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G8, processo alla Diaz Alta tensione fra Pm e difese
06 novembre 2008

Alta la tensione in aula, durante l’ultima udienza del processo per i fatti avvenuti nella scuola Diaz durante il G8 di Genova. Una tensione palpabile, in attesa che il tribunale si riunisca in camera di consiglio, giovedì 13 novembre, per decidere se condannare o assolvere i 29 imputati, tutti alti dirigenti o agenti della Polizia di Stato.

Le repliche dei difensori sono durissime, tutte dirette contro il pubblico ministero, e provocano battibecchi e esclamazioni dal banco del Pm, da quello del tribunale, anche dal pubblico, dove si trovano alcune parti civili. È un crescendo, che aumenta quando il Pm Zucca se ne va, chiamato dalla sua segretaria.

È l’avvocato Salvemini che prende per primo la parola e respinge al pubblico ministero l’accusa di «zelo eccessivo» e quella del non aver chiesto scusa per quanto avvenuto alla scuola Diaz. «Sarebbe ipocrita», dice Salvemini che difende il Viminale, chiamato a responsabilità civile. E poi, riferendosi allo zelo, ricorda «la deontologia professionale del difensore». Per meglio esprimere il proprio pensiero richiama il famoso “processo di Verona”, quando il tribunale processò i capi della repubblica di Salò. Il procuratore all’inizio della discussione invitò gli avvocati di essere all’altezza del compito che la Patria si aspettava. Gli avvocati capirono e difesero fiaccamente i loro assistiti «che vennero così fucilati».

Ancora una replica, ed è quella di Marco Corini, che difende Francesco Gratteri, attuale capo dell’Anticrimine. «Il Pm ha fatto un outing che serviva ai giornali - ha detto Corini - la sua replica non conteneva elementi di giuridicità, si è trattato di uno sfogo utile alle edicole». Ma Corini non si ferma qui e deposita una memoria di controreplica con «le telefonate decriptate alla centrale operative della questura che avvennero quella notte», telefonate che non sono state utilizzate dal Pm, ma solo dalle difese in cui normali cittadini riferiscono «di gruppi di persone che si nascondono» e di «bottiglie molotov». A difesa di Gratteri, ricorda la richiesta di quest’ultimo al pm di avere un confronto con chi lo accusava di aver ordinato lo spostamento delle molotov: «un confronto che fu negato dal Pm».

Prosegue l’avvocato Silvio Romanelli che contrattacca a quanto detto dal Pm Zucca e inizia parlando di un pubblico ministero «che ha perso il controllo dei nervi» per finire con il sospetto di «confezionamento della prova».

La tensione si alza: il Pm Zucca se ne va, chiamato dalla segretaria. Resta Cardona Albini che a un certo punto, esasperato dal tono delle repliche, dice «ora basta con le minacce». Ma il fuoco di fila non si ferma. È l’avvocato Maurizio Mascia che parla, adesso: è suo il colpo di teatro finale: «Se per caso o per errore - dice - durante il dibattimento sono stati intercettati avvocati della difesa chiedo che queste vengano depositate e acquisite dal tribunale che potrà così trarre la convinzione che non sono state le difese a cercare di vendere la Fontana di Trevi».


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