Riproduco la lettera inviata da Cannavò a Sansonetti in merito al contenuto di una sua intervista al “Corriere della Sera”.
Sergio Casanova
CON LA PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE SU LIBERAZIONE.
Al direttore di Liberazione, Piero SansonettiAl presidente della Mrc Spa, Sergio BellucciAl CdR di Liberazionee p.c. alle agenzie di informazioneCaro Piero attento alle parole: "peso" assomiglia a "fannullone".Caro Piero, leggo sul Corriere della Sera di oggi, 16 dicembre, che sarei uno dei motivi del "buco" del giornale Liberazione. La tua risposta alla domanda sulle perdite accumulate, infatti, dice: "Abbiamo ripreso 5 o 6 giornalisti dopo l'esperienza in Parlamento, tra cui Cannavò, Gagliardi e Forgione, stipendi veri che pesano". Nel sommario all'intervista il Corriere riassume: "Deficit? Pesano gli onorevoli ripresi, Cannavò e Gagliardi". Questo quanto si legge sul giornale. Sono parole che reputo offensive e degne di una spiegazione ai lettori di questo giornale e non solo (teoricamente anche a quelli del Corriere).Lavoro a Liberazione dal 1996, quando tu eri all'Unità. Ho lavorato con Manuela Palermi, Carlo Benedetti, Piergiorgio Bergonzi, Sandro Curzi e poi con te per due anni. Con Sandro ho fatto un'esperienza bellissima, sono stato prima caporedattore e poi vicedirettore, e abbiamo portato Liberazione a una media annua, dati 2001, di 13mila copie (dalle 8mila in cui le trovammo), poi scesi negli anni successivi (nel 2004 ballavano ancora sulle 10mila). Ma si lavorava dalle 11 di mattina fino alle 10 di sera, tutti i giorni, senza straordinari o incentivi. E non pesava.Mi considero un pezzo di storia di questo giornale e, presuntuosamente, considero che la sua sopravvivenza fino ad oggi deve qualcosa anche a me, oltre a tanti e tante della redazione (i cui nomi non posso certo elencare, visto che sono tanti). Però, vedi, il giornale non mi deve uno "stipendio che pesa", ma deve stabilire come vuole regolare il rapporto con me che sono un dipendente a tutti gli effetti - anche se non faccio più parte di Rifondazione, come te del resto - e che ha utilizzato un meccanismo classico dello Statuto dei lavoratori, quello dell'aspettativa elettorale. Non credo di aver rubato nulla a nessuno, visto che durante il mandato, come è logico, non sono stato pagato e che, finito il mandato, sono stato in aspettativa non retribuita fino al mese di ottobre (è giusto che i lettori di questo giornale questo lo sappiano, il mio "peso" equivale a tre mensilità nel 2008). Dal 5 novembre sul tavolo dell'amministratore delegato giace una lettera - inviata anche a te per conoscenza - in cui si ricordano le diverse aspettative godute (non retribuite), la carica detenuta (direttore editoriale) e si afferma poi che finito il periodo di aspettativa per mandato elettorale il sottoscritto "si è messo a disposizione dell'Amministratore delegato e del Direttore responsabile del quotidiano in virtù della propria qualifica e della propria carica". Poi aggiunge che tutto ciò premesso "resta a disposizione della presenta Amministrazione ai sensi delle normative vigenti in materia di diritto del lavoro". Nessuna comunicazione mi è mai giunta (se è vero che l'Ad si è dimesso, credo che esista ancora un Presidente) anche se la Direzione del quotidiano mi ha utilizzato spesso in questi due mesi facendo con alcuni miei articoli addirittura la prima pagina. Aggiungo che circa un mese orsono ho avuto anche un incontro con il Cdr del giornale per dire che potevano utilizzare il mio stipendio in una eventuale trattativa con l'azienda per trovare soluzioni condivise. Comunque, a parte il burocratese, Liberazione, la Mrc Spa, Rifondazione tutta o in parte può anche pensare che il mio stipendio "pesi", ma non può non accorgersi che le parole sono importanti e che quel linguaggio assomiglia a "esubero" se non a "fannullone". E soprattutto ha il dovere - essendo io un suo dipendente - di venirmelo a dire, di confrontarsi con me, a partire dalla mia storia professionale nel giornale (ricordo che non porto colpe per la caduta delle copie) e di propormi soluzioni quali esse siano. Che in una vertenza complicata e dolorosa - ho lavorato a Liberazione per dodici anni su venti della mia vita lavorativa - in cui si sottace sempre la responsabilità politica che ha prodotto l'affossamento di un giornale che è stato anche il mio - il governo, la svolta a destra, il politicismo, i veri e propri disastri compiuti dai "maestri" - io debba essere additato, con nome e cognome, come uno che, di fatto, con il suo stipendio "pesante", toglie lavoro e soldi ad altri lavoratori o al giornale tutto, magari è una disattenzione, magari è una "smanacciata" casuale ma ti assicuro che fa male. E chiede di essere tutelata.Salvatore Cannavò
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