da indymedia
SUI FATTI ACCADUTI IL 12 ALLA STATALE OCCUPATA
alcuni studenti e lavoratori dell'assemblea dell'aula magna milano
Alcuni studenti e lavoratori dell' Assemblea dell' Aula Magna
Milano, venerdì 12 dicembre 2008.
A conclusione di una mattinata di sciopero generale, durante la quale
più cortei avevano attraversato la città, un folto spezzone decideva di
non terminare la giornata in piazza del Duomo e, dopo un rapido
passaggio in piazza Fontana (per ricordare il volto assassino dello
Stato) e un tentativo di raggiungere Assolombarda (per ricordare il
volot assassino dei padroni), si dirigeva verso l’Università Statale di
via Festa del Perdono per dare vita a un’assemblea vòlta a lanciare una
lotta all’altezza del presente.
Studenti universitari e medi, lavoratori, precari, disoccupati,
pensionati, scioperanti, individui qualunque e realtà di vario genere e
provenienza, giovani e anziani, belli e brutti, alti e bassi, si
muovono, senza alcuna identità di riferimento se non quella di
un’incazzatura sociale condivisa e di una determinazione contro lo
stato attuale delle cose.
Nell’aria e nell’animo di molti vibra la viva percezione che si stia
profilando un’inedita composizione di forze sensibili all’urgenza del
momento. Un sentimento diffuso è quello di occupare l’aula magna (cosa
che a Milano non accadeva, nella congiuntura tra studenti e lavoratori,
da trent’anni). Letteralmente si apre l’Università alla città,
scardinando le porte dell’Aula Magna per un incontro del quale è
difficile sovrastimare il potenziale.
Si stava producendo un evento, un momento di rottura con l’andamento inerziale del presente.
Ma non c’è evento che non produca agenti antievenemenziali che, volendo “gestire” le situazioni, fanno in modo che nulla accada.
Una parte degli studenti della Statale, appoggiati da qualche figuro
politico, decide di rompere con l’assemblea dell’Aula Magna e di andare
in un’altra aula, prendendo a pretesto la “forzatura” effettuata nello
scardinare l’entrata, cosa che sarebbe stata fatta, a loro dire, da
“persone esterne al movimento”. Disertando l’assemblea e cercando di
farla fallire costoro si sono assunti una responsabilità politica
chiarissima e gravissima. Non crediamo che, in merito, ci possano
essere molte sfumature.
A costoro diciamo comunque che nelle situazioni di lotta l’unica
esteriorità che conosciamo è quella tra chi partecipa alle lotte e chi
non vi partecipa, e che il passaggio che si stava vivendo non era un
momento della lotta degli studenti della Statale. Non riuscire a
comprendere questo dato elementare è sintomo di pochezza intellettuale
o di una precisa volontà politica “gestionale” – o di entrambe.
Al contempo, rivendichiamo l’apertura della porta, non solo necessaria
da un punto di vista pratico, ma anche significativa da un punto di
vista simbolico, come un gesto collettivo condiviso da molti. Certo,
non da tutti. Il rettore, ad esempio, non era d’accordo.
Un dato è certo: il movimento studentesco è morto.
Bene, non c’è da dolersene. Né da rallegrarsene. Notoriamente, i
movimenti sono fatti per finire. Molti hanno riconosciuto alcuni
aspetti positivi in questo movimento (soprattutto la sua capacità di
muoversi differentemente nella città e l’incuranza per le appartenenze
di parrocchia in alcune modalità d’intessere rapporti orizzontali). In
una città socialmente asmatica, si è respirata insapettatamente una
ventata di aria fresca. Ma ormai una certa inconsistenza universitaria
cominciava a essere stucchevole nella sua incapacità di andare oltre se
stessa.
Alcuni studenti hanno sentito l’esigenza di compiere questo passo e lo
hanno tentato in vari modi. Altri hanno dimostrato di non riuscire a
vedere al di là del ristretto orizzonte in cui sono socialmente
costretti e accettati.
Ai primi diciamo che è bene insistere sulla scia delle intensità
vissute, consolidare rapporti e inventarsi le modalità organizzative
necessarie per essere all’altezza della situazione attuale.
Ai secondi, inviamo i migliori auguri per il proseguimento degli studi ai quali ritorneranno alla fine della ricreazione.
A tutti gli altri diciamo che in certi passaggi non è possibile stare nel mezzo o ricercare sfumature.
Sulla soglia o ci si ferma, o la si varca.
Alcuni studenti e lavoratori dell’Assemblea dell’Aula Magna
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