*23/12/2008
/Un assaggio di PeaceReporter/*/
Peacereporter ha deciso di pubblicare alcuni dei reportages usciti sulla
rivista mensile. Se vi piacciono, abbonatevi...
altri reportage del 2008 sul sito
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/All'ombra della svastica
Reportage sui nuovi skinhead russi
*A Mosca aumentano gli omicidi a sfondo razziale: vengono uccisi ceceni,
azeri, kazaki e tagiki.
E dietro le uccisioni gli skinheads russi, protetti dal sistema di
potere putiniano e da una parte
della chiesa ortodossa che predica di pulire la casa dagli "scarafaggi"*
di Luca Galassi
http://it.peacereporter.net/articolo/11421/All%27ombra+della+svastica
*Mosca, 20/02/08*. Provo ad aprire la mano per stringere la sua, ma non
faccio in tempo. Un breve contatto e le sue dita aperte scorrono sotto
il mio avambraccio per chiudersi quasi all'altezza del gomito.
D'istinto, anche le mie premono sul suo gomito, e il gesto è quasi
simultaneo. Metropolitana Tretiakovskaya, cuore di Mosca, sette di sera.
Come Sergei, anche gli altri adolescenti, giunti con qualche minuto di
ritardo all'appuntamento stabilito, si presentano a me con lo stesso
rituale saluto, in un reciproco impugnarsi l'avambraccio. Hanno il
cranio rasato e l'abbigliamento conforme ai dettami della loro
sub-cultura: pantaloni con i risvolti in fondo, a mostrare gli anfibi
lucidi, fibbie con svastiche e croci celtiche, tatuaggi, catenine di
metallo che escono dalle tasche, piercing. Sono i giovani esemplari
della nuova generazione russa di skinhead.
*Delitti razziali.* 'Paièhali', fa Sergei. 'Andiamo', e ci mettiamo in
marcia verso il luogo dell''incontro'. Un luogo che fino ad ora mi è
stato tenuto segreto. Mentre seguo i loro passi sulla neve fresca non
posso che pensare al mio volto. Per tentare di dissimulare le mie chiare
origini caucasiche ho provato a radermi. Ma so che non basterà certo
questo a mettermi al riparo da qualche sguardo sospettoso, se non da
eventuali, spiacevoli sorprese. Nel solo mese di gennaio, secondo i dati
dell'organizzazione di monitoraggio indipendente 'Sova', i delitti a
sfondo razziale in Russia sono stati tredici. Metà sono stati commessi a
Mosca. Si ammazzano i ceceni, gli azeri, i kazaki, i tagiki, gli armeni,
i georgiani. Si ammazzano i caucasici, appunto. I 'culi neri', come qui
li chiamano quelli che li disprezzano. Li ammazzano gli skinhead. Appunto.
*Revival slavo.* La sorpresa, a prima vista, è invece piacevole: un
palazzo ottocentesco ben curato e illuminato, di colore giallo ocra, con
gli stucchi bianchi e i tendoni amaranto. La scritta rossa sul cancello
recita: 'Fondazione per la conservazione della cultura slava'. E' uno
degli istituti -- mi viene detto -- più onorati e finanziati del Paese.
Specie da quando i russi, riavutisi dal collasso economico, dallo
smarrimento sociale e dal trauma psicologico seguito alla dissoluzione
dell'impero, si sono riscoperti russi. L'ascesa al potere di Putin si è
accompagnata a una nuova ondata di nazionalismo, e la retorica
anti-occidentale dell'ex presidente ha alimentato una frenetica
riscoperta dei simboli, delle istituzioni e della cultura slava. In
questo rinascimento identitario è stata la chiesa ortodossa a farsi
veicolo della coscienza e dell'orgoglio nazionale. Infatti: dopo che il
guardarobiere all'ingresso, incurante della provenienza e
dell'abbigliamento degli ospiti, ha raccolto i giubbotti, vengo
introdotto in un'ampio salone e presentato a un pope, un prete
ortodosso. Gli otto ragazzi e le quattro ragazze skinhead si siedono
attorno a un enorme tavolo circolare.
