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I miei auguri di buon natale a tutti voi li incollo qui sotto :)
Da ZIC: http://www.zic.it/zic/articles/art_3728.html

"La lotta continua"
Atene, finita l'occupazione del Politecnico
A mezzanotte del 24 dicembre. Pubblichiamo la traduzione del comunicato
degli ex-occupanti
26 dicembre 2008 - Politecnico Occupato (Atene)

Annuncio del Politecnico occupato di Atene (24.12.2008)

Subito dopo l’assassinio di Alexandros Grigoropoulos da parte della
guardia speciale di polizia Ep. Kokoneas e i primi scontri per le strade
di Exarchia, il Politecnico è stato occupato e trasformato nel punto
focale per l’espressione della rabbia sociale. Spazio storicamente e
simbolicamente legato alla viva memoria dei ribelli e di una grossa
parte della società alla lotta contro l’Autorità –dal periodo della
dittatura fino alla democrazia totalitaria contemporanea-, il
Politecnico è diventato un luogo dove centinaia di persone
spontaneamente si riuniscono: compagni, giovani e lavoratori,
disoccupati, adolescenti, immigrati e studenti…

Le lotte contro le forze di repressione con le ardenti barricate nelle
strade adiacenti sono diventate la scintilla di una rivolta che si è
propagata in tutta la città con manifestazioni spontanee, l’occupazione
dell’Università di Economia e della Scuola di Legge, con attacchi contro
bersagli statali e capitalistici nel centro e nella periferia di Atene e
in molte città del Paese. I giorni seguenti, con le manifestazioni di
migliaia di persone confluite in sommosse e attacchi contro le banche,
ministeri e grandi magazzini, ragazzini che assediano e assaltano le
stazioni di polizia, la sommossa alla prigione di Koridallos e al
Parlamento, la rivolta è diventata generale; questa rivolta innescata
dall’assassinio di A. Grigoropoulos e esplosa nella reazione immediata
di centinaia di compagni all’estesa violenza di Stato, ispirando azioni
di rabbia e solidarietà oltre i confini, in tutto il mondo. Questa
rivolta che fremeva sotto le condizioni di un attacco generalizzato
dello Stato e dei padroni contro la società, sempre più forte nella
realtà di una quotidiana morte della libertà e della dignità, riserva
per le persone oppresse al crescere dell’esclusione, della povertà,
dello sfruttamento, della repressione e del controllo. Questa rivolta
che assiduamente si “preparava”, anche nei tempi oscuri del terrorismo
fascista e di Stato, in ogni piccolo o grande gesto di resistenza contro
la sottomissione o la resa, lasciando aperta la strada affinché le
persone si potessero incontrare per strada, così, com’è accaduto in
questi giorni.
In questa realtà sociale esplosiva, il Politecnico occupato è diventato
un punto di riferimento per il confronto diretto con lo Stato, in tutte
le forme e con tutti i mezzi possibili, attraverso eventi insurrezionali
continuati che hanno dato alle fiamme l’ordine e la sicurezza dei
padroni, facendo a pezzi la falsa immagine di un consenso sociale alle
loro intenzioni omicide.
E’ diventato un luogo dove soggetti ribelli sociali e politici si sono
incontrati e influenzati vicendevolmente, attraverso le assemblee
generali e la loro presenza quotidiana all’occupazione.
Ha funzionato come base per una contro-informazione, attraverso
comunicati e manifesti, il blog e la stazione radio, e con il sistema PA
per spedire messaggi e notizie sulle novità della rivolta in atto. Ed ha
anche dato vita ad iniziative politiche di resistenza, come l’appello
dall’assemblea del Politecnico occupato per una giornata globale di
azioni il 20 Dicembre –sfociata in una mobilitazione coordinata in più
di 50 città in Paesi differenti, e alla quale gli occupanti del
Politecnico hanno partecipato organizzando una dimostrazione nella
piazza dove A. Grigoropoulos è stato assassinato-, come il concerto
tenutosi il 22 Dicembre in solidarietà e supporto finanziario agli
ostaggi della rivolta, e l’appello per la partecipazione alla
manifestazione in solidarietà degli arrestati che è stata organizzata
dai compagni, parte dell’assemblea del GSEE (Confederazione Generale dei
Lavoratori) occupato.

Come punto fermo, per 18 giorni, dell’estasa rivolta, il Politecnico
occupato ha costituito un appello continuo all’insubordinazione delle
persone che resistono in tutto il mondo, ed un segno permanente di
solidarietà con gli ostaggi presi dallo Stato durante la rivolta. E’
diventato il territorio che abbiamo usato per diffondere il messaggio di
solidarietà fra oppressi, di auto-organizzazione e di contrattacco
sociale e di classe contro l’Autorità mondiale, i suoi meccanismi e i
suoi simboli. Questi elementi e valori della lotta hanno creato il
terreno per far sì che gli oppressi si incontrassero nella ribellione,
armassero le loro coscienze e, forse per la prima volta, diventasse così
impropriamente estesa attraverso così tante persone di diversa età e
nazionalità; Persone con le quali anarchici e anti-auoritari hanno
condiviso la lotta, la stessa rabbia contro chi saccheggia le nostre
vite e, molto spesso, la stessa visione per un mondo di libertà,
uguaglianza e solidarietà.

