Lähettäjä: Tommaso Vitale Päiväys: Vastaanottaja: ML movimenti Bicocca Aihe: [movimenti.bicocca] "'68 napoletano. Lotte studentesche e conflitti
sociali tra conservatorismo e utopie"
> da: "il manifesto", 9 dicembre 2008 >
> Il Meridione in movimento, quarant'anni dopo
>
> Il saggio di Carmen Pellegrino «'68 napoletano.Lotte studentesche e
> conflitti sociali tra conservatorismo e utopie», di cui proponiamo
> qui a
> fianco ampi stralci dalla prefazione di Giovanni De Luna, è in
> uscita per la
> piccola casa editrice sarda Angelica (pp. 208, euro 14). Pellegrino,
> che ha
> trent'anni e vive a Napoli affiancando la sua attività di studiosa
> di storia
> dei movimenti collettivi alla collaborazione con associazioni
> socioculturali, si è basata soprattutto sulla documentazione
> dell'epoca
> (dagli articoli dei giornali ai materiali prodotti dal movimento) per
> inserire il '68 partenopeo, finora piuttosto trascurato dalla memoria
> storica, all'interno di quella fase di cambiamento radicale che
> investì
> tutto il paese e che ebbe proprio nel Meridione effetti profondi
> anche in
> ambiti che si sarebbero detti impermeabili a ogni innovazione, dalle
> istituzioni carcerarie all'esercito.
>
> La prefazione al libro di Carmen Pellegrino
>
> Sottratto all'oblio il lungo '68 di Napoli
> GIOVANNI DE LUNA
>
> Ci sono luoghi che sono entrati stabilmente nella mappa del '68
> italiano.
> Napoli non è tra questi. Torino e Palazzo Campana, Milano e la
> Statale, Roma
> e valle Giulia e ci si ferma lì. Quasi che i giorni convulsi e
> febbrili del
> '68 abbiano riproposto il lungo periodo di una questione meridionale
> sprofondata in un tempo quasi immobile, fissando per il Sud i tratti
> di una
> irrimediabile separatezza, di una sua chiusura in una storia altra e
> diversa
> rispetto a quella nazionale. (...) Per reintrodurre Napoli e il Sud
> nella
> storia del '68 occorreva quindi sconfiggere le banalità e le
> semplificazioni, sottrarsi alla cappa asfissiante dei regolamenti
> dei conti
> e delle invettive affidandosi alla linfa vitale della ricerca e
> dell'approccio storiografico. Questo è il libro di Carmen
> Pellegrino, il
> lavoro di chi ricordi non ne ha perché non era ancora nata, di chi per
> conoscere il '68 è stato costretta a studiarlo e forse proprio per
> questo è
> stato in grado di reintegrare Napoli nella geografia di un evento
> compiutamente nazionale. (...)
> Il primo elemento unificante è la cronologia. Il libro si sofferma
> solo
> sugli esordi degli «anni '68», raccontandoci il triennio 1967-1969 e
> lasciando affiorare una catena di eventi che si ripete uguale, a
> Pisa come a
> Trento, a Venezia come a Pavia: la mobilitazione contro la legge
> 2314, il
> susseguirsi di occupazioni, controcorsi, assemblee, sperimentazioni
> didattiche, sgomberi, cortei, scontri con la polizia e con i
> fascisti. Si,
> la presenza dello squadrismo a Napoli era più marcata che in altre
> situazioni, la violenza dei fascisti era molto più aggressiva che a
> Torino e
> a Milano; per il resto però il percorso degli studenti resta
> sostanzialmente
> lo stesso. (...) Soprattutto il movimento napoletano condivide con
> quello
> delle altre città una dimensione politica fortemente inclusiva, che ne
> rappresenta forse il tratto più significativo e innovativo. Diciamolo
> subito. Nella loro stragrande maggioranza i militanti si
> autorappresentavano
> come portatori di una ideologia di rottura, trasgressiva,
> dirompente; molti
> si dichiaravo esplicitamente rivoluzionari. Quelli più consapevoli
> replicavano il modello classico del militante rivoluzionario
> novecentesco,
> lasciando che la loro scelta di vita divenisse totalizzante, assoluta,
> tagliandosi i ponti alle spalle rispetto alle loro provenienze
> sociali,
> azzerando ogni soluzione di continuità tra la propria dimensione
> esistenziale e quella politica. Forse però ora è arrivato il momento
> di
> scavare dentro quell'autorappresentazione, lasciandone emergere
> contraddizioni e incertezze, forzandone la monumentalità a cui è stata
> consegnata dai ricordi dei protagonisti. In questo senso credo che
> nessuno
> degli studenti di allora avrebbe potuto riconoscersi nelle
> considerazioni di
> Bobbio sulla dimensione inclusiva della democrazia: «la democrazia è
> inclusiva in quanto tende a far entrare nella propria area gli
> 'altri' che
> stanno fuori per allargare anche a loro i propri benefici... il
> processo di
> democratizzazione, dal secolo scorso a oggi, è stato un processo
> graduale di
> inclusione di individui che prima erano esclusi... Una democrazia
> non può
> essere esclusiva senza rinunciare alla propria essenza di società
> aperta».
