ma parla proprio di quel bifo
che ieri si vendeva anima e core
per una comparsata sul giornaletto
della repubblicchetta delle bananette
ed oggi si riscopre massimalista
al tempo giusto
io credo di no
sarà senz'altro un'altro Bifo
non un rottame dell'antagonismo
furbesco e di facciata
un omonimo senza macchie d'inchiostro pennivendole e senza paura
http://it.youtube.com/watch?v=qOo5qP2-fWI
"Se c'è un punto che trovo veramente affascinante nella lista che Bifo ha
proposto per Bologna è la determinazione con cui Franco chiede di
inventare
dalla testa ai piedi una Bologna diversa. E questo è ciò che si dovrebbe
suggerire agli studenti. Avere idee radicali e coltivarle senza pregiudizi.
Costruire pensiero e pratica alternativi. Non è un vezzo, è una
necessità.
Capire il segno e l'orizzonte del pensiero autonomo."
-------- Original Message --------
Subject: [Redditolavoro] Fw: [RK] Rattus_ Il crash di belzebù
Date: Tue, 16 Dec 2008 12:11:57 +0100
From: "clochard" <spartacok@???>
To: "redditolavoro" <redditolavoro@???>
----- Original Message -----
From: "rattus" <wbario@???>
To: <rekombinant@???>
Sent: Friday, December 12, 2008 8:22 PM
Subject: [RK] Il crash di belzebù
HelpCari rk, vi invio qualche nota presa in velocità in queste ultime
settimane. Roba per insonni, come ai vecchi tempi.
Rattus
*****************
"Senatore, qual è il futuro per i nostri giovani ?"
A questa domanda dell'intervistatrice Belzebù non risponde. Sembra
tramortito, i suoi neuroni si spengono per un istante. Tutti quelli che
considerano Andreotti un archivio efficientissimo, un cervellone di dati,
pensano per un istante la medesima cosa: che di fronte a un simile quesito
il "sistema s'è impallato" è andato in crash.
Perché ? Ma perché in ballo non c'è solamente il decreto Gelmini. Un
conto
è
parlare di fondazioni, di maestro unico, di tempo pieno, altro conto è
parlare di futuro.
Pare che Andreotti si sia rimesso in funzione dopo qualche istante,
complice
un buffettone rifilatogli da una guardia del corpo.
"Tu ci blocchi il futuro, noi ti blocchiamo il sito" (o qualcosa del
genere)
è questo, in buona sostanza, il testo che è apparso per qualche ora sul
sito
di Giulio Tremonti. L'espressione "bloccare il futuro" deve evocare spettri
terribili nella classe politica.
"Guardiamoci nelle palle degli occhi", diciotto anni fa, di questi tempi,
tra ottobre e natale del 1990, prendeva forma la protesta della "Pantera".
Anche in quel caso si protestava contro una legge che puntava a
"privatizzare" l'università. In effetti la Ruberti non sortì seffetti
sensibili e non colpì direttamente le risorse come fa oggi la riforma
Gelmini. Ma, allora come oggi, le questioni al pettine superavano, e non di
poco, il problema specifico della riforma universitaria xyz. Si può
arrivare
a dire - a costo di urtare la sensibilità dei precari della ricerca - che
la Ruberti allora, come la Gelmini oggi, erano dei pretesti per esprimere
un
disagio giovanile che aveva (ed ha) una dimensione più vasta
dell'orticello
chiuso delle università italiane.
Vediamo qualche dato recente. Nel periodo CHE PRECEDE, la crisi finanziaria
conclamata, in italia è cresciuto costantemente il gap (la forbice) tra
poveri e ricchi. La crescita dell'ineguaglianza è stata progressiva
einesorabile dal 1985. Lo dice a chiare note l'OCSE nella sua ultima
relazione.
Una ricerca sulla felicità svolta da una prestigiosa rivista scientifica
mostra come l'Italia abbia visto diminuire il proprio indice di felicità
"percepita" negli ultimi otto anni, in controtendenza rispetto alla maggior
parte dei paesi europei.
http://www.diregiovani.it/gw/producer/dettaglio.aspx?id_doc=14498
Le due ricerche hanno un punto di contatto: la ricerca sulla felicità,
premiando la Danimarca come il paese più felice, evidenzia come
l'eguaglianza (o almeno la minor diseguaglianza) sia un importante indice
di
benessere.
Ciò che si deve riconoscere è che, al di là delle posizioni di Obama,
gli
allievi di Milton Friedman hanno veramente finito con le loro dottrine.