*La fede che purifica.* Padre Pavel, occhi azzurri e barba folta, lunga
fino al petto, comincia così il suo informale sermone: "Preparatevi a
difendere la vostra madrepatria". La predica abbonda di metafore,
riferimenti storici, richiami al mito. Come un maestro di scuola media
con i propri allievi, dopo l'esposizione di ogni concetto, il religioso
fa una pausa per verificare la loro attenzione. Li scruta, uno ad uno,
mentre procede nell'opera di indottrinamento. "Bisogna pregare, perché è
nella fede che si trova l'antidoto al male. La fede può salvarvi da ogni
peccato". Qualcuno sghignazza, altri si lanciano occhiate complici. I
più attenti hanno lo sguardo sostenuto, le braccia conserte e i tatuaggi
in bella vista. "Solo con la preghiera l'animo si può purificare". Pone
anche domande, padre Pavel: "Perché bisogna difendere la nostra
madrepatria?". "Per evitare le invasioni, le aggressioni che minacciano
il Paese", gli viene risposto. "Durante il periodo imperiale -- continua
il sacerdote -- il crimine più grave era quello contro la fede
ortodossa. Sappiate che anche oggi il nostro Paese sta subendo
un'occupazione. Anche oggi la fede e la nazione sono minacciate. E
poiché la fede è lo spirito della nazione, può essere necessario
difenderla anche con la spada. Ma se non potete combattere contro il
male, almeno non dovrete prendervi parte".
*Ebrei e musulmani. *Le allegorie a volte lasciano il posto ad allusioni
ben precise, e il 'male' prende progressivamente forma, incarnandosi non
più in un generico nemico esterno, ma in qualcosa dalla fisionomia ben
più concreta: "Guardate i musulmani cos'hanno fatto ai nostri fratelli,
prigionieri in Afghanistan e in Cecenia. Come si può torturare e
uccidere in nome di Dio? Le moschee stanno spuntando come funghi in
Russia. Se non combattiamo questa pericolosa tendenza, un giorno ci
sveglieremo e la Russia sarà musulmana". Poi, nuovamente, un appello
alla fede e alla preghiera: "Solo con l'aiuto della fede ci si può
salvare. Le preghiere purificano e difendono l'uomo in battaglia.
Conoscete la storia di quel soldato russo che, nella Seconda guerra
mondiale, pregò tutta la notte e il giorno successivo riuscì a uccidere
in battaglia diciannove tedeschi, e senza sprecare un proiettile?".
*La difesa della patria.* "Padre, ma allora uccidere è o no peccato?".
"Poiché la vita non è perfetta -- dice il /pope,/ evitando sempre di
rispondere direttamente alla domanda -- a volte bisogna impugnare la
spada e punire. Ricordate però che il miglior modo per difendere la
nostra terra dai colonizzatori è quella di purificare le loro anime con
la fede". "Padre -- fa uno -- abbiamo diritto all'estremismo in casa
nostra?". "Dato che non è possibile cacciare definitivamente gli
scarafaggi di casa -- senza ovviamente citare chi siano gli scarafaggi
-- allora è necessario tenere pulita la casa. Ricordate anche -- a degna
conclusione del ragionamento -- che l'ebraismo è come il satanismo. La
sopravvivenza della madrepatria dipende da voi". Qualche secondo di
pausa e, prima che il discorso termini, estraggo la macchina fotografica
dallo zaino. Improvvisamente i ragazzi si agitano. Alcuni si coprono il
volto, altri mi fanno cenno di 'no' con la mano. Il padre continua
imperturbabile a parlare, mentre mi allontano per evitare primi piani
indesiderati. Riesco a cogliere solo alcune immagini d'insieme.
*Wehrmacht originale.* Padre Pavel ha finito. Uno dei ragazzi, arrivato
nel salone quando l'incontro era già iniziato da un pezzo, mi si
avvicina: 'Giurnalist?'. 'Sì', faccio io. In un gesto di spavalda
vanteria si alza la felpa e mi mostra un tatuaggio con la bandiera
russa, sotto la quale c'è scritto 'russo' come un marchio di fabbrica.
La fibbia della cintura è originale, dice, apparteneva a un ufficiale
della Wehrmacht, l'esercito nazista. A ruota, anche gli altri scoprono
il petto, le braccia, i polpacci per mostrarmi i loro tatuaggi. Una
ragazza ha la fibbia con la croce celtica, un'altra una svastica con
decorazioni tribali sulla gamba. Quello che si è scoperto per primo si
chiama Igor, ha 28 anni ed è il capo dei giovani di /Slavianskiy Soyuz/
(Unione slava), l'organizzazione neo-nazista che mi ha fornito il
contatto con Sergei e consentito di partecipare all'incontro con padre
Pavel. "Sarò uno /skinhead/ fino alla morte", esclama Igor, con la voce
rauca. "Sono membro dell'organizzazione da un anno circa. Cercavo un
movimento che fosse in grado di arrestare il declino del nostro Paese. E
l'ho trovato in /Slavianskiy Soyuz/".
*Supremazia ariana.* Prendete parte a pestaggi e omicidi di stranieri?
