tremila fedeli musulmani, che da tempo chiedono di poter aprire la moschea e il centro culturale.
La comunità islamica genovese aderirà alla manifestazione per la pace in Medio Oriente?
«Sicuramente ci saremo. Abbiamo partecipato anche al presidio del 29 dicembre davanti alla prefettura ed eravamo alla manifestazione di Milano, nei giorni scorsi».
Però a Milano, dove erano presenti moltissimi arabi e palestinesi, c´è chi ha trasceso, arrivando a bruciare le bandiere di Israele. Cosa ne pensa?
«Ciascuno è responsabile di ciò che fa. Noi vogliamo manifestare per la pace, per il cessate il fuoco e per i diritti delle persone e dei popoli. Soltanto per questo».
Sarete voi come comunità a sollecitare le diverse associazioni dei musulmani a Genova? Ci sono realtà diverse, cosa direte loro?
«Noi stiamo invitando tutte le altre associazioni a partecipare. Con le bandiere della pace e in silenzio, come è stato proposto».
(d.al.)
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Sanguineti: "Genova avveduta e bastonata"
RAFFAELE NIRI
«UNA città avveduta e bastonata».Edoardo Sanguineti conosce Genova e la sinistra come pochi.
Professore, come mai nel resto d´Italia da giorni e giorni c´è la gente in piazza contro la politica del governo israeliano e qui solo oggi ci sarà un sit-in silenzioso, peraltro convocato attraverso Facebook?
«Da quel poco che posso vedere, direi che gente pronta a protestare ce n´è molta, anche a Genova. Ma poi scattano tutte le perplessità: non sarà che, come al solito, la mia protesta poi non serve a niente? Non sarà che il mio messaggio di protesta arrivi "sporco"? Non sarà che poi ci troviamo in piazza noi soliti quattro gatti?».
È l´antico intercalare della città, il maniman.
«I maniman possono anche essere giustificati. Per esempio, io credo che esista una destra che va in piazza contro la politica israeliana perché ha l´occasione di risollevare l´antisemitismo e capisco che molti, a sinistra, non vogliano mischiarsi. C´è una politica israeliana dissennata, e questo lo capiscono in molti, anche in Israele, ma c´è anche la paura che la tua giusta protesta sia in qualche modo strumentalizzata».
SEGUE A PAGINA III
Sanguineti: "Troppi genovesi sono disillusi ma vale ancora la pena di manifestare"
"Si sono accumulate molte delusioni, sulle lotte e sulla loro efficacia C´è stanchezza, sarebbe inutile nasconderlo"
RAFFAELE NIRI
(segue dalla prima di cronaca)
Genova non ha più voglia di protestare?
«Mi sembra che si siano accumulate molte delusioni: sulle lotte e sulla loro efficacia. Una certa stanchezza c´è, mi pare inutile nasconderla».
Non sarà, professore, che nella città del dialogo tra le religioni c´è maggior voglia di comprendere le ragioni dell´altro? E quindi ci sono più freni a scendere in piazza?
«Io distinguerei tra il lavoro sacrosanto che si fa in termini di accoglienza e di dialogo - e sono molto contento di questo lavoro - e i risultati concreti che questi sforzi riescono a generare. Non solo non si vede la Moschea, non solo nessuno ha detto dove costruirla e quando, ma mezza città insorge per una Moschea di plastica nel Presepe. Un episodio ignobile, ma non mi pare che ci sia stata abbastanza indignazione. Bene la Consulta delle religioni, bene il dialogo pacifico ma, insomma, diamogli anche qualcosa di concreto a queste persone».
Torniamo a Gaza e a Genova città silente.
«Io credo che i motivi per scendere in piazza ci siano tutti. Mi viene in mente un´analisi che ho letto da qualche parte: conosciamo benissimo il numero degli americani morti in Vietnam, in Iraq, in Afghanistan ma mai il numero delle vittime provocate da quelle guerre. Non esistono, non ci sono, non si sapranno mai. Sono stato ospite di famiglie israeliane e posso dire, in prima persona, che il disagio è fortissimo, che il numero degli israeliani in profondo disaccordo col proprio governo è molto forte. Poi, però...»
Dica, professore.
«Beh, non si può pensare che, solo per il fatto che siano stati vittima del più grave sterminio mai concepito da mente umana, abbiano avocato a se ogni diritto. Il governo israeliano si sente autorizzato a tutto, nel nome della esclusività della persecuzione. Lo sappiamo tutti che è un falso, questa esclusività: nei forni crematori finivano i perseguitati politici, i rom, i gay, gli ebrei, i diversi di ogni tipo. Una tragedia tremenda, pazzesca, che non si deve ripetere. Ma nessuno ha l´esclusiva».
Secondo lei quello che sta accadendo a Gaza ha a che fare con la Shoah?
«Andiamoci piano. Io dico che il governo israeliano sta attuando una politica assolutamente ingiustificata, sta uccidendo - oltre alle persone - qualsiasi possibilità di dialogo, sta attuando una politica criminale. E dico che tutto ciò è terrificante, ingiustificato e deve essere fermato. La gente deve far sentire la propria voce ed è giusto che, lì dove la sinistra è forte, questa voce si senta».
Ma scendere in piazza ha ancora una sua funzione?
«Io credo che serva, sempre e comunque. Quando sono stato in Israele, mi hanno chiesto di sottoscrivere documenti e appelli, li firmavano anche molti scrittori israeliani, coinvolsero anche Saramago. È evidente che bisogna aiutare anche gli israeliani che vogliono la pace. E sono molti più di quanto si pensi».
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Carlo
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