Sono
platealmente impopolari. In effetti Sbancor è stato forse il primo a
denunciare, appena qualche giorno prima di 11/9, che l'economia USA stava
attraversando in quei giorni la sua crisi peggiore. Le considerazioni del
nostro compianto uomo a Wall Street erano di una lucidità spietata: la
crisi
era talmente profonda da aprire lo spazio per nuove avventurismi e disastri
militar-industriali. La sua previsione raggelante venne confermata dai
fatti. Ma dopo sette anni, possiamo ben dire che la vecchia talpa in
qualche
modo ha scavato. Uno dei motivi per cui si è assistito a ripensamenti come
quello di Tremonti (con i suoi patetici riferimenti all'etica) è che la
critica dell'economia neocon che fu promossa dalle menti migliori del
movimento noglobal (penso ad esempio a Marazzi a Sbancor a Bifo a Naomi
Klein) è diventata senso comune. L'evidenza clamorosa di paradossi come la
guerra in Iraq, e i grandi scandali finanziari hanno dimostrato tutte le
ragioni di quelle proteste. E' di oggi la notizia che è stato arrestato
per
truffa il direttore del Nasdaq.
L'unico che ancora va in giro a raccontare che la crisi è dovuta alla
sinistra che fa l'uccello del malaugurio è il presidente del consiglio.
Questo è l'aspetto tragico di tutta la faccenda: mentre il mondo economico
rimane attonito di fronte al crollo delle teorie della purezza del mercato,
della deregulation e dei tagli indiscriminati, noi qui dobbiamo misurarci
con una tregenda di inqualificabili idioti che suonano ancora la fanfara
come fossimo ai tempi di Reagan. "Hic Manebimus optime" (qui ce ne
rimaniamo
ben felici) ci mandano a dire. E l'opposizione, invece di puntare il dito
sui problemi reali, passa le settimane a preoccuparsi del destino di
un'istituzione inutile come la commissione vigilanza della rai.
L'aspetto più triste di questa faccenda è che a pagare la crisi non sarà
Bush, che si è appena comprato una villa da 3 milioni di dollari. Sbancor
sotto questo profilo aveva ragione: il loro obiettivo non è stato vincere
la
guerra, ma fare soldi ai danni dei contribuenti. Se questo è quel che
rimane
di trent'anni di filosofie economiche liberiste, c'è da chiedersi cosa
faranno i neoliberisti nostrani. Lorsignori hanno raggiunto solo ora il
potere necessario per effettuare le ultime svendite, quelle meno
digeribili:
gli edifici scolastici, le sedi universitarie, le aziende sanitarie, gli
ospedali. Rinunceranno ?
Finora la destra ha dilagato su parole d'ordine come: "presidia il bordo",
"sorveglia il confine". Oggi si intuisce che "bloccare il futuro"
appartiene
allo stesso orizzonte concettuale di "presidiare il confine". Chi presidia
il confine è lo stesso che ti blocca il futuro.
Certamente vi sono "nuovi giunti" che arrivano da terre lontane muovendosi
nello spazio ma poi ci sono "nuovi giunti" che arrivano da annate non
troppo
lontane. Sono i giovani.
Ai primi si sbarra la strada con i CPT ai secondi, appunto, si "blocca il
futuro".
In una situazione come questa non conviene sottovalutare spunti critici
come
quello di Sergio Bologna.
Questo studioso ha fatto benissimo a mettere in guardia l'onda anomala da
comportamenti ingenui ricordandoci come:
«Negli anni della forsennata privatizzazione (1992/93) con cui l'Italia ha
messo nelle mani di nuovi raider della finanza immensi patrimoni pubblici
(leggetevi a questo proposito il libro di Giorgio Ragazzi I signori delle
autostrade, Il Mulino, Bologna 2008 ma lo stesso se non peggio potrebbe
dirsi di Telecom), suggellando il suo "golpe bianco" con l'accordo
sindacale
del luglio 1993 grazie al quale oggi abbiamo i salari d'ingresso più bassi
d
'Europa, non erano certo personaggi della nuova Destra a menare la danza ma
uomini come Romano Prodi ed altri ex manager pubblici. A beneficiarne sono
stati i Tronchetti Provera, i Benetton, i Colaninno, i Gavio li ritroviamo
tutti guarda caso oggi nella vicenda Alitalia»
http://www.nazioneindiana.com/2008/11/13/a-gamba-tesa-sergio-bologna/#more-1
0870
Per quel che riguarda l'università faccio un esempio che forse aiuta a
comprendere alcuni passaggi di quel periodo: appena un paio di anni dopo la
protesta della "Pantera" l'università che frequentavo, psicologia, fu
colpita da un vero e proprio tsunami contro il sapere pubblico. La
formazione post-laurea venne ad un tempo privatizzata e resa obbligatoria.
In pratica, chi voleva "aprire bottega" da psicologo del lettino doveva
studiare altri sette anni dopo la laurea quinquennale (1 anno di
tironicinio
+ esame di stato + scuola di specializzazione privata. In tutto 12 anni
quando va tutto bene).
