Szerző: FAI Torino Dátum: Címzett: cerchio Tárgy: [Cerchio] Torino 27 nov. Antimilitaristi in via Po
Torino 27 nov. Antimilitaristi in via Po
Giovedì 27 novembre dalle 18 punto info antimilitarista in centro. Ci trovate in via Po all'altezza del civico 16.
Con mostra sulle guerre dell'Italia: dalla Somalia al Kosovo all'Afganistan. Musica, interventi, distro.
Se piove o nevica saremo sotto i portici, dall'altro lato di via Po.
Dall'Afganistan a Torino
Tempo di guerra
L'Italia è in guerra. Truppe tricolori combattono in Afganistan. Lo chiamano "peace keeping": suona meglio e mette la coscienza a posto. Ma, là, in Afganistan, ogni giorno bombardano, uccidono, imprigionano, torturano. A morire sono uomini, donne e bambini. In silenzio. Sette anni di guerra e dicono che sono lì per mantenere la pace. Dicono che sono lì per la libertà. Dopo sette anni le donne sono ancora incarcerate sotto i burqua, le poche scuole per bambine vengono fatte saltare in aria, le attiviste vengono uccise. Un massacro senza fine. Ma che importa? Gli affari dei petrolieri e dei fabbricanti di armi vanno a gonfie vele.
In Afganistan ci sono 2.600 soldati italiani: questo orrore costa a tutti noi milioni di euro, sottratti a scuola, trasporti, sanità, tutela del territorio. La spesa di guerra comprende il mantenimento di basi, caserme, aeroporti ed un buon numero di ben addestrati assassini di professione. I governi di destra e quelli di sinistra hanno fatto a gara nel finanziare le imprese belliche.
A Vicenza vogliono fare la più grande base militare USA d'Europa. A Novara stanno per costruire uno stabilimento per l'assemblaggio dei nuovi bombardieri F35, giocattolini da 150 milioni di euro l'uno.
L'esercito è anche nelle nostre strade. Nel mirino sono i poveri, gli immigrati, i rom, i senza casa, chi si ribella alla devastazione del territorio ed al saccheggio delle risorse.
Lo Stato militarizza il territorio e tratta da delinquenti quelli che si ribellano. È la guerra. La guerra interna. Anche questa serve alla pace, la pace sociale.
A Torino da mesi l'esercito pattuglia le strade. La chiamano sicurezza ma ha il sapore agre di ogni occupazione militare, lo stesso che hanno provato le popolazioni della Somalia, dell'Iraq e dell'Afganistan. Del resto i protagonisti sono i medesimi.
Sono i reduci dalla battaglia dei ponti di Nassirya, dove un'ambulanza con una partoriente e i suoi parenti venne crivellata di colpi, sono i reduci dell'Afganistan, dove sono normali le irruzioni nelle case e le uccisioni dei civili, sempre tutti terroristi, bambini compresi. Sono quelli della Somalia con le torture fotografate per diletto e vanteria. Sono assassini di professione.
Guerra interna e guerra esterna sono due facce della stessa medaglia: quella del potere che perpetua se stesso ad ogni costo, quella del capitalismo che macina vite, risorse e futuro della più parte di noi.
Opporsi alla guerra senza opporsi al militarismo, senza opporsi all'esistenza stessa degli eserciti, vere organizzazioni criminali legali, è mera testimonianza.
Fermare la guerra, incepparne i meccanismi è un'urgenza che non possiamo eludere. A partire da noi, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, aeroporti, scuole militari, fabbriche d'armi.
Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti!