Auteur: Barbara Mazzotti Date: À: collettivofemministaunibo, Rete delle donne di Bologna, sexyshock, nogelminispbo Sujet: [Nogelminispbo] Figliefemmine - documento su DL 133 e 137,
pensieri sull'autoriforma
> > Come femministe che lottano, si muovono e creano saperi all'interno
> dell'università crediamo sia fondamentale un'analisi dal punto di vista di
> genere degli ultimi decreti legge in materia di istruzione e welfare.
> Prendiamo parola come componenti del movimento sulla reale condizione delle
> donne nel sistema universitario attuale, con la volontà di portare un
> contributo alla critica dell'esistente e alla volontà di autoriforma
> espressa dalle studentesse e dagli studenti.
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> Partiamo dalla pesante ricaduta che ha lo smantellamento del welfare, di
> cui i decreti Tremonti-Gelmini sono espressione, sulle donne e sulla nostra
> libertà di autodeterminazione. Oltre a delegare la nostra salute ad enti
> privati, tagliando fondi ai Consultori e persino ai Centri Antiviolenza,
> promuove una retorica familista neo-fascista, in cui il lavoro di cura si
> riversa completamente sulle spalle delle donne, ancora una volta ricacciate
> in casa a occuparsi di bambini e anziani. La famiglia è il luogo primario
> delle violenze contro le donne e del controllo sui nostri corpi e sulle
> nostre vite. Un'altra conseguenza è la gerarchizzazione femminile su linee
> razziali e di classe del lavoro di cura che si traduce in una regolazione
> dei flussi migratori sulla base dei servizi che il pubblico non vuole più
> garantire.
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> Il DL 137 riduce il tempo scolastico a 24 ore settimanali, decretando la
> scomparsa del tempo pieno. Questo pone fine ad un progetto pedagogico
> avanzato e decreta una divisione di classe tra madri che possono pagare per
> lasciare i bambini a scuola e madri che saranno costrette a pagare col
> proprio tempo e progetto di vita, tenendoli a casa, visto e considerato che
> ancora oggi gli uomini-padri non sembrano condividere quanto dovrebbero
> il lavoro di cura. Meno tempo a scuola e classi differenziali per migranti
> significano precisa volontà di discriminazione e pongono le basi per
> un'educazione razzista, xenofoba, sulla scorta di un "pensiero unico"
> catto-fascista.
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> L'insegnamento nelle scuole primarie è tuttora demandato alle donne. Questa
> femminilizzazione dell'educazione comporta il perpetuarsi dello stereotipo
> che ci vuole inserite all'interno del mondo dell'istruzione solo nei gradi
> più vicini alle funzioni materne. L'enorme presenza di donne nelle scuole
> elementari e la decisione della Gelmini di imporre alle classi una maestra
> unica comporta il futuro licenziamento di massa delle donne. La
> "razionalizzazione" del personale ATA sancita nel DL 133 significa anch'essa
> licenziamenti per le donne, che rappresentano due terzi dei lavoratori, e
> incide ulteriormente sull'occupazione femminile che nel nostro paese non può
> vantare dati dignitosi. Le modifiche all'iter di richiesta del part-time,
> che diventa una "concessione dell'amministrazione" penalizzano ancora una
> volta le donne che in un numero maggiore usufruiscono di questa modalità
> lavorativa.
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> La critica al DL 133, nella parte riservata alla "riforma" dell'Università,
> che in realtà sancisce tagli economici, di personale e la trasformazione
> dell'Università pubblica in fondazioni private, non può esimersi da
> un'analisi delle nefaste condizioni del sistema universitario precedente. In
> particolare è un sistema che per le donne rappresenta ancora un "tetto di
> cristallo". Le donne laureate superano di gran lunga il numero di uomini
> laureati ogni anno, il numero di ricercatrici di III Livello (precarie e
> sottopagate) è in aumento, ma risulta in decremento il dato sulle
> ricercatrici di I livello, il numero di docenti ordinarie è inferiore alla
> media europea, e nel CRUI (Conferenza Rettori Università Italiana) ci sono
> solo 2 donne su 67 membri, che rappresentano il 2, 6% contro il 25%
> francese. Il sapere è di fatto in mano maschile come in tutti gli ambiti
> economico-politici italiani, e si traduce nelle tante forme di potere
> patriarcale.
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> Riteniamo che il blocco del turn-over al 20% penalizzerà ulteriormente le
> donne, e le possibilità di ricerca sui saperi "non convenzionali" per il
> sistema italiano e in particolare sui "grandi assenti" *Gender Studies*.
> Con i tagli e senza una precisa volontà politica, la sperimentazione nella
> ricerca non è ammessa, la razionalizzazione finisce per limitare anche la
> ricerca tradizionale e a mercificare il sapere.
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> Da una parte in Italia, a differenza da tanti paesi europei e extraeuropei
> non esistono Lauree triennali in Studi di Genere. D'altra parte quando si
> traducono in insegnamenti all'interno di triennali o specialistiche vengono
> trasmessi dal punto di vista metodologico come specificità, senza metterne
> in pratica gli aspetti di messa in discussione della didattica ufficiale e
> delle asimmetrie di potere (si ripropone la lezione frontale,
> nozionistica…). I temi degli studi di genere si ritrovano a dover stare
> all'interno di compartimenti stagni limitanti, e, dove esistono, vengono
> relegati a nicchie di saperi che non prevedono la contaminazione con gli
> altri, neutralizzandone la natura trasversale a tutti gli altri
> insegnamenti. Non è prevista inoltre l'integrazione della didattica
> ufficiale con saperi che provengano dal basso, da soggettività altre, come
> le espressioni di movimento della società civile, in questo caso di donne
> femministe e lesbiche. Questo provoca l'esclusione di temi che noi
> consideriamo fondamentali per la formazione ma che il "sistema" non
> considera neutri, perciò sufficientemente scientifici o razionali. Ad
> esempio sembra impensabile proporre tesi di ricerca o addirittura corsi
> sull'autodeterminazione delle donne, sulla sessualità, sul sex work, sulle
> esperienze e la storia dei movimenti lgbtqi o sul transessualismo. Sono temi
> che, se portati dal basso all'interno dell'università possono aprire delle
> brecce, mettere in discussione l'intera impalcatura patriarcale sulla quale
> si regge il sistema di sapere-potere interno ed esterno all'università
> stessa.
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> Crediamo che la volontà di autoriforma non possa prescindere da un'analisi
> di genere sul sistema universitario italiano. Se l'onda decidesse di
> omettere questa critica, finirebbe per riproporre quel concetto di
> "neutralità" che finisce per escludere le esistenze, resistenze e desideri
> di tutte e tutti.
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Figliefemmine (Bologna)
Per adesioni: figliefemmine@???