著者: ugo 日付: To: aderentiretecontrog8, forumgenova 題目: [NuovoLab] Università, stop del governo
La riforma doveva essere discussa in settimana ma dopo le proteste
Berlusconi preferisce rimandare. E Bossi rilancia: "Gli atenei vanno
finanziati"
Università, stop del governo
"Prima calmiamo le acque"
di CLAUDIO TITO
Mariastella Gelmini
ROMA - "Il clima è troppo acceso. Adesso dobbiamo andare avanti con un po' più
di calma". Silvio Berlusconi accende il semaforo rosso. La riforma
dell'università deve attendere. Maria Stella Gelmini lascerà per un po' nel
cassetto il suo "piano" per gli atenei.
Le manifestazioni di questa settimana, insomma, un effetto l'hanno avuto. E il
Cavaliere non vuole correre rischi. Non ha alcuna intenzione di incendiare la
piazza. Soprattutto in una fase in cui le proteste di studenti e professori
sembrano sempre più intersecarsi con le difficoltà della crisi economica. "Ora
- è quindi la scelta del presidente del Consiglio - andiamo avanti con un po'
di calma".
Il secondo passo studiato dal governo per ristrutturare l'Istruzione pubblica,
dunque, verrà rallentato. Il provvedimento - stavano esaminando pure l'opzione
di un nuovo decreto - era previsto per la prossima settimana, ma i tempi si
allungheranno. Di un bel po'. Eppure solo quattro giorni fa l'intervento era
stato annunciato con tutti i crismi dell'ufficialità dallo stesso ministro
dell'Istruzione. "Entro una settimana presenterò il piano sull'università",
aveva scandito dopo il sì del Senato alla sua riforma scolastica. Del resto,
pure il Cavaliere fino a qualche giorno fa sfidava tutti gli scettici, compresi
quelli del centrodestra, ripetendo: "E ora tocca all'università".
Qualcosa, però, negli ultimi giorni è cambiato. Le proteste degli studenti. Le
manifestazioni dei docenti. La stagnazione dell'economia. Il clima nei
confronti dell'esecutivo non è più lo stesso. Sul tavolo del premier i sondaggi
lo confermano. Già una settimana fa i dati avevano impensierito l'inquilino di
Palazzo Chigi, e adesso ha avuto una controprova. La riforma Gelmini non è
"popolare", soprattutto è stata percepita in senso negativo dalle famiglie.
"Non si può insistere subito sullo stesso punto", ha allora fatto sapere il
Cavaliere.
Bisogna che si calmino le acque per non trasformare la protesta in un rogo in
cui si saldano studenti medi, studenti universitari e professori. Come va
ripetendo Umberto Bossi "è inutile far unire anche gli universitari alla
protesta della scuola". Il premier, insomma, ha dovuto prendere atto anche
delle resistenze all'interno della maggioranza. "Occorre trovare i
finanziamenti adatti - ha avvertito ieri il ministro delle Riforme - perché
l'università è una cosa importante".
E in effetti il piano, che è già pronto nel cassetto del ministro
dell'Istruzione, si metterebbe nella scia della manovra economica approvata a
luglio scorso. Il decreto di Tremonti, cioè, che ha sforbiciato gli
stanziamenti per gli atenei nei prossimi tre anni. Nel 2009 il Fondo per il
finanziamento ordinario dell'università è stato ridotto di oltre 700 milioni,
gli importi per l'istruzione universitaria di 1600 milioni, i soldi per il
"diritto allo studio" ridotti del 60% e persino le risorse per le facoltà "non
statali" - tanto care a Berlusconi - decrescerà di 60 milioni. Per il
presidente del consiglio, quindi, "al momento è meglio evitare di andare subito
anche sulla riforma dell'università".
Un suggerimento su cui giovedì scorso ha battuto con insistenza pure il
presidente della Camera, Gianfranco Fini. Il quale durante una colazione di
lavoro, ha sottolineato i rischi di uno scontro che coinvolga i docenti e i
giovani universitari. Gli esperti di An poi sono usciti allo scoperto chiedendo
un confronto con tutte le parti in causa e bocciando preventivamente la strada
del decreto e della fiducia. "Servirebbe - ammette anche Stefano Caldoro,
socialista eletto dentro Forza Italia, impegnato a luglio come relatore della
manovra Tremonti - un patto con il mondo dell'università. Un patto di stabilità
condiviso".
Anche perché la seconda puntata del pacchetto Gelmini prende spunto proprio
dai "tagli" stabiliti dal ministro dell'Economia. Secondo alcune indiscrezioni,
il progetto punterebbe a bloccare la "proliferazione" dei corsi, a cancellare
le sedi distaccate considerate in eccesso e a trasformare gli istituti in
Fondazioni di diritto privato (il decreto 112 già contemplava la "possibilità"
per i singoli di atenei di compiere questa scelta che diventerebbe invece
obbligatoria). Non solo.
Il piano verrebbe accompagnato dalla "sospensione" dei concorsi per i
professori - quelli già banditi nel 2007 e nel 2008 - al fine di rendere
effettivo il blocco del turn over. Ai piani alti del ministero si sventola una
ricerca in cui si evidenza come i docenti italiani assunti a tempo
indeterminato siano circa 65 mila e in Germania "solo" 40 mila. Per Berlusconi,
però, non è più il tempo di forzare la mano.
(2 novembre 2008)
fonte "repubblica on line"
ub
--------------------------------------------------
Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
--------------------------------------------------