Per questa ragione, la repressione non si è solamente espressa nella
forma della brutalità poliziesca, negli arresti e nell’imprigionamento
dei manifestanti, ma anche con un attacco ideologico intenso lanciato da
tutti i fronti del sistema politico che ha visto tremare le sue
fondamenta quando la repressione, sulla quale si radica, non solo non
era capace di contenere i moti della rivolta, ma, al contrario, ne è
stata la sua causa prima. Questo attacco ideologico ha mirato in maniera
selettiva agli anarchici, come parte politica e non negoziabile della
rivolta, precisamente a causa dell’impatto che le loro parole e azioni
avevano, e per il pericolo che si realizza per lo Stato quando essi
comunicano e si coordinano con migliaia di oppressi. In questo contesto,
c’è stato uno sforzo isterico nel dividere i rivoltosi in “bravi
ragazzi” da una parte, “cattivi incappucciati anarchici -
‘koukouloforoi’” o “immigrati saccheggiatori” dall’altra, così come il
buon vecchio mito dei provocatori, al fine di manipolare la rabbia per
l’assassinio, di esaurire l’esplosione sociale, criminalizzare, isolare
e frantumare i punti fermi di riferimento della rivolta [Questa comunque
è la stessa retorica di repressione che ha condotto all’omicidio di A.
Grigoropoulos, poiché responsabile nel designare uno specifico ambiente
politico e sociale, spazi e persone come “nemici all’interno” sui quali
la violenza statale “legittimamente” deve essere imposta]. In questo
sforzo realizzato dallo Stato, il bersaglio continuo puntato sul
Politecnico era applicato su base quotidiana, con dichiarazioni da parte
dei politicanti e campagne diffamanti perpetuate dai mass media. Dopo le
ore di scontri a Exarchia e nei dintorni del Politecnico durante la
notte del 20 Dicembre, lo Stato, sotto le spoglie del pubblico
querelante, ha minacciato di procedere con un’incursione di polizia,
dopo aver sospeso l’accademico asilo politico nell’università,
nonostante i disaccordi delle autorità universitarie, ai fini di
sopprimere la rivolta, attaccando così uno dei primi posti dai quali ha
preso avvio.
Le loro intenzioni sono state sconfitte dal rifiuto degli occupanti di
obbedire a qualsiasi ultimatum, dalla determinazione nel difendere
questo territorio politico e sociale come parte della rivolta, e
dall’appello aperto a partecipare e supportare l’occupazione con la
presenza e procedere all’incontro organizzato in solidarietà con i
prigionieri il 22 dicembre, che ha raccolto centinaia di persone al
Politecnico.
La minaccia dello sfratto immediato è ritornata più forte il giorno
successivo, il 23 Dicembre, quando, durante l’assemblea si discuteva sul
termine dell’occupazione, eravamo informati da personaggi politici e
accademici che il Ministro dell’Interno e la polizia domandavano la
nostra uscita immediata dal campus, altrimenti i poliziotti avrebbero
invaso. La risposta dagli occupanti è stata che il Politecnico non
apparteneva né al Ministero né alla polizia e nessuno dei due poteva
farci arrendere; appartiene alle persone della rivolta che decidono cosa
fare seguendo solo i criteri del movimento e non accettano ricatti o
ultimatum da assassini. In questo modo l’occupazione del Politecnico si
è prolungata di un giorno e ha chiamato alla manifestazione in
solidarietà con gli arrestati che ha avuto luogo nel centro di Atene.
Nessun progetto repressivo o attacco ideologico riesce o riuscirà a
riscattare un ritorno alla normalità e ad imporre una pacificazione
sociale e di classe. Niente è più come prima! La vittoria sulla paura,
sull’isolamento e le divisioni sociali dominanti, ha permesso a migliaia
di ragazzi, insieme con donne e uomini di qualsiasi età, rifugiati e
immigrati, lavoratori e disoccupati di stare insieme per le strade e
combattendo i tiranni della nostra vita, dignità e libertà, dietro alle
barricate. E questa è una realtà che illumina con le sue fiamme il
futuro della rivolta, entrambe l’intensità e la profondità, fino
all’assoluta sovversione dei padroni del mondo. Perché abbiamo gridato
in ogni modo che questi giorni appartengono ad Alexis, a Michalis
Kaltezas, a Carlo Giuliani, a Christoforos Marinos, a Michalis Prekas, a
Maria Koulouri e a tutti i compagni uccisi dagli assassini uniformati di
Stato; non sono però giorni che appartengono alla morte, ma alla VITA!
Alla vita che fiorisce nella rivolta, nelle barricate, nella rivolta che
continua.

Terminando l’occupazione del Politecnico dopo 18 giorni, mandiamo la
nostra più calda solidarietà a tutte le persone che sono state parte
della rivolta in diversi modi, non solo in Grecia ma anche in molti
paesi d’Europa, del Sud e Nord America, Asia e Australia- Nuova Zelanda.
A tutti coloro che abbiamo incontrato e con i quali continueremo a stare
insieme, lottando per la liberazione dei prigionieri di questa rivolta,
ma anche perché continui fino alla liberazione sociale globale. Per un
mondo senza padroni e schivi, senza polizia e armi, senza confini e
prigioni.

MORTE ALLO STATO –LUNGA VITA ALL’ANARCHIA!

LA LOTTA CONTINUA

Facciamo appello per un’assemblea aperta che avrà luogo al Politecnico
Sabato 27 Dicembre alle 16.00, per l’organizzazione della solidarietà
agli arrestati, che è stata chiamata dai compagni dell’assemblea del
GSEE occupato.

Il Politecnico Occupato 12.24.2008