Contro il criminale massacro che Israele sta compiendo in questi giorni
nella Striscia, contro il ributtante asservimento a Israele dei
principali mezzi di comunicazione (RAI e Claudio Pagliara in primis):
*domani, sabato 3 GENNAIO, ore 16,30, manifestazione a PIAZZA
DELLA REPUBBLICA*
Di seguito, la corrispondenza da Gaza di Vittorio Arrigoni, uno dei tre
internazionali presenti a Gaza, e un articolo comparso su Information
Guerrilla:
http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/palestina/081230_vittorioarrigoniPERSITO.mp3
*GAZA, SOLUZIONE FINALE*
/di Patrizia Viglino/
Cadaveri distesi per terra a mucchi, corpi dilaniati, volti esangui, le
preghiere dei feriti in fin di vita. Bambini col cranio scoperchiato,
grida di terrore, donne e uomini coperti di polvere, estratti dalle
macerie degli edifici distrutti e tutto intorno quello che resta di vite
umane spese nella sofferenza, nell'assedio, nella fame, nel sogno di
vita e libertà che si trasforma in un fiume di sangue. Ospedali al
collasso, privi di medicinali e di mezzi, corsie piene di cadaveri che
giacciono fianco a fianco con i feriti, con i bambini che chiamano le
madri sotto il flash delle macchine fotografiche.
Sanguina la Striscia di Gaza, sanguina e geme da tre lunghi giorni di
furia omicida, aggredita da un esercito di sanguinari, sottoposta ad una
pioggia di bombe che dal cielo e dal mare si abbatte sulla comunità di
palestinesi rinchiusi nel più grande campo di concentramento del Mondo.
Ai confini del Gaza-Campo, soldati israeliani che si preparano
all'invasione di terra, truppe che cantano e ballano, che esultano per
gli oltre 350 morti palestinesi. Quale orrore maggiore ci stiamo
preparando a guardare attraverso lo schermo delle televisioni nelle
prossime ore? Quale raziocinante retorica saremo pronti ancora a digerire?
E intanto sentiamo ripetere l'odioso mantra dei carnefici del popolo
palestinese, dal ministro israeliano della difesa Barak a quello degli
esteri Livni, che in clima di campagna elettorale dicono di non voler
fermare questa macchina da guerra chiamata "Israele" fintanto che Gaza
non sia riportata indietro di dieci anni, fintanto che non rimarrà in
piedi un solo edificio di Hamas, fintanto che non verrà annientato
l'eterno nemico che oggi si chiama Hamas, come ieri si chiamava
al-Fatah, come in passato si è chiamato OLP e come da sempre si chiama
Popolo Palestinese.
Un'ombra sta scendendo sul mondo intero, sui giornalisti che se pur
impressionati per la carneficina in corso non possono fare a meno di
ripetere che Israele è in guerra con Hamas e che "una pioggia di razzi
Qassam" ha colpito il sud di Israele.
Un'ombra si è già allungata sui governi occidentali, deboli pedine dello
scacchiere della guerra totale che la potenza statunitense ha coltivato
e accudito dagli anni Novanta ad oggi. Non è difficile comprenderlo. Il
neo-eletto Barak Obama non ha fatto altro che seguire la linea di Bush
in materia di politica mediorientale. Se qualche illuso ha creduto che
essere un afro-americano significasse essere sensibile ai temi della
pace si è sbagliato di grosso. Le dichiarazioni di Obama su questa
strage degli inermi sono perfettamente in linea con la condotta
dell'amministrazione Bush che dopo due giorni di guerra totale a Gaza ha
ribadito che con Hamas, con i "terroristi" non si tratta. Come sempre e
prima di tutto vengono gli interessi di Israele e per questo Israele ha
qualunque diritto sul popolo palestinese, anche il diritto di vita e di
morte, di imporre prigionia, fame, freddo, oscurantismo, disperazione.
Ogni opzione è aperta su Gaza, ogni soluzione è buona per annientare
questo popolo che ha commesso il grande crimine di esistere.
3 miliardi di dollari americani all'anno in finanziamenti alla macchina
da guerra israeliana che per dieci anni hanno attrezzato i criminali di
guerra, stiamo certi continueranno anche nel 2009.
La propaganda israeliana si è mobilitata parallelamente alla macchina
bellica. Il ministro degli esteri Livni si è detta impegnata in una
campagna mediatica senza precedenti. Uno staff scelto prende contatti in
tutte le lingue e verifica che questa operazione di distruzione su Gaza
venga interpretata nel giusto modo, si assicura che si parli di "difesa"
e non di attacco, che si metta in luce come il nemico sia Hamas e non i
palestinesi.
Controllano che il linguaggio e la disinformazione siano appropriati in
modo da poter opportunamente sostenere la menzogna che ad essere
bombardati siano solo le infrastrutture del terrore, la catena di
comando di Hamas. Nemmeno una parola sulle vittime civili, sui bambini
trucidati, sulle centinaia di famiglie distrutte dovrà essere spesa,
mentre le immagini più crude è meglio censurarle. I mezzi di
informazione continuano a ripetere e a trasmettere l'ordine di Tel Aviv:
è un'operazione militare chirurgica contro Hamas, contro il terrorismo,
contro il pericolo mortale per Israele.
Ma sulle pagine di Ha'aretz Amira Hass scrive il contrario, scrive che
non è un attacco contro Hamas ma contro tutto il popolo palestinese.
In queste ore di orrore e di terrore, nessun capo di stato dice che i
palestinesi hanno il diritto di esistere, che questa sanguinaria
occupazione militare deve finire. Il lungo embargo umanitario che hanno
chiamato "tregua", ha servito sul piatto d'argento il pretesto della
carneficina a suon di bombe. Una volta cotto a puntino, il popolo di
Gaza può affrontare inerme l'invasione dell'esercito israeliano che in
modo codardo si prepara ad entrare e ad affrontare armi in pugno una
popolazione ridotta allo stremo.
In tre giorni di ininterrotti bombardamenti la macchina da guerra
israeliana ha colpito in mezzo alla popolazione civile, si è macchiata
di crimini di guerra colpendo caserme, case, edifici pubblici,
università, moschee, luoghi di culto, danneggiando ospedali e tutto
questo lo chiamano "Hamas".
Di fronte a questo orrore disgustoso anche il presidente dell'Autorità
Palestinese Abu Mazen, in linea con Bush, ha chiamato tutto questo
"Hamas" e ha dichiarato che la colpa è di Hamas per aver rotto la tregua
unilaterale, obbligatoria solo per i palestinesi.
Le divisioni interne palestinesi si sono ormai sedimentate, sono state
costruite con abilità, a tavolino dalle diplomazie internazionali e
tutto questo l'hanno chiamato "piano di pace".
Quando tutto questo sarà finito la stampa non si prenderà cura di
raccontarci fino in fondo questo Genocidio. Un milione e trecentomila
palestinesi rinchiusi nella Striscia di Gaza non hanno possibilità
alcuna di scampare al massacro che colpirà nel mucchio, a caso.
Tutto il Mondo è in rivolta e sta urlando la sua rabbia ma questo non
conta nulla quando il mondo è governato da una classe di inetti e
corrotti che porta avanti la grande menzogna della civiltà, quando il
nostro silenzio inattivo viene pagato con il controllo del benessere
finanziario, quando siamo disposti a lasciare che altri paghino i
disastri del capitalismo di guerra, i mancati proventi del petrolio
iracheno, i licenziamenti alla General Motors, la crisi finanziaria
mondiale.
Il modello diplomatico in corso è quello sperimentato durante l'attacco
al Libano del 2006: diplomazie al lavoro per decidere nel modo più lento
possibile e per lasciare aperta ad Israele quella finestra di tempo
necessaria per scatenare il suo odio anti-palestinese, per dare fiato
agli anti-arabi, ai razzisti (molti dei quali tuonano dalle pagine dei
quotidiani nazionali), a tutti coloro che non spenderanno una sola
lacrima per un bambino palestinese morto ammazzato. Eppure le immagini
che arrivano da Gaza parlano chiaro, mostrano un crimine di guerra, uno
sterminio di massa realizzato con i toni trionfalistici di chi sa, nel
governo israeliano, che non esiste alcuna forza politica
sufficientemente libera da interessi politici capace di dire basta, di
rompere ogni relazione, politica, diplomatica, commerciale, con questo
governo di assassini.
Qual è la distanza che separa la guerra totale contro il popolo
palestinese dalla soluzione finale palestinese?