"Io personalmente non mi batto più in strada. Ma se vedo uno straniero
che si comporta male verso un cittadino russo, allora certo che difendo
il mio connazionale". Saprò più tardi che il suo predecessore è stato
condannato a dodici anni per omicidio. Sergei, invece, di anni ne ha 21.
Sa come imporre il suo credo, basato su rispetto e onore: "Quando mi
trovo in strada, se uno non ci sente a parole, uso le mani. Io, quando
un ceceno o un daghestano dice a una nostra donna 'Vieni qui, bella
figa', mi sento personalmente insultato. Così come mi offende vedere una
nostra donna che esce con un caucasico, quelli pieni di soldi, coi
macchinoni. Quelli arroganti. Non considero russi i loro bambini. Noi
facciamo quello che la polizia non fa". "Siamo per la razza ariana", lo
interrompe uno, a cui fa eco una ragazza poco più che maggiorenne:
"Siamo per la supremazia dei bianchi". Lo dice con un sorriso,
spalleggiata dagli altri, che si mettono in posa per una foto con il
braccio alzato. Sorridono tutti, mentre fanno il saluto fascista. Come
se fosse un gioco. Quale sarà la reazione di questi adolescenti alle
parole di padre Pavel? Cosa faranno una volta che si troveranno davanti
il 'male'?
*L'ideologo.* Sono venuto qui per avere un'idea di chi fossero i
militanti /skinhead /di /Slavianskiy Soyuz, /due parole le cui iniziali
formano un inquietante accostamento. Mi ci ha mandato il capo del
movimento in persona: giorni prima aveva accettato un'intervista dopo
che, sul suo sito, avevo trovato il suo numero di cellulare. Si chiama
Dimitry Demushkin, e non immaginavo sarebbe stato tanto facile
contattarlo. L'idea che mi ero fatto era di un soggetto che agisce in
totale clandestinità, ricercato dalla polizia e perseguitato dalla
legge, in quanto leader di un'organizzazione che esalta la superiorità
bianca e incita al razzismo. E che, per di più, ha visto un centinaio di
suoi membri incarcerati, 40 dei quali nella sola Mosca, perché accusati
di svariati omicidi a sfondo etnico. "Rigettiamo categoricamente ogni
accusa", ha esordito quando ci ha accolto nel suo ufficio, in un
caseggiato anonimo fuori della metro Kolomenskaya, poco più a sud del
centro. Il locale è disadorno, due scrivanie da un lato, alcuni
scatoloni, pacchi e depliant sparsi qua e là, un mobile-libreria in
legno nero sul quale troneggia una collezione di icone ortodosse. Per
rendere l'ambiente più idoneo all'occasione, un collaboratore di
Demushkin tira fuori una bandiera rossa con la scritta /Slavianskiy
Soyuz/ e l'appende al muro.
*Nazionalsocialismo russo.* Il leader di /Ss/ non guarda mai negli occhi
quando risponde alle domande. E' uno skinhead anche lei? "Lo sono stato.
Ho fondato io il primo gruppo organizzato di /skinhead/ russi, il /Beye
Bulldogi/ (Bulldog Bianchi), agli inizi degli anni '90". Cosa vuol dire
essere /skinhead/? "Partecipare a una sottocultura di protesta giovanile
che si sta sviluppando in una forma molto attiva". Come è nato il suo
movimento? "Da una scheggia di /Unità Nazionale Russa/ (partito e
formazione paramilitare di estrema destra al bando, /ndr/)". Ci spiega
in cosa consiste, qual è la sua ideologia, quanti membri ha? "Non è
possibile fare stime precise. Anche se i membri attivi non sono molti,
la nostra capacità di influenza è abbastanza estesa, anche tra soggetti
eterogenei. Un gruppo musicale che si chiama /Zyklon B, /per esempio, ha
un fan club di circa un centinaio di persone. Non sono membri, ma
'simpatizzano' per noi. Un altro gruppo di simpatizzanti di /Ss/ è
costituita dai capi delle bande di /bikers/ (motociclisti, /ndr/). In
Russia, /Ss/ è il gruppo nazionalsocialista più influente. Alcuni membri
del governo e del parlamento condividono la nostra ideologia, così come
sportivi, scienziati, intellettuali. Dal '99 la nostra posizione è
rimasta intransigente, rigorosa, dal punto di vista ideologico. Siamo
per la tutela della lingua, della cultura e dell'unità del popolo slavo.
