Cittadini e istituzioni, sempre più distanti
Graziella Mascia*, 26 novembre 2008, 17:32
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=10066
Interni/ G8
Un
altro colpo viene inferto alla possibilità di recuperare un minimo di
credibilità nelle istituzioni e negli apparati della nostra repubblica:
l'ex questore Colucci, imputato insieme a De Gennaro e Mortola, chiede
l'applicazione della legge Cirami sostenendo che c'è troppo "fumus" a
Genova dopo la sentenza del processo sui fatti della Diaz. Si blocca
così l'udienza preliminare sulle "istigazioni a deporre il falso"
La sentenza sulla scuola Diaz, il 13 novembre scorso, ha giustamente
suscitato una indignazione non solo da parte dei ragazzi e dalle
ragazze che in quella notte sono stati massacrati, e tutti coloro che a
Genova erano presenti, in quel luglio 2001, ma anche di chi, in questi
anni, hanno seguito la vicenda, potendo ricostruire la verità su quel
G8, attraverso le testimonianze e i filmati di giornalisti e militanti.
Quella
sentenza ha approfondito la distanza tra cittadini e istituzioni,
scavando un solco difficilmente recuperabile, soprattutto fra i giovani.
Questa
sensazione era talmente diffusa, anche grazie ai quotidiani che ne
hanno dato conto, che l'attuale capo della polizia si è sentito in
dovere di impegnarsi per cercare di fare luce su quei tragici fatti.
Ho
avuto modo di sottolineare, tra l'altro, che questo impegno era un po'
tardivo, considerato che sono passati 7 anni e nessun segnale positivo
è venuto dalle massime autorità dello Stato in questa direzione, e che,
inoltre, il parlamento ha affossato la commissione di inchiesta.
E, tuttavia, se qualcuno volesse superare lo scetticismo, si potrebbe dire "meglio tardi che mai".Invece
lo scetticismo si traduce in una nuova incredulità, perché un altro
colpo viene inferto alla possibilità di recuperare un minimo di
credibilità nelle istituzioni e negli apparati della nostra repubblica.
Infatti,
quando l'allora questore Colucci si appella alla legge Cirami, una
legge voluta e votata dal centro destra per provare a sottrarre il
presidente del consiglio Berlusconi dal giudizio di un tribunale, non
si può che gridare allo scandalo.
L'accusa di falsa testimonianza
per esponenti delle forze dell'ordine è cosa molto grave. E'
particolarmente grave se riguarda tre esponenti ai massimi livelli,
l'allora questore di Genova, l'allora capo della polizia De Gennaro, e
l'allora capo della Digos Mortola.
Ora, l'avvocato del primo chiede che il processo venga spostato da Genova.Se la Cassazione accetterà questa tesi della non serenità di quel tribunale, anche gli altri ne verranno avvantaggiati.
Può succedere che l'istanza non venga accolta, ma lo scandalo è già nella richiesta.
Il messaggio è chiaro: invece di difendersi nel processo si sceglie di difendersi dal processo.Il
rischio concreto è che i fatti di Genova finiscano nell'archivio dei
tanti misteri italiani, senza che istituzioni e tribunali consentano di
conoscere formalmente la verità e consentire almeno un risarcimento
morale per le vittime.
Da parte nostra, di tutti coloro che non
vogliono arrendersi, rimane comunque l'impegno e la determinazione per
tenere vivo il ricordo e non abbandonare il campo, forti delle
documentazioni ormai di pubblico dominio. E consideriamo questo un
dovere civile, perché se non si fa luce e chiarezza su quegli
avvenimenti è impossibile intervenire per evitare che altre esperienze
simili abbiano a ripetersi.Il tema che rimane aperto, reso
evidente dai fatti di Genova, è quello di una vera riforma democratica
delle forze dell'ordine nel nostro paese. La riforma della polizia
dell'81 seguiva una spinta sindacale, molto importante, ma che non si è
adeguatamente conclusa. E chi ha avuto modo di studiare gli atti
parlamentari, che hanno seguito la storia del nostro paese dopo la
Liberazione, sa che la questione è di grande spessore.
Non
significa, cioè che la polizia nel nostro paese sarebbe
antidemocratica, ma che la sua piena rispondenza alla Costituzione,
come è previsto dalla stessa Carta, passa attraverso una riflessione
profonda circa i rapporti tra apparati, governi e parlamento, e ha a
che fare con la formazione, gli indirizzi, gli ordinamenti disciplinari
che sovrintendono le forze dell'ordine.
I processi di Genova, quello
della Diaz in particolare, dimostrano, al contrario, uno spirito di
corpo che contribuisce a determinare uno stato di impunità per chi
sbaglia, e, dunque, un clima di sfiducia verso coloro che dovrebbero
garantire i diritti costituzionali per tutti i cittadini.Ci sono
molti argomenti per contestare la mancanza di serenità nel tribunale
genovese. Possiamo, anzi, sostenere che le difficoltà vere possono
essere state vissute dai pubblici ministeri che hanno istruito il
processo per i fatti della Diaz, e che hanno subito pressioni politiche
pesantissime, in questi mesi. Basterebbe in questo senso recuperare le
rassegne stampa in occasione delle udienze.
Ma, ripeto, oggi la preoccupazione non è la decisione della Cassazione, che attendiamo, comunque, con fiducia.
Il
problema è dato dalle massime autorità dello Stato, che, volendo
fuggire da Genova, danno l'idea di volersi sottrarre ai chiarimenti
necessari, contribuendo ad aggravare una crisi politico-istituzionale
già profonda.*Direzione nazionale Prc, già membro della commissione parlamentare che indagò sui fatti del G8
--
Carlo
Forum Per La Sinistra Europea - Genova
http://versose.altervista.org/
Coordinamento Genovese contro l'Alta Velocità
http://notavgenova.altervista.org/
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