L'operazione di POLITICA parlamentare vide all'opera su questo obiettivo
l'area socialista, che ne fu la principale ideatrice, con l'appoggio del
PCI
(specialmente dei miglioristi) e dell'area cattolica.
Non ci sono dubbi circa il fatto che tale operazione creò, per un breve
periodo, un rimbalzo economico di notevoli dimensioni. Fiorirono le scuole
private post-laurea (oggi completamente in mano ai baroni universitari) e
si
creò un canale parallelo a quello universitario.
Vale ricordare che molti tra quelli che oggi insegnano a contratto nelle
università pubbliche e si autodefiniscono "Precari della ricerca"
aderirono
a quella mutazione radicale del tessuto universitario senza fare troppe
questioni, sebbene avessere iniziato a farsi conoscere dai docenti proprio
protestando contro "La Ruberti" e le privatizzazioni.
(Non nego che rivederli oggi in piazza, tra gli studenti che protestano
contro la Gelmini mi strappa la risata).
Ma vale notare che tra i promotori di questa legge sugli psicologi c'erano
anche molti "girotondini". Del resto la privatizzazione della psicologia
era nei fatti del tutto "legale". Avveniva a norma di legge. E quindi
questi
si sentono con la coscienza a posto. La rapina può essere fatta a norma di
legge. (Anche se c'era spazio, a mio parere, per un ricorso sulla
costituzionalità).
Comunque, ciò che occorre chiarire non è il fatto che molte di queste
figure
non sono affidabili nel loro attuale autoplocamarsi di sinistra e per la
scuola pubblica. Che non lo siano è un'ovvietà. Ciò che sarebbe bene gli
studenti mettano in conto è, piuttosto, che queste persone non hanno
saputo
sviluppare alcun tipo di modello teorico alternativo a quello dominante. La
ricerca in Italia s'è prosciugata di intelligenze all'incirca intorno
all'inizio degli anni '80. La discriminazione politica s'è fatta sempre
più
feroce nei dipartimenti e ben pochi degli studenti provenienti dai
collettivi veniva accettata ai piani alti se non faceva pubblica ammenda di
qualsiasi velleità politica.
Questo problema va preso sul serio non perché "i precari della ricerca"
sono
cattivi o perché non sono stati sufficientemente onesti da rinunciare di
fronte a uno scenario così desolante. Va preso sul serio perché oggi non
c'è
più alcuna forma di pensiero alternativo sufficientemente evoluta.
Il fatto è che, bollando qualsiasi forma di pensiero di una sinistra di
classe come anticamera del terrorismo e dell'unione sovietica si è
consapevolmente spianata la strada all'impero teorico dei neocon.
Alcune settimane addietro si discuteva con un giornalista del manifesto
sulla presenza nel giornale di uno studioso che nei suoi libri strizza
l'occhio a un neocon come Steven Pinker. Ebbene: il vero problema è che
questa persona è perfettamente in buona fede. Non c'è da stupirsi se un
ragazzo intelligente e di sinistra non trovi, oggi, nelle università,
"niente di meglio" di un Pinker. E non c'è da stupirsi se lo scelga come
proprio modello. E' d'avanguardia, è USA, dice cose sensate, comanda su
decine di dipartimenti. Cosa c'è di meglio?
Sotto questo profilo, quando la Gelmini dice che vuole premiare quelli che
"pubblicano" dimostra di aver capito poco assai delle logiche attuali. Il
"publish or perish" domina da anni con conseguenze per lo più nefaste
sulla
cultura scientifica. C'è gente che aggiunge il proprio nome agli articoli
scientifici scritti dagli allievi senza nemmeno leggerli. C'è perfino chi
si
autofinanzia un editore, per poter dire di aver pubblicato.
Un celebre insegnante e direttore di una scuola privata di psicologia
clinica (di quelle post-riforma) ha scritto almeno trenta libri in una
decina d'anni, sugli argomenti più disparati, per un editore praticamente
di
sua proprietà, ognuno firmato con un allievo della sua scuola. C'è
ragione
di pensare che ne abbia letti, nella migliore delle ipotesi, un paio. Quel
che mi chiedo è se gli autori reali, per avere l'onore di pubblicare con
lui, abbiano dovuto pagare una retta aggiuntiva a quella che già pagano
per
frequentare la "sua" scuola.
Se c'è un punto che trovo veramente affascinante nella lista che Bifo ha
proposto per Bologna è la determinazione con cui Franco chiede di
inventare
dalla testa ai piedi una Bologna diversa. E questo è ciò che si dovrebbe
suggerire agli studenti. Avere idee radicali e coltivarle senza pregiudizi.
Costruire pensiero e pratica alternativi. Non è un vezzo, è una
necessità.
Capire il segno e l'orizzonte del pensiero autonomo.
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