Siamo una formazione nazional-socialista, che ha profondi legami con la
religione ortodossa. La finalità della nostra organizzazione è la
propaganda, con tutti i mezzi possibili". Quanti siete? "Circa
cinquemila". Quaranta dei quali sono finiti in carcere. "Quelli finiti
in carcere hanno agito per conto proprio. Noi rigettiamo categoricamente
ogni accusa". Per cosa sono stati condannati? "Per estremismo, percosse,
incitamento all'odio etnico, omicidio, terrorismo e altro". Quindi lei
non si sente responsabile della campagna di odio, dei pestaggi e degli
omicidi commessi dagli estremisti di /Ss/ in questi anni? "No,
assolutamente. Chi ha commesso questi delitti ha agito non in nome
dell'organizzazione, ma stravolgendo il suo credo ideologico. Quando non
possono condannare l'organizzazione, cercano di condannare i singoli
membri.". Che lavoro fa? "Un po' di tutto. Organizzo concerti, festival,
corse motociclistiche, eventi sportivi. Adesso stiamo preparando il
campionato mondiale di lotta senza regole. Mi interessa il mondo
informale, quello che succede nelle strade. Mi interssa la cultura
alternativa".
*La denuncia della Politkovskaya.* Mi congedo con una stretta di mano
neutra, che nulla ha a che fare con il saluto dei giovani /skinhead/ che
avrei 'imparato' qualche giorno dopo. In apparenza, quest'uomo potrebbe
essere un banale impiegato, che lavora in un ufficio banale e fa un
lavoro banale. Eppure, sul suo sito,
www.demushkin.com
<
http://www.demushkin.com/>, fino allo scorso anno comparivano
svastiche, link a siti di /skinhead/, braccia levate nel saluto romano,/
/e un manuale dal titolo 'Nazional-socialismo mistico: 1488 parole'.
L'88 è il saluto nazista (Heil Hitler, essendo la 'H' l'ottava lettera
dell'alfabeto), le 14 parole sono: "Noi dobbiamo assicurare l'esistenza
del nostro popolo e il futuro per i bambini bianchi". Lo stesso
Demushkin fu arrestato nel 2006 in relazione a un attentato a una
moschea, dove una bomba esplose senza provocare vittime. La sua casa fu
perquisita e alcune bandiere di /Ss /sequestrate. Il 20 agosto 2004,
l'organizzazione antifascista 'Movimento giovanile per i diritti umani'
ricevette una lettera che minacciava una "notte dei lunghi coltelli" per
"Yurov e Alekseeva", che sarebbero stati "i prossimi dopo Girenko". In
allegato, la foto di un cecchino. Andrey Yurov era all'epoca il
presidente del Movimento giovanile per i diritti umani, Ludmila
Alekseeva la direttrice del Moscow Helsinki Group, istituzione nata per
opporsi al neo-nazismo. Nikolay Girenko, un consulente antifascista le
cui perizie servirono a incarcerare diversi /skinhead/, fu assassinato
il 19 giugno 2004. L'autore della lettera, secondo il sito
d'informazione russo 'MosNews', era proprio Dimitry Demushkin.
"/Slavianskiy Soyuz/ -- la cui sigla in russo è /Ss/ -- divulgava sul
suo sito che l'omicidio era preparato da tempo. Appariva un giovane
vestito con l'uniforme delle guardie d'assalto nazionaliste, pistola
alla mano e, sotto, la frase: 'In Memoriam, Girenko'. I siti non sono
stati chiusi. I loro proprietari e moderatori non sono stati
incriminati". Così scriveva Anna Politkovskaya, nel suo /Diario russo/,
il 19 giugno 2004.
*Zyklon B.* In Russia molte aggressioni a sfondo razziale non vengono
denunciate per paura. La risposta delle autorità è stata in passato
assai debole, se non del tutto inefficace, perché la giustizia penale
russa solitamente classifica tali episodi come come 'atti di
vandalismo', invece di far riferimento all'articolo 282 del Codice
penale, che li qualifica espressamente come 'delitti razziali'. Per
qualche oscura associazione mentale, ripensando all'intervista a
Demushkin torna alla memoria il nome del gruppo musicale da lui citato,
'Zyklon B'. Solo ora ricordo perché il nome mi era in qualche modo
familiare. Solo ora che mi appare davanti agli occhi una stanza delle
baracche di Auschwitz, quella adibita a museo. In un angolo, accanto
alle matasse dei capelli, alle scarpe, ai vestiti degli scomparsi, c'era
una catasta di barattoli vuoti. Contenevano il gas letale che uccise
milioni di persone. Su ciascuno, la stessa scritta: 'Zyklon B'.
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Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Bertold Brecht, Berlino, 1932
(rielaborazione dai versi originali di Martin Niemöller)
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