[Lecce-sf] Valanga Obama: il cambiamento travolge gli Usa

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Valanga Obama: il cambiamento travolge gli Usa
di Gabriele Caforio da
www.titolidicoda.org


Obama è il 44° presidente degli Stati Uniti d’
America. In questo paese c’è un cambiamento vero: un mondo senza il
concetto delle barriere razziali è possibile. L’Italia ha ancora molto
da imparare.

La notte elettorale del 4 Novembre è passata alla storia
come una notte insolita per gli Usa. Le precedenti tornate elettorali
hanno sempre impegnato gli americani a spogli elettorali sul filo di
lana, ad accuse di brogli, a stati che per ore facevano mancare i loro
risultati e tenevano tutto il mondo col fiato sospeso fino al giorno
dopo. Quest’anno non è andata così. La trepidazione è stata breve e ha
lasciato il passo ad un’esultanza che si confermava di minuto in
minuto, sempre in crescendo fino a raggiungere un risultato che non
ammette dubbi: 349 a 163, una maggioranza in entrambe le camere,
soprattutto al senato dove conta di più. È il segno che in America
qualcosa è cambiato davvero, gli elettori hanno espresso una
maggioranza chiara e pesante in favore del senatore Obama. L’affluenza
è stata da record e le città americane sono state invase da
festeggiamenti di ogni tipo.

L’ elezione di Barak Obama rappresenta l’
apice di un’escalation che nell’arco della storia ha portato i neri d’
America da una situazione di schiavitù e di discriminazione nella vita
sociale fino all’elezione di un presidente afro-americano che distrugge
così l’idea di ogni barriera giustificata dalla differenza razziale.
Cambia anche la generazione politica americana, si ringiovanisce: Obama
ha 47 anni.

Tornando al risultato Barak è riuscito a conquistare
anche Ohio, Florida, Virginia, Iowa, New Mexico, Nevada e Colorado,
tutti stati che avevano votato per George W. Bush nel 2004. Il vero
cambiamento di colore sta nella cartina elettorale degli Usa: il rosso
repubblicano di McCain si ritira di fronte all’azzurro democratico.
"La
strada da percorrere sarà lunga. La salita scoscesa. Potremmo non
arrivarci in un anno e neanche in un mandato, ma l'America, e non sono
mai stato più speranzoso di quanto non lo sia questa sera, ce la farà",
queste le prime parole del nuovo Presidente, “se c'è ancora qualcuno
che dubita che l'America sia un posto in cui tutto è possibile, che
ancora si chiede se il sogno dei nostri fondatori sia ancora vivo ai
nostri tempi, che ancora mette in dubbio il potere della nostra
democrazia, la giornata di oggi è la risposta"

Dall’altro lato McCain
riconosce la sconfitta e, seppur tra qualche fischio dei suoi
sostenitori, offre la sua disponibilità a lavorare assieme ad Obama per
un’America migliore. "Il senatore Obama ed io abbiamo avuto ed
argomentato le nostre divergenze, e lui ha prevalso. Non vi sono dubbi
sul fatto che molte di queste differenze rimangano. Questi sono tempi
difficili per il nostro paese. E io gli prometto qui questa sera di
fare tutto quanto è in mio potere per aiutarlo a guidarci attraverso le
molte sfide che abbiamo davanti (…).
Esorto tutti gli americani che mi
hanno sostenuto non solo a congratularsi con lui, ma ad offrire al
nostro prossimo presidente la nostra buona volontà ed il più onesto
sforzo per trovare i mezzi per unirci e individuare i necessari
compromessi per superare le nostre differenze e contribuire a
restaurare la nostra prosperità, difendere la nostra sicurezza in un
mondo pericoloso e lasciare ai nostri figli e nipoti un mondo migliore
e più forte di quello che abbiamo ereditato".
Esce con stile da queste
elezioni McCain e lancia così al suo partito un appello a non dividere
ma a collaborare con la nuova politica che si aprirà da gennaio. Il
candidato dell’Arizona paga anche gli errori degli ultimi anni compiuti
da Bush e dalle sue amministrazioni che hanno portato gli States a
guerre inutili e sbagliate e hanno creato i presupposti per l’enorme
crack economico delle ultime settimane.
Siamo forse testimoni di un’
autentica insurrezione nazionale che passa attraverso le schede
elettorali, un rifiuto netto agli ultimi 8 anni di presidenza
repubblicana, alle sue politiche e alle sue contraddizioni.

In Italia
Berlusconi, uno tra i capi di governo mondiali che più è stato vicino
alle politiche di Bush lontane anni luce da quelle di Obama, ha
espresso la sua disponibilità futura al nuovo Presidente. Non è stato
dello stesso avviso il Ministro Gasparri, che questa mattina è stato
richiamato fortemente dall’opposizione in Senato.

Ma al di là delle
esternazioni pubbliche dei nostri politici, c’è da interrogarsi a fondo
sulla distanza politica che c’è tra l’Italia e uno stato come gli Usa.
Un Presidente del Consiglio nero in Italia non lo si immaginerebbe
neppure; abbiamo una legge elettorale palesemente antidemocratica, dove
i candidati ed eletti sono scelti dai poteri forti dei partiti e non
dai cittadini, in cui mancano le preferenze, che potrebbero scomparire
anche nelle formula elettorale europea.
L’Italia ha un cultura politica
e sociale completamente diversa da quella statunitense ma i valori che
spesso emergono nella nostra società e in Europa sono molto distanti
dalle aperture che si stanno dimostrando negli States.

Gli Usa
ritrovano la forza di sollevarsi dai problemi degli ultimi anni
attraverso una fiducia forte in qualcosa di veramente nuovo. Vogliono
cambiare e non hanno timore a dimostrarlo. Non si volta soltanto pagina
ma si cambia libro.

Gabriele Caforio da www.titolidicoda.org