> Alla democrazia si guardava invece come a una finzione giuridica, una
> «maschera» indossata per l'occasione da uno Stato che voleva a tutti
> i costi
> celare il proprio volto autoritario e liberticida. Eppure se un segno
> distintivo è possibile riconoscere al movimento nel suo complesso
> (che si
> trova intatto a Napoli come a Torino), è proprio la sua spinta
> inclusiva, la
> sua ferma determinazione a lottare contro le separatezze, i
> compartimenti
> stagni che frammentavano la società borghese, le riserve indiane in
> cui agli
> studenti non era possibile incontrare se non altri studenti, agli
> operai
> altri operai, e così via. (...)
> Per un breve, intenso periodo Napoli non è più la stessa. Gli studenti
> pendolari ritornavano a casa non più per passare il week end ma per
> parlare
> delle loro lotte. E il rapporto centro-periferia si rimodellò
> seguendo le
> rotte della mobilitazione, con la protesta che dall'Università
> rimbalzava
> sui licei, sulle medie, sugli istituti professionali. Non solo a
> Salerno, ma
> nei paesi abbarbicati sull'osso del Mezzogiorno, il '68 arrivò
> attraverso il
> pendolarismo degli studenti. Fu così tra Napoli e il resto del Sud, ma
> sopratutto fu così anche tra il Nord e il Sud. Alla fine, quando la
> rissa
> delle memorie contrapposte si placherà, bisognerà pur parlare dei
> «ragazzi
> che andarono al Sud». Arriverà pure il momento di ricostruire quelle
> scelte
> generose e coraggiose che coinvolsero non solo gli «studenti
> fuorisede» ma
> anche quelli che partirono per andare giù a «fare lavoro politico»,
> come si
> diceva allora, ma in realtà contribuendo a rimescolare differenze e
> separatezze, avvicinando il Sud al Nord nella concretezza delle loro
> esperienze quotidiane, nella loro disponibilità a vivere la vita degli
> altri, in luoghi sconosciuti alla geografia del turismo ma divenuti
> allora
> importanti nella mappa dei conflitti sociali (Gela, Taranto, Reggio
> Calabria...).
> (...) A Napoli, come nel resto d'Italia, quei giorni erano destinati a
> finire. Ci misero molto, molto più che negli altri paesi europei,
> consegnando alla storia un '68 italiano più lungo degli altri. Però
> finirono. Erano serviti a qualcosa? Nel libro di Carmen Pellegrino è
> citato
> un dato su cui vale la pena riflettere. Nel popolare quartiere di San
> Lorenzo, al referendum monarchia/repubblica del 2 giugno 1946 la
> repubblica
> strappò un misero 16,8%. I consensi straripanti alla monarchia
> riproponevano
> un blocco sociale fondato sull'antica promiscuità dei vicoli in cui si
> affollavano nobili e plebei, insieme avviluppati nelle reti della
> clientela
> e della protezione camorristica. Nel 1974, al referendum sul
> divorzio, il
> fronte divorzista totalizzò il 56,4%. A San Lorenzo, a Napoli e in
> tutta
> Italia fu il risultato più significativo ottenuto dai fermenti
> innovativi
> che avevano investito il sistema politico italiano in quegli anni.
> Poi quei
> fermenti, man mano che il vento del '68 affievoliva il suo soffio, si
> stemperarono precipitando in un presente in cui Napoli oggi celebra in
> Scampia il ripristino delle separatezze e delle chiusure. (...) Non
> ci sono
> gli strumenti di «inclusione» con cui lo Stato allarga la sfera della
> cittadinanza, non ci sono le scuole. Gli scugnizzi che manifestavano
> per il
> Vietnam ora pascolano tutto il giorno intorno agli adulti spiandone
> le mosse
> per imparare il mestiere, per prepararsi a diventare ggente 'e
> miezz'a via.
> Il '68 è finito davvero.
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